rivista anarchica
anno 38 n. 332
febbraio 2008


società

Il simbolo rovesciato
di Cosimo Scarinzi

 

A proposito di un uso “improprio” di una delle icone dei movimenti di classe: il Quarto Stato di Pelizza da Volpedo. E più in generale dell’importanza dei simboli.

 

Ammetto che, nella mia memoria, il Quarto Stato di Giuseppe Pellizza da Volpedo, che pure si trova sulla mia scrivania stampato sulla tessera 2007 del sindacato pinerolese ALP CUB, rimanda ad accadimenti tutt’altro che austeri.
Infatti, a metà anni ’80, capitava a me, come immagino ad altri compagni, di leggere il giornale “Reporter” (1) diretto da Adriano Sofri ed Enrico Deaglio su mandato politico di Bettino Craxi e, soprattutto, di Claudio Martelli e finanziato da Silvio Berlusconi. Era, infatti, un foglio abbastanza singolare e non privo di interesse, espressione di quella sinistra anticomunista uscita dalle vicende degli anni ’70 che aveva in uggia il PCI, trovava sostegno nel PSI e gli dava un apporto di uomini e di idee che garantissero allo stesso PSI una sorta di copertura a sinistra di tipo liberal.
In particolare mi piaceva un fumetto uno dei cui personaggi era un poeta sodomita, così era definito, che si affannava a tentare la composizione di un sonetto che riporto:

E quando chiudo gli occhi ancor rivedo quel poster di Pellizza Da Volpedo che ornava la tua stanza di fanciullo ove vissuto sei sin dalla culla

Il povero poeta, dopo varie vicissitudini, era stato costretto a mutare orientamento sessuale al fine di trasformare quel maledetto “fanciullo” in “fanciulla” e portare a compimento il suo, peraltro a mio avviso mediocre, componimento.

In prima fila la polizia

È mia opinione che quella poesiola non fosse, in realtà, del tutto innocente e rientrasse appieno nell’operazione culturale che “Reporter”, come espressione di un segmento di una generazione politica, andava conducendo, operazione di dissacrazione dei maestosi simboli del vecchio movimento operaio, di quello stesso movimento operaio che aveva, pochi anni prima, cercato di rinsanguare, come condizione del passaggio ad una cultura leggera, liberale, adeguata alla nuova fase politica e sociale.
Ammetto, senza eccessivi sensi di colpa, che, pur essendo consapevole della deriva liberal di quel settore di estrema sinistra in libera uscita e della natura politica e sciale dei suoi supporter non ero particolarmente scandalizzato dalla loro attitudine dissacratoria convinto come sono che un reale movimento di emancipazione non necessità di pratiche cultuali.
Nonostante ciò, recentemente mi è capitato di trovarmi di fronte ad un detournement (2) che è andato al di là delle mie aspettative e che mi ha fatto riflettere.
Il 1 dicembre dello scorso anno, infatti in occasione di una manifestazione sindacale della polizia su un maxi poster montato su un camioncino era montato, appunto, “Il Quarto Stato”. Figure centrali però erano un agente di polizia ed un carabiniere e altri loro colleghi erano in testa alla manifestazione popolare che il quadro raffigura.
Ci si potrebbe, a questo punto, limitare a rilevare che il detournement, in quanto tale, è una semplice tecnica comunicativa e, soprattutto, che le avanguardie di ieri sono rapidamente recuperate e facendolo si avrebbe ragione. È, comunque, interessante rilevare che una manifestazione infarcita di fascisti di ogni variante assume come proprio simbolo un’icona del movimento operaio e fa della polizia l’avanguardia del popolo in rivolta contro le élites politiche ed economiche. Immagino, a questo proposito, quanta soddisfazione avrebbe provato, ad esempio, Pasolini finalmente posto di fronte ad una polizia costituita non solo di fatto ma anche nella propria autopercezione come figlia di poveri (3).
Un esempio di populismo che ritengo meritevole di attenzione.
Interessante può essere un altro caso di detournement. Circa un anno addietro l’Istituto Professionale per i Servizi della Pubblicità Albe Steiner di Torino ebbe il dubbio onore di essere citato da tutti i principali media perché un gruppo di studenti aveva messo in rete un video che li riprendeva mentre umiliavano un loro compagno diversamente abile, uso questa definizione che trovo un po’ dolciastra in mancanza di meglio. Un comportamento obiettivamente disgustoso aggravato dalla serena inconsapevolezza di chi, dopo aver fatto una porcata, ha avuto la bella idea di diffonderne la documentazione.

Al posto della lotta, i buoni sentimenti

Non mi dilungo sull’uso strumentale che i media e, soprattutto, il Ministero della Pubblica Istruzione hanno fatto di questa e di consimili vicende al fine di imporre una stretta disciplinare per quanto riguarda studenti e personale della scuola.
Un anno dopo arriva il segnale della redenzione. Leggiamo su “La Stampa” del 15 dicembre 2007 il commosso articolo “Il riscatto dello Steiner”:

“Poco più di un anno fa l’Istituto Albe Steiner di Torino era al centro delle cronache per il video di un pestaggio a un ragazzo disabile girato da alcuni studenti con un telefonino e poi pubblicato su Internet. Uno dei primi episodi di “bullismo in diretta”, una brutta pagina per uno degli istituti professionali storici della città. A dodici mesi di distanza, è stato proprio lo Steiner ad aggiudicarsi il concorso promosso dal ministero della Pubblica Istruzione denominato “Smonta il bullo”. Il manifesto vincitore, realizzato dai ragazzi dell’istituto coordinati dal professor Claudio Zoccola, raffigura un piranha contrastato da un pesce formato dall’unione di tanti piccoli pesciolini colorati. L’immagine è accompagnata da uno slogan (“Insieme possiamo aiutarci”) che sottolinea ulteriormente la forza del gruppo nell’affrontare ed isolare chi si macchia di gesti di violenza nei confronti del prossimo.”

Guardando il manifesto scopriamo che si tratta dell’adattamento di un manifesto degli IWW volto a valorizzare la solidarietà e l’unità dei lavoratori. Di per sé può essere simpatico, certo un manifesto dei wobblies premiato dal ministro Fioroni colpisce ma, come si suol dire, mai dire mai. Ancora una volta, comunque, colpisce la decontestualizzazione, in luogo della lotta i buoni sentimenti ed il senso civico.
Per, provvisoriamente, concludere, il terreno del simbolico, terreno assolutamente centrale per ogni prospettiva di trasformazione sociale perché disegna le modalità stesse dell’interpretazione e della comprensione degli eventi è esso stesso luogo di uno scontro e di reciproche invasioni di campo. Non è, temo, casuale che in questa fase siano le élites dominanti ad appropriarsi del patrimonio del movimento di classe rovesciandone il senso profondo.

Cosimo Scarinzi

Note

  1. «Cominciò tutto la sera di una riunione convocata al circolo culturale Mondoperaio, e doveva essere l’occasione per organizzare una rievocazione del Sessantotto che desse il giusto spazio alle correnti politico-culturali non comuniste o anticomuniste. C’erano in quello scantinato, dove Claudio Martelli, allora vicesegretario del Psi, fece da ospite e da relatore, Sofri, Enrico Deaglio, Gianni Baget Bozzo, Achille Bonito Oliva e il sottoscritto. Da quel tramestio di uomini e di vocazioni nacque più tardi “Reporter”, un quotidiano che ebbe vita breve ma vivacissima. Erano stati i socialisti a trovare i soldi e fu Silvio Berlusconi, dietro sollecitazione di Craxi, a pagare le ultime pendenze dopo che ebbero chiuso i battenti». Giampiero Mughini nel suo libro “Il grande disordine”.
  2. Concetto elaborato dall’Internazionale Situazionista, si impiega per abbreviazione della formula: détournement di elementi estetici precostituiti. Integrazione di produzioni attuali o passate delle arti in una costruzione superiore dell’ambiente. In un senso più primitivo, il détournement all’interno delle antiche sfere culturali è un metodo di propaganda, che testimonia l’usura e la perdita d’importanza di tali sfere.
  3. Da “Il Pci ai giovani!!” ....Quando ieri a Valle Giulia avete fatto a botte coi poliziotti, / io simpatizzavo coi poliziotti! / Perché i poliziotti sono figli di poveri. / Vengono da periferie, contadine o urbane che siano. / Quanto a me, conosco assai bene / il loro modo di esser stati bambini e ragazzi, / le preziose mille lire, il padre rimasto ragazzo anche lui, / a causa della miseria, che non dà autorità. / La madre incallita come un facchino, o tenera, / per qualche malattia, come un uccellino; / i tanti fratelli, la casupola / tra gli orti con la salvia rossa (in terreni / altrui, lottizzati); i bassi / sulle cloache; o gli appartamenti nei grandi / caseggiati popolari, ecc. ecc. / E poi, guardateli come li vestono: come pagliacci, / con quella stoffa ruvida che puzza di rancio / fureria e popolo. Peggio di tutto, naturalmente, / e lo stato psicologico cui sono ridotti / (per una quarantina di mille lire al mese): / senza più sorriso, / senza più amicizia col mondo, / separati, / esclusi (in una esclusione che non ha uguali); / umiliati dalla perdita della qualità di uomini / per quella di poliziotti (l’essere odiati fa odiare). / Hanno vent’anni, la vostra età, cari e care...