rivista anarchica
anno 37 n. 331
dicembre 2007 - gennaio 2008


Spagna ’36 / 2

Il caso Nin
di Riccardo Bonelli

 

Assassinato in Spagna o in URSS? Dove non si sa con certezza, ma di sicuro per mano dei comunisti staliniani. Andreu Nin era il leader del POUM, piccolo partito marxista indicato dagli stalinisti come alleato dei nazisti.

 

“Non credo… che sia stata opera dei comunisti – annotò Azaña nel suo diario il 22 luglio 1937 –. Naturalmente, i comunisti si indignano di fronte a questo sospetto. Negrín crede che lo ha rapito lo spionaggio tedesco e la Gestapo, per impedire a Nin di fare delle rivelazioni”. (1)

A parlare era il Presidente della Repubblica spagnola, Manuel Azaña, e questa era la versione che i comunisti del PCE (Partido Comunista Español) avevano messo in giro per coprire in extremis un’operazione politica che stava crollando miseramente.
Andreu Nin, segretario politico del POUM (Partido Obrero de Unificación Marxista), dopo essere stato arrestato dalle Guardias de Asalto (2) insieme ad altri dirigenti del suo partito, scompare. Il PCE lo accusa di essere una vile spia fascista e di tramare, insieme ai suoi compagni, contro la Repubblica. Il tentativo degli stalinisti è quello di imbastire dei “processi di Mosca” in Spagna per eliminare ed infamare del tutto un partito marxista rivoluzionario, né stalinista né trotzkista, che infastidiva il potere comunista per la sua aspra critica nei confronti della politica controrivoluzionaria di Stalin. Distruggere il POUM era solo il primo passo per i comunisti, per poi proseguire nella propria opera controrivoluzionaria e cioè affrontare la CNT.
Da mesi gli stalinisti avevano iniziato una campagna stampa diffamatoria e provocatoria contro i poumisti e gli anarchici, da loro ribattezzati “trotzkisti e incontrollati”. “La Pravda” (3) ed i loro gemelli spagnoli vomitavano in continuazione menzogne infami, che non provocarono reazioni adeguate solo perché la CNT ed il POUM sottovalutarono il problema. La cosa cominciò ad esser più seria quando Andreu Nin fu espulso dal governo catalano per volontà dei comunisti e senza nessuna reazione da parte anarchica, ma la vera svolta avvenne solo dopo le giornate di maggio del 1937 a Barcellona, quando i comunisti vollero attaccare la Centrale telefonica, controllata dalla CNT, provocando uno scontro a fuoco tra le forze rivoluzionarie e controrivoluzionarie. Anche se apparentemente le giornate di maggio si conclusero con una situazione di stallo, in realtà ebbe inizio una controffensiva più netta e aperta da parte comunista. Il POUM fu scelto come primo bersaglio anche perché era piuttosto isolato e debole rispetto alla CNT-FAI.

Andreu Nin

“¿Donde està Nin?”

Il 16 giugno 1937, il comunista Ricardo Burillo, tenente-colonnello della Guardias de Asalto, sotto gli ordini del suo superiore Antonio Ortega (4), entrò nella sede del POUM a Barcellona con un manipolo di uomini, per sequestrare i locali e arrestare i dirigenti del partito. Andreu Nin era tra questi e venne portato al carcere di Valencia.
In realtà l’ordine non partiva dal ministero competente, ma direttamente dalla NKVD (l’ex GPU) di Valencia, diretta dal russo Alexander Orlov. A un anno dall’inizio della rivoluzione, i servizi segreti russi avevano in Spagna un enorme potere e più la rivoluzione scemava, più questo stato nello stato agiva e si rafforzava, aprendo propri carceri speciali, dove avvenivano sequestri, interrogatori e torture nella totale impunità e autonomamente dal governo repubblicano.
Alexander Orlov aveva ordinato a Ortega di non avvertire il suo diretto superiore, cioè il ministro degli Interni Zugazagoitia, sia dell’intenzione di sequestrare Nin sia della farsa che si stava architettando contro tutto il POUM.
Infatti la polizia e i servizi segreti russi stavano montando da diversi mesi un processo-farsa degno di quelli di Mosca. Pretendevano dimostrare che Andreu Nin lavorava in stretto contatto con lo spionaggio fascista, sostenendo di aver trovato materiale e documenti compromettenti, lettere in cui si parlava di una spia fascista in incognito chiamata N. Tutti questi documenti furono prodotti dai servizi segreti russi, con il loro marchio inconfondibile di cialtroneria, leggerezza ed infamia (5). Ma tutta questa montagna di falsità aveva in ogni caso bisogno di un sigillo finale, una prova inconfutabile: la confessione “spontanea” di Nin.
È per questo che fu prelevato dal carcere di Valencia, dove si trovava con i suoi compagni, e portato in un carcere segreto ad Alcalá de Henares vicino Madrid, una “casa” sotto il diretto controllo dei russi. Lì fu interrogato e torturato per diversi giorni, per strappargli una confessione che confermasse il tutto. Ma Nin non firmò niente, se non qualche dichiarazione di carattere autobiografico.
I comunisti, una volta capito che il prigioniero non avrebbe mai confessato, temettero il peggio. Non poteva essere lasciato libero, non poteva essere riportato nel carcere repubblicano, avrebbe parlato ed il processo contro il POUM si sarebbe rivelato un boomerang. Fu così che, secondo la testimonianza resa molti anni dopo da Enrique Castro, esponente del CC del PCE, a Julián Gorkín, compagno di Nin, Vittorio Vidali (6), figura oscura del comunismo italiano, organizzò un finto assalto nazista al carcere di Alcalá, insieme a dieci tedeschi delle Brigate internazionali, per prelevare Nin e ucciderlo (7). Ovviamente Vidali ha più volte negato questa sua complicità, sostenendo che a quell’epoca se i comunisti avessero voluto far fuori un militante del POUM non c’era bisogno di tutto quel trambusto e soprattutto del suo servigio. Questa affermazione risulta ridicola, se si tiene conto che Nin godeva di una notevole fama negli ambienti del movimento operaio spagnolo e internazionale. Infatti, il caso Nin fu una macchia che screditò l’allora governo repubblicano guidato da Negrín di fronte a tutti i sostenitori internazionali della Repubblica spagnola.
Sta di fatto che esiste un’altra versione, forse ancora più raccapricciante. Secondo il resoconto di un agente alle dirette dipendenze del socialista moderato Juan-Simeon Vidarte (8), sottosegretario agli Interni, confermata 40 anni più tardi da un altro poliziotto, Nin, dopo essere stato torturato, sarebbe stato condotto ancora vivo in Russia su un’imbarcazione sovietica ormeggiata nei pressi di Valencia (9).
La verità probabilmente non la sapremo mai, anche se sembra ormai assodato il fatto che Andreu Nin è stato torturato ed ucciso in Spagna, ed i comunisti hanno avuto un ruolo di registi e di attori.

Nin, un marxista rivoluzionario

Perché dedicare un articolo ad Andreu Nin proprio su una rivista anarchica?
La domanda non ha una risposta scontata. A parte le motivazioni più autobiografiche, cioè i miei studi passati sull’argomento, su cui ho già scritto, ed i tanti anni della mia vita trascorsi nelle fila del marxismo rivoluzionario prima di approdare all’ala antiautoritaria del socialismo, a parte questi motivi, ritengo che Nin rappresenti al meglio quelle frange e organizzazioni del marxismo, che hanno avuto una tensione rivoluzionaria e perfino socialista sincera e che, oltretutto, non hanno mai tradito nel loro percorso militante questa loro aspirazione. Parliamo di una componente variegata che va dai comunisti consiliaristi alle diverse componenti antistaliniste, sorte nel comunismo in diversi paesi. Componenti spesso volutamente confuse con il trotzkismo, ma che in realtà vanno ben distinte da questo movimento e soprattutto dal suo fondatore. Queste personalità e organizzazioni sono però accomunate tutte da un medesimo legame alle aspirazioni di fondo del socialismo.
Andreu Nin, insieme ai suoi compagni, ne è stato un chiaro ed inconfondibile rappresentante. Pur riproducendo tutti i vizi del politicismo marxista, pur facendosi abbagliare dalle formule bolsceviche della dittatura del proletariato o del governo operaio e contadino, non perse mai la bussola.
Le sue tattiche politiche, la sua fede nel materialismo storico, le consegne transitorie, più che altro furono delle lenti sfuocate davanti ai suoi occhi, che gli impedirono di interpretare e leggere ciò che stava trasformando la Spagna, cioè la rivoluzione sociale e libertaria. Se i contadini e gli operai collettivizzavano, lui auspicava la socializzazione come nazionalizzazione; se i proletari si coordinavano nelle loro attività, lui proponeva il governo operaio e contadino. Cercò di applicare la teoria e la tattica marxista in chiave rivoluzionaria, riprendendo l’impostazione bolscevica, ma senza fare i conti fino in fondo con le enormi contraddizioni che erano emerse dall’esperienza russa. Perciò continuò a parlare di dittatura del proletariato e allo stesso tempo a denunciare la dittatura burocratica sul proletariato in Russia, non comprendendo che l’instaurazione di qualsiasi governo dittatoriale, anche se rivoluzionario, partorisce sempre una nuova dittatura sulle classi lavoratrici. Perciò continuava a parlare di socializzazione, non smettendo mai di pensare alla sovrapposizione dello Stato con questo processo. Per lui, come per qualsiasi marxista, lo Stato rivoluzionario è il mezzo della socializzazione, non comprendendo che, in questo modo, la formazione di una burocrazia al potere, come nuova classe dominante, non è una deviazione ma una inevitabile conseguenza.

Manifesto dei giovani comunisti catalani
(stalinisti) contro il POUM

Non per il potere

Andreu Nin era però un rivoluzionario ed un socialista sincero, cioè ha sempre cercato nella sua vita l’emancipazione sociale degli sfruttati. Da quando ha aderito al Partito socialista spagnolo (PSOE) da giovanissimo, alla sua adesione alla CNT, in cui ha ricoperto anche responsabilità di rilievo (segretario nazionale per qualche mese), dalla sua adesione al marxismo in Russia, fino alla sua partecipazione all’attività clandestina dell’Opposizione di Sinistra in URSS, arrivando quindi alla fondazione del POUM spagnolo; Nin in tutto questo tragitto, non ha mai cercato il potere per se, l’accomodamento, la poltrona; e di occasioni ne ha avute tante. Al contrario ha sempre scelto la strada che più gli sembrava coerente con le aspirazioni di emancipazione del proletariato, trovandosi spesso ad affrontare situazioni scomode per sé e la propria famiglia, come per esempio l’esilio, fino ad arrivare alla morte.
Il suo spessore umano, la sua generosità sono state testimoniate da diversi compagni che lo hanno conosciuto, ma un fatto sta a sigillo di questo suo percorso limpido, anche se contraddittorio, di rivoluzionario: la resistenza ai suoi torturatori e la scelta della morte alla vergogna del tradimento. E anche questo, se pensiamo a bolscevichi come Bucharin (10), non era scontato.

Riccardo Bonelli

Note

  1. La citazione è ripresa da B. Bolloten La guerra civil española, Alianza editorial, Madrid, 1989, pag. 783.
  2. Creata dalla Repubblica nel 1931. Molti suoi membri erano socialisti e dopo il luglio ’36, comunisti.
  3. “La Pravda” del 17 dicembre 1936, dopo la cacciata di Nin dal governo catalano della Generalitat, aveva scritto: “In Catalogna è cominciata la ripulitura dai trotzkisti e dagli anarchici e verrà portata a termine con la stessa energia che in URSS”. F Claudin, La crisi del movimento comunista, Feltrinelli, Milano, 1974, pag. 182.
  4. Antonio Ortega era un ex sergente dei Carabineros che aveva fatto carriera grazie ai comunisti, diventando così direttore generale della Seguridad al ministero della Gobernación, formalmente sotto il socialista Julián Zugazagoitia, nel governo Negrín, da J. Gorkín El proceso de Moscu en Barcelona, ed. Aymá, 1973, pagg. 89-90.
  5. Ci sono diverse testimonianze a conferma di ciò, riportate da B. Bolloten, op. cit., pag. 776, da J. Gorkín op. cit. pagg. 98-100. Gorkín riporta in queste pagine un ampia testimonianza di Jesús Hernández, all’epoca dirigente comunista spagnolo.
  6. Nato nel 1900 vicino a Trieste, Senatore e membro del PCI in Italia dopo la II Guerra Mondiale, in gioventù Vidali ha combattuto nelle fila dello stalinismo in diversi paesi, dalla Spagna alle Americhe.
  7. Questa notizia è riportata nell’opera di B. Bolloten, op cit., pag. 774.
  8. L’agente informò i suoi superiori che Nin era stato portato in una casa privata ad Alcalá, utilizzata dai comunisti russi, dalla quale si erano sentiti grida e lamenti. Nel resoconto l’agente sostenne che una mattina un veicolo aveva caricato un’enorme cassa e poi si era diretto in direzione di Alicante dove lo aspettava un’imbarcazione sovietica e, sempre secondo l’agente, Nin era stato portato fuori dalla Spagna ancora vivo. Notizia ripresa da Bolloten, op. cit., pag. 776.
  9. Javier Jimenez, all’epoca membro della squadra speciale inviata da Madrid per arrestare Nin a Barcellona, ha sostenuto di aver rincontrato il commilitone che aveva condotto la brigata a Barcellona, il quale gli aveva confidato che lui aveva avuto il compito di portare Nin dal carcere di Alcalá al porto di Valencia, dove lo aspettava una nave sovietica, pronta a salpare per la Russia. Anche questa notizia è ripresa da Bolloten, op. cit., pag. 776.
  10. Bucharin fu tra i massimi dirigenti e fondatori del Partito Bolscevico, dalla sua fondazione fino agli anni dello stalinismo. Sostenendo l’ascesa al potere di Stalin, cadde successivamente vittima della repressione staliniana (1938), arrivando a firmare le infamanti accuse che il nuovo padrone della Russia gli muoveva contro.