rivista anarchica
anno 34 n. 302
ottobre 2004


canzone d’autore

a cura di Alessio Lega

 

Resistenza e amore
di Alessio Lega con i Mariposa

Parliamo tanto di me: l’autore alza la voce (e le pretese!)


Pare ci si debba trasformare in un prodotto! Pare lo si debba proprio. Altrimenti non sei preso in considerazione. Devi essere smerciabile, acquistabile, vendibile, confezionabile.
Bene! Sono prodotto. Mi chiamo Resistenza & Amore. Sono un disco (un CD, ovviamente!).

Capitolo 1 - Come ci siamo arrivati
Sono dieci anni suonati che suono questa chitarra e che canto di cuore… sono stato dappertutto, e dappertutto la stessa domanda: “Ma ce l’hai un disco?” E io: “No! Non mi serve, io ho me e mi canto quando voglio… quanto a voi, costo pochissimo, chiamatemi! Vengo sempre, anche solo per il rimborso” (qualche volta rimettendoci pure).
E mi hanno chiamato (talvolta ci ho pure rimesso… qualche volta ci ho persino guadagnato!!!), però un po’ di condiscendenza nello sguardo c’era sempre, come se fossi un donchisciotte con chitarra. “E un disco? Non ce l’hai?”.
Allora ho fatto il sito (www.alessiolega.it), e sul sito ci sono le mie canzoni (provini, prese dirette, singoli), tutto scaricabile a piacimento… non basta!
E facciamo il disco. Sono dieci anni suonati che suono, in formazioni prefabbricate… nel senso che io sono autarchicamente pronto a far tutto voce & chitarra. Se Rocco può (e Rocco è un compagno d’onore, che se può lo fa anche gratis!), viene anche lui col basso. Se magari può, viene Marco Spiccio, il sommo pianista. Talvolta tutti e due. Da un annetto a questa parte si è aggiunta anche Isa, cantautrice di Sanremo/Torino (non ho mai capito bene).
Isa suona e canta con me e fa qualche canzone sua. Alla fine applausi. “Ce l’hai un disco?”. “Io no, ma Isa sì” (lei ne ha fatto uno all’inizio dell’anno scorso). Cazzo! Isa vendeva i suoi dischi! Ai miei concerti! Rabbia e frustrazione… (forse dovrei fare un disco…).

Capitolo 2 - Facciamo sto disco
Che canzoni ci mettiamo? Boh, le solite direi! Più qualcuna un po’ meno solita. Canzoni d’amore che sembrino di rivolta. Canti rivoluzionari scritti nell’empito dell’amore. Canzoni d’amore, di rivolta e in rivolta d’amore. Canzoni sui cazzi miei, perché nemmeno mi mangio il fegato 24 ore su 24 solo per l’anarchia, o forse l’anarchia è proprio questo: prendersela come sul personale per quasi tutto (gran cacacazzi gli anarchici!).
(2 bis) Come le facciamo?
C’erano due possibilità: fare le canzoni più o meno come le ho sempre fatte, ripulendole giusto un po’ di tutte le intemperanze del “live”, oppure giocare la carta della sperimentazione, stravolgerle, riscoprirle completamente diverse da come si erano cristallizzate. E che diamine… sono un cantautore rivoluzionario e poi mi metto a fare la conserva coi pomodori del mio orto? Rivoluzione sia (guerra alla società!).

Capitolo 3 - E arriviamo ai Mariposa
Qual è il gruppo più incontrollabile, linguisticamente rivoluzionario e geniale che conosca?
Ma i Mariposa (of course!). Non conoscete? Andate sul loro sito (www.naufragati.com) a scaricarvi l’EP “Suzuki Bazuki”. “Ma come, non hanno fatto un disco?” Certo! Ne hanno fatti due e un fottio di altre cose… se preferite andate a comprarvele!
Loro fanno una musica veramente difficile da definire… così, per fare il verso ai giornalisti musicali, si potrebbe dire: “Immaginate le partiture di Frank Zappa suonate da Goran Bregovic”, “Pensate a uno Stravinsky in acido capitato in un negozio di strumenti giocattolo”, “Collassate i classici del progressive rock sulla banda di ocarine di Cernusco Bombardone durante la fiera della salamella”
Vi siete fatta un idea? Nooo? Colpa del giornalismo musicale!
Insomma questo gruppo di geniali sciamannati ha intrapreso un confronto con le mie partiture (approfittandosi del fatto che io non le so leggere!). Un anno intero abbiamo battagliato.

Capitolo 4 - Il discografico
L’editore, il discografico, il boss è un sogno fatto di gessato, sigaro, divani e segretarie, perduto nelle biografie di Charles Aznavour. Attualmente è estinto. Stinto il gessato, svanito il sogno.
Chi potrebbe, visto che non c’è una lira, stampare questo disco fin qui autoprodotto?
Ci sarebbe quest’etichetta indipendente di Udine, la “Nota”, che ha un catalogo di 500 titoli fra cui tutto Lino Straulino, un sacco di dischi di Giovanna Marini, gli ultimi lavori di Gualtiero Bertelli, il disco di Isa, e, pare, dopo vent’anni, il disco del ritorno di uno dei miei eroi preferiti: Fausto Amodei (di prossima uscita). Il pazzo che la dirige si chiama Valter Colle.
Chissà. Al primo contatto le mie canzoni gli piacevano (è pazzo!). Torno qualche mese dopo a fargli sentire un provino degli arrangiamenti dei Mariposa: egli aggrotta le sopracciglia (che sia rinsavito?), io mi sento di merda e maledico il momento in cui sono entrato in sala d’incisione. “Che bisogno c’è di complicare delle cose che sono molto più belle nella loro semplicità?” dice lui secco. Io vorrei scoppiare a piangere ma tengo duro e oppongo tutto il terrorismo culturale che mi trovo a disposizione, facendo il nome di Kurt Weill, Alain Bashung, Bob Dylan passato alla chitarra elettrica, Topolino nella parte dell’apprendista stregone e De André con la PFM. Me ne vado meditando il suicidio e la cessione del Friuli alla Slovenia. Il giorno dopo una mail di Valter recita testualmente: “Approvo tutte le scelte di arrangiamento. Mandi” (quest’ultima parola io l’ho presa come l’invito a spedirgli al più presto il master, invece pare sia un saluto in friulano).
Dopo di ciò son cominciate le vere peripezie, fra me, che ho preso un’intossicazione da caffeina facendo le foto per il libretto in tutti i bar storici di Torino, Valter Colle che, tranne rarissimi momenti in cui appariva per dirmi che ero in ritardo, risultava trasferitosi nella quarta dimensione e totalmente irreperibile nelle tre consuete.

Capitolo 5 - Il disco
Ormai c’è. Ha la forma di un libretto (ci tenevo molto) con una prefazione che Robert Desnos, sublime poeta surrealista, morto in campo di concentramento, resistente e visionario, ha scritto sognando 70 anni fa. Ha dentro nove canzoni: 3 esistenziali, 3 d’amore e 3 politiche, ma non è detto che si sia tutti d’accordo su quali siano queste e quali quelle.
Ha dentro molte dell’emozioni che mi hanno fatto come sono: l’eco delle diecimila persone che, tre anni dopo, chissà come, conoscevano e cantavano in coro Dall’ultima galleria, la mia testimonianza personale dei fatti di Genova 2001, e che meritavano un nuovo più rabbioso arrangiamento, visto che non c’è da archiviare nulla, tanto meno se stessi. Una dedica alle donne libere e indipendenti (quelle che prima o poi ti lasciano, ma finché non ti lasciano sei sicuro che ti scelgano). Una canzone che si chiama Rachel Corrie, e che quindi non c’è nient’altro da dire. Il mio testo più anarchico: un’ode alla bicicletta che ho recitato andando in bicicletta intorno a due microfoni.
Su tutto c’è il mio orgoglio nel sentire un impasto di parole e musica, sonoro e sensuale, diverso da ogni cosa fatta prima. Diverso persino da se stesso al suo interno, il mio disco ha un solo stile: la libertà dagli stereotipi. La libertà formale che abbraccia dall’ouverture ariosa di Straniero al gaglioffo cabarettismo di Parigi val bene una mossa, dai martellanti riff elettronici di Rachel Corrie alla semplice chitarra classica di Vigliacca!

Capitolo 6 - Dediche
Alla fine questo disco è solo la testimonianza di un sogno modesto e folle: essere utile a qualcuno. Agli sfruttati, agli abbandonati, agli oppressi. Alle orecchie dei solitari e di chi non ha idee preconcette su come debba suonare un cantautore, su che canzoni debbano cantare i gruppi di musica rock. A chi crede che la musica possa cambiare almeno chi la fa, o, tanto per restare coi piedi per Terra, il mondo.

Alessio Lega
alessio.lega@fastwebnet.it

Alessio Lega e Marco Spiccio