rivista anarchica
anno 38 n. 335
maggio 2008


donne e diritti

Giuliano Ferrara, l’essere e il nulla
di Francesca Palazzi Arduini

 

Dedicato a Marina Padovese.

 

Forse la veemenza del lancio di una crociata mediatica insiste tutta sulla convinzione che qualsiasi argomento proposto con aggressività, qualsiasi rete a maglie lanciata dagli schermi, trova un bottino, e che quindi il gioco vale comunque il tubo catodico.
Non è importante avere la certezza che Giuliano Ferrara abbia imbastito la sua pagliacciata contro l’aborto già pensando all’ opportunità di giocare un ruolo nella campagna elettorale 2008, anche senza ponderare che i suoi finanziatori non avrebbero tanto gradito un ennesimo partitino di “valori”.
Si sa che il “desiderio mimetico” patito dalla massa di persone che guarda la tv, e anche da quella che usa il web, è ormai così forte che chi ha l’accesso ai palinsesti e ne decide i contenuti e gli stili catechizza tanto quanto la Chiesa cattolica le menti morbide dei bambini. È difficile resistere alla tentazione di crearsi un ruolo di questo tipo, soprattutto in andropausa.
Ciò che è tragico, quindi, è quanto la polemica di GF sia stata in grado di aprirsi un varco grazie all’elefantiaco potere mediatico.
È scoppiata una bomba sotto l’oceano dei mass media, è esplosa contro la libertà femminile, un sottomarino guidato alla cieca da donne sempre troppo impegnate con altro per badare a se stesse. La sua onda d’urto è dilagata da Il Foglio a La7 e su ogni emittente e contro questo rombo sordo noi donne abbiamo potuto reagire solo turandoci le orecchie, e usando uno scarso potere politico istituzionale (in trattative con chi in realtà non mette niente del suo corpo né della sua vita in gioco), replicando sui siti web, su qualche rivista “femminile”, assuefatte al ruolo di eterne replicatrici.
E succede il solito: le donne si difendono, spendono le loro energie non per migliorare la propria condizione ma per non arretrare al 1973 in una macchina del tempo cattiva: una navetta sulla cui plancia va in onda il mare di oscenità in cui ci affogano i mass media.
Ed è o-sceno Ferrara che si occupa di aborto come Grillo che ci dà consigli su come inquinare meno con gli assorbenti: è o-scena tutta questa voglia di dire alle donne come debbono vivere, peculiarità senza colore politico propria della nostra tv nella quale va in onda la commedia dell’erotico, da Sanremo a Miss Italia, dalle Veline al Grande Fratello.
Si tratta di una violenza invisibile, fatta di ovvietà, sorretta nell’audience dall’illusione di “fare la tv” oltre che di guardarla, proprio come le “Cugine” di Fahrenheit 451 designavano la spettatrice che avrebbe avuto l‘onore far di parte per un attimo del copione televisivo.
Per questo c’è chi può usare gli spettatori-giocatori come cavie delle proprie prediche, gli intervenuti ai suoi talk show come ostaggi incaprettati delle sue campagne moralizzatrici: passando dal Telegioco al Teologico. Permettendosi di giocare con le parole; parlando prima di moratoria contro l’aborto, e poi dicendo che non si intendeva quello, che si voleva solo invitare a “migliorare” la Legge 194.
Eppure il termine “moratoria” significa sospensione generale. (1) E la campagna è partita con parole d’ordine violentissime, col paragonare una donna che abortisce ad un’omicida, la pillola del giorno dopo e la pillola abortiva (spesso confuse tra loro) a delle camere a gas, con l’ispirarsi a testi filosofici che in qualche modo, come vedremo, definendo come essere dotato di un “anima” addirittura l’ovulo fecondato, ne scindono la relazione col materno dichiarandolo potenzialmente “persona”.

Una ciliegina sulla torta, di fango

Se in tante abbiamo avuto questa sensazione di stupro mediatico, non è per l’aggressività di GF, bensì perché è stato così opportunista da voler cavalcare con un tocco di ideologia da studio televisivo quel vasto tessuto antifemminista che è ben saldo nel parlamento, negli ospedali, nei municipi, nei tribunali e nelle prefetture, nelle scuole e università, e che consente in Italia l’uso confessionale dei consultori pubblici e delle strutture ospedaliere, luoghi nei quali troppo spesso si tratta il sesso come mero strumento procreativo e si medicalizzano le donne in modo coercitivo.
Si è trattato in questo caso della presa di parola a nome di quella violenza invisibile che subiamo tutti i giorni, che consiste nel volerci “tutelare”e nel considerarci oggetti da isteroscopia. È stata proclamata una guerra lampo: la volontà è di ridurci a terreno di coltura e di non riconoscere la nostra persona se non come secondaria rispetto al ruolo di portatrici di un’altra “persona”. Una “persona” chiusa in un grembo, sulla quale si può mistificare attribuendogli sensazioni e immagini che creino un significato differente dalla realtà e dal sapere materno, sulla quale si può fantasticare, della quale ci si può dichiarare curatori (gli antesignani “curator ventris”), acquistando potere anche sui nostri corpi e sulla nostra vita.
Non è un caso che per questa guerra lampo si sia nominato Generale il GF, un personaggio ambiguo e probabilmente in difficoltà, alla ricerca di nuovi servigi politici da rendere a quella lobby di cristianisti, liberal filo bush, ciellini, capitalisti in crisi di valori e antislam in cui galleggia. (2)
Occorreva qualcuno che premesse sull’acceleratore, a marcia indietro innestata, ma non poteva certo farlo gente più impegnata con l’impresa sociale cattolica, né con la teologia ufficiale: non si possono confutare totalmente i Padri della Chiesa, retrodatando la teoria sull’infusione dell’anima, l’esistenza della “persona”, non più a tre mesi dal concepimento come prescritto da Barbapapà del calibro di Tommaso d’Aquino ma addirittura all’ovulo. Si può dire, e lo fa anche Ratzinger nei suoi scritti, “fin dal concepimento”, si può preparare il terreno a discussioni teologiche ma non si fanno dichiarazioni così sfacciate. (3) La Chiesa “sociale” ha paura di distruggere con una guerra aperta quella sottile ragnatela di omissioni, obiezione, spartizione della sanità pubblica in settori confessionali, che ha realizzato, non vuole rischiare. Preferisce continuare con un’opera di distruzione insistente ma invisibile, come quella delle dita dei fedeli nei santuari, che corrodono e lisciano il marmo. Questo le dà la possibilità di trattare, di ottenere spazi economici per tutti senza dover riaffrontare il mercato, lucroso ma scabroso, degli aborti clandestini.
Del resto, è stata fatta la battaglia per ottenere una Legge 40 che impedisce alla donne ed alle coppie di praticare inseminazione eterologa, per non dire altro, riducendoci al nuovo medioevo; operazione riuscita grazie alla complessità del tema ed alla vasta campagna disinformativa attuata da Movimento per la vita e parrocchie:
Si sono poi tirati in ballo pregiudizi di ogni tipo per disinformare anche sui Pacs, giungendo a sabotare anche quella parvenza di proposta di legge detta DICO, e inscenando il Family day, basato essenzialmente su di una menzogna: che i diritti delle coppie di fatto potessero sottrarre risorse alle famiglie eterosessuali. Menzogna paragonabile a quella antisemita che ha dato il via ai campi di sterminio ed alla razzia dei beni dei segregati.
La battaglia quindi si è fatta comunque più aspra, anche se a Ratzinger piacciono le dolci torte al cioccolato, e la ciliegina sulla torta posta da GF poteva anche non servire, per ora, o servirà più alle amicizie personali di questo nuovo teorico della inettitudine delle donne.
Si tratta però di un dato da non sottovalutare, in una società sempre più fascinata dai media, perché grazie alla loro influenza sull’opinione pubblica le “teste di cuoio” della lista “Pro-Life”, tessono da tempo alleanze anche col mondo cattolico moderato (così come succede ad ogni “avanguardia” ).

La parabola del predicatore. Slancio e caduta di un opinionista

Conosciamo lo stile di persone come GF, uno di quelli che hanno sempre voluto svolgere il ruolo dell’enfant prodige dell’epoca dei talk show.
Un narratore dell’altro da sé, di qualcosa sempre a sé estraneo, sia quando produceva parole in forma di idee per il Pci occupandosi delle questioni operaie, che quando si dilettava con il “moderno” Psi, presentandosi come spregiudicato e provocatore mettendo in scena nei teatri il suo show, come ora, nel suo nuovo ruolo di moralizzatore off off Vatican. Una parabola in discesa che finisce con l’aborto della sua listina elettorale: è proprio l’opportunismo di questa listina che svela la profonda amoralità del nuovo paladino della morale.
Ma aldilà delle meschinità, abbiamo il dovere di smentire le presunte verità di Ferrara. E non basta appellarsi al suo opportunismo, alla sua incoerenza, al suo evidente disinteresse per tutte le battaglie contro la sofferenza umana che dice di voler evitare, per smentirlo.
Soffermiamoci prima sul suo stile e sul suo linguaggio. Siamo a 40 anni dal ’68. Se abbiamo imparato qualcosa da quegli anni, è necessario che noi ci si chieda qual è il confine tra menzogna e malafede in GF, ponendo Ferrara come esemplare soggetto di quel capitolo di “L’essere e il nulla” di J.P.Sartre: La malafede. Leggiamo:
Si converrà che la menzogna è un atteggiamento negativo. Ma è una negazione che non ha per oggetto la coscienza in se stessa, non riguarda che il trascendente. L’essenza della menzogna, infatti, implica che il mentitore sia completamente cosciente della verità che maschera. Non si mente su ciò che si ignora, non si mente quando si diffonde un errore di cui si è vittima noi stessi, non si mente quando ci si inganna”.
A leggere Sartre,come giudicare GF quando, dal palco di Piazza Farnese l’8 marzo di quest’anno, dichiara di essere sicuro che se le donne, nel momento di abortire, sapessero che stanno “uccidendo un essere con un cuore, dei nervi, del sangue...” non lo farebbero? Dovremmo pensare che GF vive nell’ignoranza del processo psicologico, culturale (ed anche medico!) che porta all’aborto? Forse GF ignora che le donne sono esseri senzienti? È evidente che in questo caso egli pratica la menzogna.
Ed un dubbio sulla coscienza femminile deve essergli venuto già in precedenza quando, per rendere più credibili le sue affermazioni, ha dichiarato che il suo scendere in campo è dovuto anche a dei motivi personali, avendo egli assistito alla scelta di abortire delle sue compagne del passato. E qui viene usato il metodo De Filippi: la confessione rende emotivamente credibile una falsità.
Certo, per chi pratica la malafede, si tratta proprio di mascherare una verità spiacevole o di presentare come verità un errore piacevole. La malafede ha dunque in apparenza la struttura della menzogna. Soltanto (e questo cambia tutto), nella malafede, è a me stesso che io maschero la verità.
Che GF, con la sua confessione, abbia dimostrato la sua malafede è evidente, perché ha spacciato come fosse anche una colpa femminile un’ esperienza che ha vissuto come uomo, spartendo quello che lui ORA ritiene un grave errore con le “sue” donne: senza tenere conto dei tanti aspetti (compresi il senso di colpa per il rapporto sessuale non più fertile – visto l’aborto – e l’invidia per il potere di far nascere e di non far nascere) che spingono un uomo a guardare senza comprensione l’aborto. Un pentimento tardivo, però finalizzato alla propaganda, rende omaggio alla menzogna. Che uomo complesso!
Se uniamo a questo il proposito, quasi comico, di mettersi a dieta dopo il lancio della campagna cosiddetta “Pro-Life”, rischiamo di sprofondare nel mare inconscio dell’opinionista! Arretriamo in tempo e prendiamo in considerazione invece, sempre a proposito di malafede, la sua ricerca di “pensiero forte”, ricerca che coinvolge la tematica del concepimento.

L’ab-uso di Mancuso. Ed il pensiero forte, o meglio... rigido

Perché diciamo interruzione volontaria di gravidanza e non omicidio?” Nell’editoriale del 24 gennaio di quest’anno GF ci pone questa domanda retorica, che presuppone, di nuovo, la sua ignoranza in malafede non solo della maggior parte dei testi scientifici di embriologia ma anche di tanta dottrina patristica (che, appunto, definisce l’aborto peccato mortale degno di scomunica ma non “omicidio”) e di tutto l’iter, storico, culturale e scientifico, che ha portato a normare in Italia l’interruzione volontaria di gravidanza con il compromesso della Legge 194.
Ma GF, che si dichiara ammiratore del Ratzinger che rispolvera l’esistenza del diavolo (non ha ancora avuto il tempo di leggerlo ma dice che lo farà), vuole semplicemente dirci che si è rotto di tutta questa gente che si giudica da sola, di questa mancanza di un principio altro, superiore, che giudichi con una prospettiva meno indulgente, più severa. “Nel tribunale in cui io mi accuso, mi assolvo” dice, accusando tutti noi “infedeli” di essere troppo indulgenti con noi stessi. Anzi, l’editoriale lo intitola proprio “Perché siamo indulgenti con noi stessi?”.
Anche in questo caso, viste le frequentazioni e le amicizie attuali di GF, non si capisce da dove gli arrivi questa sicurezza che i sistemi di giudizio “ultraterreni” o papali siano meno indulgenti. O forse si tratta di un accenno ai processi prescritti del Berlusconi e di tanti altri, da sempre beneficiari di eterna umana indulgenza. “Posso mentire in coscienza (e lavorare sul mio inconscio) perché sono l’unico giudice di me stesso” scrive il GF, alludendo forse ad una sua dimensione personale. Ma cosa c’entri questo coi sistemi etici laici e con l’aborto è difficile capirlo, a meno che non si voglia dire che tutti coloro che non si sottomettono al suo nuovo “pensiero forte”, che nicchiano ai suoi editoriali littoriali, siano una massa di imbecilli che fanno passare per vera ogni realtà comoda. E qual è questa verità che invece ci farebbe più onesti ed integerrimi? “Esplosivamente ratzingeriana”, “violentemente illuminante”, con un “impatto esplosivo sul dibattito di idee in cui le persone che non amano il nulla sono impegnate con amore e passione”? Non si tratta di un Trailer da Stallone, sono frasi dello stesso editoriale che omaggia più volte Ratzinger; in altri il GF userà la teologia “radical” di Vito Mancuso, l’autore de “L’anima e il suo destino” di cui ha contribuito al successo, per legittimare la sua neo-convinzione che l’aborto sia un vero e proprio omicidio:
L’embrione umano che tipo di anima ha? Essendo un essere vivente, è evidente che l’embrione ha l’anima. Non esiste nulla di vivo che non abbia l’anima, essendo l’anima esattamente ciò che dice la presenza della vita. L’embrione ha l’anima, è cioè animato (sic) ma si tratta del primo elementare livello dell’anima, l’anima vegetativa... Occorre precisare che non ci sono diverse anime, ma diversi stadi della medesima anima, della medesima energia che trascende l’espressione corporea... Ne viene che sopprimendo l’embrione o il feto, si sopprime una vita umana con tutta la sua potenzialità, non ci può essere il minimo dubbio al riguardo. È per questo che sia l’aborto sia la soppressione di embrioni umani precedentemente creati sono eticamente condannabili”.

La paura del Limbo

Di qui a vietare ogni forma di aborto e a costringere alla “maternità marziale” il passo non è breve ma possibile. Ciò che colpisce non è solo l’estrema sicurezza di Mancuso nel descrivere ipotesi di aristotelica memoria come fossero dati di fatto ma il modo sbrigativo con cui, senza soffermarsi sul significato della relazione col corpo femminile dell’embrione, decide come “eticamente condannabili” gli aborti. Ciò che colpisce inoltre è la completa non-considerazione della sofferenza femminile, e del fatto che l’embrione è parte del corpo femminile ed in relazione con esso, e che l’aborto significa per la donna la rinuncia ad una parte di sé, rinuncia legittima seppure fonte di sofferenza.
Il filosofo ci presenta una condanna etica generica, senza oltretutto chiarirci dove mai nel suo sistema teologico finiscano queste anime “vegetative” che avrebbero già tutto inscritto in sé. Questa inscrizione prelude ad un pensiero non “forte” ma solamente rigido, per il quale la vita è sempre una sveltina: è già tutto “in nuce”. Se fosse per questi uomini il parto avverrebbe in sei giorni come la Creazione.
Si crea così un territorio da Monopoli: un gioco di creazione di “anime”, già dal concepimento, al quale la donna, in quanto portatrice, deve assoggettarsi se non vuole cadere in scomunica. E si badi bene: anche Mancuso non dice “aborto eticamente condannabile secondo la nostra fede” ma “eticamente condannabile” e basta. Per un teologo chi si fa fare la prefazione alla sua “opera omnia” dal moderno Cardinal Martini ci sembra un po’ pochino.
Come non credenti investighiamo, leggiamo, ci facciamo domande sulla teologia di questi signori, per cercare di capire cosa gli passa in testa, come influenzeranno il pensiero cattolico attuale, ma troviamo solo mancanze, e confusioni tra genetica e Genesi.
Anche il pensiero di Mancuso manca.
Manca di logica, e dell’attenzione alla soggettività ed al pensiero femminile. Come tutte le creazioni cosmogoniche di maschi troppo concentrati su di sé, manca della considerazione della sofferenza da più punti di vista. Ed è pieno della paura del vuoto e della passività, di quel Limbo recentemente cancellato dall’immaginario con un colpo di spugna dal Vaticano (4) ma in cui tutti hanno paura di ricadere. Si tratta di un ventre dal quale non si esce più, nel quale si vive incoscienti, simile all’al di là di alcuni miti pagani. Un scivoloso luogo nel quale un tempo secondo (e forse tutt’ora per il neo Papa boy GF) finivano le anime incompiute di non-nati, questi oggetti da tutelare e da confiscare che assumono sempre e comunque le fattezze di bambini anche quando sono cellule oscillanti, parte integrante del corpo della madre.
È lei, la colpevole, colei che ha il potere di non far nascere. Quella che addirittura si permette di pretendere dal suo partner l’uso del preservativo senza sobbarcarsi precauzioni da se stessa. Quella che osa sentire quell’ovulo fecondato parte di sé e addirittura a volte decide di espellerlo, facendo uso della conoscenza scientifica che gli permette di sapere quando può farlo senza rischiare la vita. Abortendo cioè, se costretta a questa decisione, entro le prime 12 settimane, o decidendo di non far nascere un feto malformato.
Siamo noi donne, quelle che si permettono di rifiutarsi di essere considerate un utero che contiene un prodotto già finito di proprietà statale, e che osano pensare che la propria vita abbia la priorità rispetto ad una vita ancora non formata, quelle che cercano di evitare di morire di parto per soddisfare l’ansia di un ginecologo di dichiararsi creatore di vita, o in attesa di un feto da rianimare. (5)

Otto e mezzo, quasi nove: il concepito come idea

È così che la nota trasmissione del Nemico della vita autonoma delle donne, si chiama “Otto e mezzo”, e non nove. Forse, se si fosse chiamata “Nove”, i concetti sarebbero stati più chiari, più definiti.
Ferrara dichiara di non credere nell’esistenza di Dio ma di voler vivere “come se Dio esistesse”. Ci rifrigge l’adagio alla Dostoevskij: “se Dio non esiste, allora tutto è permesso”, ma sta proprio nella sua malafede (il presentarsi come vera una piacevole falsità), in questo voler credere a qualcosa in cui non crede, che si svela la natura tutta umana, e storica, della costruzione etica che vuole rivenderci. In un delirio ipertrofico si ripresenta la verace umanità dell’homunculus, con le sue certezze “divine” che non sono altro che ignoranza dell’Altra. Giova ricordare una vera credente, Simone Weil, che raccomandava invece di vivere nel mondo come atei, senza giustificarsi col divino, facendo piccoli passi verso la conoscenza e facendo bene attenzione a non ingozzarsi di desideri illimitati, i quali mai possono contenere il “divino”.
Diciamolo, la vita nella retorica ecclesiale anche di un papa così apparentemente inossidabile come Ratzinger appare ambigua, fluttuante tra la dichiarata intenzione di vivere nel mondo e la “verità divina” di una natura umana che egli vorrebbe ferma alla Preistoria, con i suoi Adamo ed Eva. Ci dice che desidera “una rinnovata ricerca antropologica che, sulla base della grande tradizione cristiana, incorpori i nuovi progressi della scienza e il dato delle odierne sensibilità culturali” ma poi ci mette in guardia dicendo che le differenze sessuali e la “radicata e profonda diversità tra il maschile e il femminile” non sono costruzioni culturali ma sono “iscritte nella natura umana”. (6)
Anche questo ritorno alla difesa del concepito come “idea”, che si basa più che altro sulle suggestioni della genetica, che ha descritto il dna delle cellule fecondate, non è un ridicolo passatempo di chi vuole attingere dalla scienza solo ciò che gli sta comodo, o, di nuovo parafrasando Sartre, di presentare come verità un piacevole errore di interpretazione delle scoperte scientifiche contemporanee?
Splendore strutturale di teoremi incompiuti, di scatole luccicanti e vuote, giocattolo di persone che “convivono” con l’umanità ma non la vivono (7): come quello presentato in occasione della tentata visita all’università La Sapienza da Ratzinger, con la sua retorica sulla scienza ammaestrata dalla fede, non è sempre solo un gridare al lupo, presentando aspetti da dott. Frankestein in una scienza che in realtà è mostruosa solo quando è asservita a chi domina culturalmente ed economicamente la società, papato in primis?
Che Ratzinger si diverta a tirar fuori questo o quel vestito dall’armadio, a seconda di come vuole celebrare il suo Magistero, che sia Raso penitenziale per le troppe libertà edonistiche del clero od un nuovo anello con stretch per evitare cadute del gioiello in caso di messe pre-Riforma, può essere divertente. Ma quando i mass media televisivi grondano degli attacchi alla libertà femminile dei suoi nuovi devoti, il divertimento cessa.
Per smettere di divertirsi basta citare un recente articolo di The Lancet (8) sull’aborto nel mondo, che dà conto della grande incidenza di aborti nei paesi dove è radicata una cultura religiosa conservatrice: in Europa occidentale il tasso medio è di 12 aborti ogni mille donne, mentre negli Stati Uniti è di 23, in America centrale di 25, in Sudamerica di 33. Nell’ex Unione sovietica, dove non c’era alcuna possibilità di usare contraccettivi, di 44 su mille. Anche se la media generale di aborti nel mondo è scesa da 35 a 29 per mille tra 1993 e 2003, grazie alla cultura della contraccezione, ricordiamo che esistono ancora molti paesi dove l’aborto clandestino è normale. A causa di questo l’Oms calcola che muoiano nel mondo circa 70mila donne all’anno, e che vi siano gravi problemi di salute e complicazioni per 5 milioni di donne all’anno.
Ricordiamo a GF ed al cardinal Ruini (9) cosa fanno le donne, in ogni caso, per non portare avanti una gravidanza che non vogliono “Tra i metodi usati ci sono l’ingestione di trementina o candeggina, l’inserimento di bastoncini o grucce per abiti nell’utero e le percosse all’addome, che spesso causano la rottura dell’utero e la morte della donna”.
Che a questa donne si voglia proporre una gravidanza “protetta” dal Movimento per la vita non ci sembra una soluzione! La soluzione può solo essere far uscire dalla clandestinità l’aborto e diffondere una cultura della responsabilità sessuale e della contraccezione. Queste due scelte vanno di pari passo, perché implicano entrambe il rispetto della capacità di scelta femminile, dell’esperienza volontaria della maternità, e del corpo femminile, che né Ferrara nè Ruini possono insegnarci.
Come se si trattasse del “potere della vita” che si ribella: “La vita diventa resistenza al potere quando il potere prende per oggetto la vita” scrive Gilles Deleuze (10) e aggiunge, discutendo di Foucault, che queste due operazioni appartengono al medesimo orizzonte (“lo si vede bene nella questione dell’aborto, quando i poteri più reazionari invocano un diritto alla vita”), quando cioè il potere diventa bio-potere, la resistenza a questa o quella strategia costrittiva diventa potere vitale.
Il “potere della vita” deve diventare attivo, propositivo, solo così non saremo più costrette a difenderci, a giustificarci, ma riacquisteremo la sovranità sul nostro corpo, senza dover ribadire all’infinito sulla legittimità dell’aborto, come fosse una legittimità simbolica che ci salva da tutta una catena di altre simboliche (e mortifere) schiavitù. Quindi parliamo noi del movimento della vita.

Francesca Palazzi Arduini

Note

  1. Chiara Valentini, sul suo blog, si è chiesta ironicamente cosa potesse significare il termine “moratoria” proposto da GF: “...Provo a immaginare qualche soluzione possibile: chiudere per 6 mesi i reparti dell’interruzione di gravidanza in tutta Italia, o a scelta in un paio di regioni campione per vedere cosa succede. Mandare in vacanza con turni accelerati i ginecologi non obiettori del servizio pubblico (e lì ce la caveremmo abbastanza in fretta dato che il 60, dico sessanta per cento, hanno già esercitato per conto loro l’obiezione di coscienza...). Oppure cancellare per decreto i già malconci consultori che qualche aiuto indiretto potrebbero darlo, o magari istituire un albo della vergogna da affiggere in tutti i comuni, con i nomi delle donne che hanno abortito nel corso del mese. ... In un simile scenario a me resta abbastanza difficile capire perché Walter Veltroni abbia acconsentito a discutere con GF. “La 194 ha dato ottima prova ma potrebbe andare ancor meglio” ha replicato il leader del Pd alle critiche che gli venivano da fuori e da dentro al suo partito. Perfettamente d’accordo. Ma in questo caso gli esperti con cui confrontarsi non stanno nella direzione del Foglio. (...)” E continua citando i ginecologi non obiettori che da decenni seguono le donne in IVG, e il medico animatore del sito pilloladelgiornodopo.it (http://valentini.blogautore.espresso.repubblica.it).
  2. Basti vedere i nomi raccattati per la lista “Pro-life”, la lista con un unico obiettivo politico, cancellare la L.194, ma che in realtà è tutta un programma: il direttore della rivista Tempi, Amicone, dirigente ciellino, la presidente del Movimento per la vita, le attiviste del movimento stesso, il laico ebraico pentito Guido Guastalla, anti islamista, il teorico della “presenza paterna” Claudio Risè, ...così come i firmatari della lettera al segretario generale dell’Onu sulla moratoria, sulla quale spicca il nome di René Girard, convertitosi al cattolicesimo dopo un tumore, ora devoto ratzingeriano ed ormai preso ad ispirazione dai “turbocapitalisti” del Cristianismo, a Lucetta Scaraffia, moglie di Ernesto Galli della Loggia.
  3. Su questo punto occorre precisare che la Chiesa cattolica considera che “l’embrione, poiché fin dal concepimento deve essere trattato come persona, deve essere difeso nella sua integrità” (Catechismo 2274) ma, oltre a quel “come”, non precisa la teoria dell’infusione dell’anima. Più chiarezza la troviamo invece nella teoria sulla nascita di Cristo, del quale, visto l’intervento dello Spirito Santo, si precisa invece che questo è su di lui fin dal concepimento (Catechismo 536).
  4. 3 maggio 2007: un documento della Commissione teologica internazionale, “La speranza di salvezza per i bimbi che muoiono senza essere battezzati” abolisce il Limbo, luogo dove i bimbi non battezzati vivevano “per l’eternità senza comunione con Dio”.
  5. “Raccomandazioni per le cure perinatali nelle età gestazionali estremamente basse (22-25 settimane)”, questo il titolo del documento del gruppo di esperti riuniti dalla ministro Livia Turco e diffuso il 4 febbraio 2008. Immediatamente un gruppo di medici ginecologi romani diffonde un documento nel quale si dichiara disposto a rianimare contro il parere dei genitori un feto proveniente da aborto terapeutico. Se il documento del ministero raccomanda che “tra 22 settimane e 22 settimane e 6 giorni al neonato devono essere offerte solo le cure compassionevoli, salvo in qui casi, del tutto eccezionali, che mostrassero capacità vitali”, e si raccomanda che tali scelte debbono essere condivise coi genitori, il gruppo di medici ginecologi romani si arroga invece il diritto di decidere, in ovvia contrapposizione e polemica. Capiamo bene dove finisce la libertà di scelta dei paladini della “libertà” anche in questi casi: nel potere della classe medica e dello Stato (finanche con l’intervento della Polizia) sui corpi delle donne.
  6. Discorso di Benedetto XVI ai partecipanti al convegno “Donna e uomo”, Città del Vaticano, 10 febbraio 2008.
  7. “l’umanità con la quale convivo da quando sono nato”, GF, editoriale 24 gennaio 2008.
  8. Induced abortion: estimated rates and trends worldwide, The Lancet ottobre 2007.
  9. Il cardinal Ruini, gennaio 2008: “...il bambino in seno (sic) alla madre è davvero un essere umano”, dichiara auspicando una più restrittiva applicazione della L. 194 e la rianimazione dei feti malformati “il progresso scientifico ha fatto fare grandi passi in avanti alla sopravvivenza dei bambini prematuri”.
  10. La citazione di Deleuze è tratta da “Il terzo incluso. Filosofia della differenza e rovesciamento del platonismo” di Monia Andreani, Editori Riuniti, Roma, 2007. L’opera di Deleuze è “Foucault”, Feltrinelli, Milano, 1987.