rivista anarchica
anno 36 n. 318
giugno 2006


 

India: le lotte dei diseredati

L'arresto di Medha Patkar, in sciopero della fame contro il “piano Narmada” (Narmada Valley Development Project) è solo l'ultimo episodio di una lotta lunga ormai venti anni contro la distruzione di centinaia di villaggi e di intere vallate e foreste.
Lo sfruttamento delle risorse idriche in India sta portando alla realizzazione di 3.200 dighe sul fiume Narmada e i suoi affluenti. Verso la fine dell'anno scorso è stato celebrato il ventesimo anniversario dell'inizio della resistenza popolare contro questi devastanti progetti che, insieme alla dignità e ai diritti dei nativi, calpestano ogni rispetto per l'ambiente naturale. Interi villaggi sono già scomparsi sotto le acque dei bacini, mentre contadini e popolazioni tribali scompaiono negli slums delle città, cessando di esistere come comunità. A fianco di Medha Paktar si è schierata la scrittrice Arundhati Roy, da sempre in prima linea contro le dighe e per la difesa dei nativi.

Medha Paktar

Non si è certo potuto celebrare la vittoria (le dighe stanno aumentando), ma comunque – ci ha spiegato Daniela, una freelance veneziana di “Cinema-Ambiente” che ha fatto parte della delegazione di cinquanta persone invitate alla commemorazione – il bilancio non è negativo perché, anche dopo due decenni, si continua a lottare”.
La regione del fiume Narmada non è facilmente percorribile: “ci si sposta solo in barca, da una parte all'altra del fiume dove sorgono i villaggi, o con lunghe marce attraverso la foresta. È comunque un territorio bellissimo, di grandiosa solitudine…”.
Le manifestazioni – continua Daniela – sono state un'ulteriore occasione per protestare contro uno sviluppo super accelerato e devastante che qui sfrutta le risorse idriche, ma i problemi sono analoghi dove il territorio viene distrutto dalle estrazioni minerarie”. Certo la lotta delle popolazioni tribali contro le dighe in genere non fa notizia. Si preferisce parlare “della irresistibile crescita economica dell'India, della Borsa di Bombay che va a mille, di una ricchezza complessiva enorme, dei ristoranti pieni e dei consumi di lusso” che sembrano essere diventati un elemento caratterizzante dell'India. Ma esiste un'altra faccia del paese asiatico: “la realtà sempre più drammatica di un'India contadina e tribale”. Proprio nei giorni della commemorazione, Daniela ha incontrato i superstiti di Bhopal che “ dopo una marcia di ottocento km. erano arrivati a Delhi per chiedere la rimozione della fabbrica chimica e la bonifica del terreno. Nonostante fosse una marcia pacifica la polizia li ha caricati!”. E protesta indignata: “Questo sviluppo accelerato sta creando problemi gravissimi e si risponde con la forza alle proteste della popolazione”.

Gianni Sartori

 

 

Ricordo di Riccardo Siliprandi

Nel 61° anniversario della liberazione dal nazifascismo la F.A.I. reggiana, la F.I.A.P. e l'A.N.P.I. di Reggio Emilia e l'archivio famiglia Berneri hanno voluto rendere omaggio a Riccardo Siliprandi detto Arié, bracciante, sindacalista, anarchico, assassinato da una squadraccia il 5 maggio del 1921, come ritorsione per le sua attività di resistenza alle violenze del fascismo agrario.
Nella piazza di Luzzara, a poca distanza dal luogo dove cadde sotto i colpi dei sicari in camicia nera, una nutrita folla di antifascisti ha ricordato Siliprandi attraverso gli interventi di Luigi Rigazzi, segretario provinciale della F.I.A.P. di Reggio Emilia e di Massimo Franzoni della commissione di corrispondenza della Federazione Anarchica Italiana.
Particolare commozione ha poi suscitato la lettura dei versi dedicati al martire antifascista luzzarese dall'illustre concittadino Cesare Zavattini, che qui riproponiamo:

L'assassinio di Riccardo Siliprandi (Ariè)
Gli omicidi in trionfo

Cusa favia al dé ch'è mort Arié?
A gh'eva vint'an.
L'era un cariulant,
n'anarchic, bon c'mel pan.
Da quand chi là i cmandava
al stava lugà in dal bosc.
Lur il pungdava.
Na matina l'eva riscià
d'gn'in paes a salutà so madar.
I l'à vest, in quatr'i gà sparà,
lasà cuntr'al mur
a sugaras cm'en pipistrel fiundà.


Dopo la commemorazione tutti i presenti hanno partecipato al consueto pranzo della liberazione con cappelletti, lambrusco e canti antifascisti fino a sera.

L'inviato J. Scaltriti

Cenni storici su Riccardo Siliprandi e l'anarchismo luzzarese
A Luzzara, paese della bassa reggiana ai confini con la provincia di Mantova nella primavera del 1920 un numeroso gruppo di giovani operai manifestava malcontento per la mancanza di spirito rivoluzionario e per l'eccesso di ‘elettoralismo' dei socialisti, così dopo poco si ebbe una scissione del partito socialista e gli anarchici crearono un proprio circolo, che teneva le riunioni in locali separati della casa del popolo.
Secondo la testimonianza dell'anziana militante Artemilla Panisi “… pensammo che i nostri compagni brancolassero nell'incerto. Lo dissi anche al papà, un vecchio socialista. Ci staccammo dal partito, eravamo i più combattivi, una ventina di giovani e sedici ragazze: ci dichiarammo anarchici. Riccardo Siliprandi (Arié) era il nostro portavoce. Allora a Luzzara non c'erano comunisti, ma solo socialisti e noialtri anarchici. Fra l'altro pensavamo che fosse andato perduto l'impegno anticlericale e volevamo rimetterlo in onore…” (1).
Dunque gli anarchici luzzaresi erano almeno 36, una forza notevole considerando che gli iscritti al partito socialista erano 65 alla fine dello stesso anno.
Oltre all'impegno anticlericale, l'attività principale degli anarchici luzzaresi dell'epoca era il contrasto al nascente fascismo, ancora una volta a differenza dei dirigenti socialisti, che vedevano nel fascismo un fenomeno postbellico passeggero, mentre i giovani socialisti erano decisi a resistere attivamente alle squadracce, e nell'agosto del 1920 organizzarono un convegno interprovinciale reggiano – mantovano a Codisotto per la costituzione di una “alleanza interprovinciale di difesa e propaganda”.

È in questo quadro di organizzazione della resistenza alle violenze fasciste che matura l'omicidio di Siliprandi: saputo che tre anarchici erano riuniti nella piazza di Luzzara, la mattina del 5 maggio 1921 una squadraccia si presenta con la pretesa di “perquisirli”; ne nasce una colluttazione durante la quale Riccardo Siliprandi viene disarmato di un'accetta, probabile strumento di lavoro più che arma, e mentre scappa inseguito da quattro fascisti viene ferito mortalmente a revolverate.
Secondo la testimonianza di Guido Ciro Siliprandi di Codisotto “… gli hanno sparato alle spalle lungo la strada della stazione. È caduto nel vicolo che porta al teatro di Luzzara. Gli sgorgava sangue dalla nuca…” (2).
Deliberato omicidio a sangue freddo, dunque? Non per la cosiddetta giustizia, già succube del fascismo.
Il processo che segue l'omicidio è la consueta farsa, con minacce e intimidazioni ai testimoni a carico e l'assunzione di testimonianze favorevoli dagli stessi complici degli imputati, che ne escono assolti.
In seguito la madre della vittima chiede e ottiene la riapertura dell'inchiesta, ma con le consuete strategie di discredito dei testimoni (definiti anch'essi sovversivi e provocatori) e l'impiego di una giuria filofascista gli imputati sono di nuovo assolti e lasciano in trionfo il tribunale al canto delle canzonacce fasciste, con particolare enfasi del verso: “ad uno ad uno li ammazzerem”.
Si nota un inquietante parallelo con certe situazioni attuali, nelle quali vengono processate e condannate le vittime delle violenze e gli aggressori se ne vanno assolti con le scuse della corte.
Abbiamo scelto di onorare quest'anno una vittima della prima fase del fascismo, uno dei tanti che in quei giorni terribili opposero resistenza all'avanzata dei barbari in orbace, per rimarcare ancora una volta come la resistenza al fascismo non cominci nel '43, ma si sviluppi a partire dalle istanze rivoluzionarie del biennio rosso, per continuare nelle lotte dei confinati e degli esuli, nella rivoluzione spagnola, per approdare alla guerra di liberazione, senza mai abboccare, da parte anarchica, alle lusinghe dei patti di pacificazione firmati da socialisti e comunisti che portarono alla sottomissione totale al fascismo.

J. Scaltriti

Note

1. G. Laghi, R. Cavandoli, Storia di Luzzara, 1978, pp. 262 e segg.
2. A. Paterlini, Il sacrificio reggiano per la pace e la libertà 1915-1943, ed. A.N.P.P.I.A., Reggio Emilia, 1982.