rivista anarchica
anno 34 n. 299
maggio 2004


dossier A

Il «vizio» controllato
di Pia Covre

 

In merito al testo: Disposizione in materia di prostituzione.

Decisamente si intuisce che la stesura si è avvalsa di due orientamenti, fra loro nettamente contrapposti, l’orientamento proibizionista e quello regolamentista.
Il relatore (1), non volendo scontentare nessuno, ha soddisfatto i proibizionisti comminando svariati anni di galera alle prostitute, ma naturalmente senza vietare la prostituzione.
A tal proposito sottolineiamo che in nessun paese dell’Unione Europea si manda in galera chi lavora fuori dai luoghi consentiti. Tale violazione viene sanzionata con multe, come qui si vorrebbe fare con i clienti, infatti. Nella proposta non si trattano in maniera paritaria le prostitute e i loro clienti. (Immagino che in commissione come in parlamento i maschi “potenziali clienti” siano in maggioranza).
Gli articoli 2, 3, 5 (che prevedono la registrazione di polizia e sanitaria, gli obblighi fiscali) sono fortemente regolamentisti. Ma non s’ispirano al neoregolamentarismo che alcuni paesi dell’Unione stanno applicando nell’intento di riconoscere i diritti delle sex worker, bensì al modello che ispirava le leggi negli anni a cavallo fra il XVIII e XIX secolo. Per dirla in breve lo Stato garantiva che “il vizio” si potesse esercitare ma in maniera controllata, soprattutto per evitare la diffusione delle malattie sessuali di cui le prostitute venivano considerate il veicolo principale.
Cosa si può dire di una simile regolamentazione oltre a notare che sembra ispirata dal Regolamento Cavour (1860) che a sua volta riproponeva i regolamenti napoleonici. Già nella legge del 27 luglio 1905 si separava il regime di polizia da quello sanitario nel rispetto della libertà personale delle meretrici. Tale Regolamento iscritto nel TU delle leggi sanitarie prevedeva oltre alle cure gratuite l’abolizione delle misure coatte (2).
Si dovranno veramente ampliare le carceri femminili se faranno una simile legge, se poi si sommassero più infrazioni, art. 1 comma 5 con art.2 comma 5 e/o 7 (ognuna di queste violazioni prevede tre anni di carcere) che si farà? Una vita in galera?
Dobbiamo appellarci alla OMS per quanto concerne i controlli sanitari obbligatori, ci sono delle direttive che li biasimano. Inoltre svariati studi ne dimostrano l’inefficacia.
Art.1 comma 3 (di fatto autorizzano piccole strutture/bordelli privati, salvo poi considerarli pubblici per le norme igienico/sanitarie). Cosa intendono “fuori dei casi di agevolazione, favoreggiamento…” il favoreggiamento non deve essere punito, già nella legge attuale ciò si è dimostrato un errore che favorisce l’isolamento e lo sfruttamento.

Solo ammende, non galera

Se proprio ci tengono a colpire lo sfruttamento dicano qualcosa sui profitti di chi affitta i locali che devono essere equi. E poi cosa ci diranno dei luoghi dove si troveranno le private abitazioni? Si sono dimenticati questo particolare! Commi 5.6.7 (divieto di prostituirsi in strada e in luoghi pubblici pena tre anni di carcere per le prostitute e solo ammenda per i clienti) dovrebbero essere reati solo amministrativi e le punizioni dovrebbero essere solo ammende. Tenete conto che chi andrà per strada saranno in gran parte le più sfigate che non hanno mezzi e possibilità di avere un alloggio per esercitare. (Perfino nella Svezia proibizionista non arrestano e non multano le prostitute ma solo i clienti)
Nel merito dell’art. 2.2b non mi pare che si possa ammettere che la prostituzione si può fare in locali privati e poi si debba certificarne l’idoneità, inoltre se le prostitute volessero andare a fare la prestazione a casa dei clienti? Una potrebbe farlo sempre senza avere un proprio locale.
Art. 5, se intendono imporre un onere previdenziale di fatto in base ai principi dell’ordinamento giuridico trattano il fatto alla stregua di una professione. Allora la questione cambia, si deve parlare di lavoro e di diritti.
Art. 6 (divieto di pubblicità), dover pagare le tasse (come prevede l’art. 5) come si concilia con il fatto che per guadagnare bisogna farsi conoscere? Per pubblicità si intendono anche le pagine gialle e gli elenchi telefonici? Questi non sono interdetti neppure ai notai!
Art. 7 , eccoci arrivati, tutto quello che non dice questa legge lo diranno loro!!! I 4 Ministri: lavoro e affari sociali, interno e salute.
Non si deve consentire che liquidino la questione demandando ai Ministri di fare le regole, dentro questo schema potrebbero fare qualunque cosa. Anche demandare alle Regioni di decidere quello che vogliono. Forse non sanno come venir fuori da tanta complicazione e lasciano ad altri di decidere.
La proposta non ha nemmeno un comma che garantisca la persona prostituta nella sua dignità e nel rispetto dei diritti civili, dovremmo credere che chi è disposto a varare una simile legge dà per scontato tale rispetto?
Cosa è una legge quadro? Delega al Governo? Se è così sarà un metodo poco democratico di fare.
Predisporremo una strategia per opporci a un simile disegno!

Pia Covre
per il Comitato per i diritti delle Prostitute

Note:

1. Disposizioni in materia di prostituzione, proposta di legge del relatore in Commissione Giustizia della Camera.
2. In Emilio Franzina, Casini di guerra. Paolo Gaspari Editore, 1999 Udine, p. 166 e p. 167.