rivista anarchica
anno 38 n. 336
giugno 2008


morti bianche/1

Tra sicurezza e lavoro
di Cosimo Scarinzi

 

Un convegno non rituale su una questione centrale per la condizione delle lavoratrici e dei lavoratori.

 

Il convegno “In bilico tra sicurezza e lavoro” svoltosi a Torino il 23 febbraio 2008 ed organizzato unitariamente dai sindacati di base del Piemonte (1) e che è stato seguito da centinaia di lavoratori e di decine di relatori, prendeva le mosse dalla tragedia della TyssenKrupp (2) ma si proponeva, e verificheremo nel tempo se ci siamo riusciti, di andare oltre il pur inevitabile momento dei coinvolgimento emotivo.

Si è tentato, nel convegno, di cogliere appieno il legame che c’è, come recita il manifesto di convocazione, fra sicurezza, salute, salario e stabilità nei luoghi di lavoro e, in ultima istanza, fra la nostra condizione di vita e di lavoro e la forza, l’organizzazione, l’indipendenza e l’identità stessa del movimento sindacale.
Per evidenti motivi, la discussione è partita dal salario. Che i salari siano bassi, infatti, è un luogo comune. Per tutti gli “amici dei lavoratori”, però, i salari possono crescere solo come variabile dipendente dalla produttività delle aziende e in un meccanismo di scambio con la riduzione della pressione fiscale, riduzione che, nell’attuale modello sociale e se guardiamo alle loro scelte di fondo, comporta un inevitabile taglio dei servizi pubblici.
In concreto, propongono più salario diretto, ammesso vi sia, a fronte di dilatazione del tempo di lavoro, flessibilità, taglio degli investimenti nella sanità pubblica, nella formazione, nei servizi e di minori risorse per garantire le pensioni.


Mai avrei creduto, se me lo avessero detto 30 anni fa, che il papa e vari cardinali, il presidente della repubblica e, da ultimo, anche lo stato maggiore della confindustria si sarebbero pronunciati pubblicamente e con tanta frequenza in difesa delle condizioni materiali dei lavoratori dipendenti, della loro integrità fisica, dei loro redditi, con toni compassionevoli, accorati, che un po’ ricordano i toni delle dame di San Vincenzo che erano tanto “attaccate” ai “loro” poveri. Così attaccate da avere cura di conservarli nella povertà nei secoli.
La prima sensazione, quella di trovarsi di fronte ad una “invasione di campo” è sbagliata. Il vuoto di iniziativa politica e sindacale su questi temi è talmente grande che chiunque può avere la tentazione di colmarlo.


Dalla relazione “Infortuni e malattie professionali. I processi che si fanno e quelli che non si fanno” di Sergio Bonetto, avvocato del lavoro

Questo senza tener conto delle concessioni al padronato in termini di straordinario.
Come possa esservi sicurezza sui luoghi di lavoro quando l’orario di lavoro si allunga, quando le strutture preposte al controllo vengono ridimensionate è assolutamente difficile da comprendersi o, meglio, lo sarebbe se credessimo nella buona fede di costoro.
Sul terreno del salario, dunque, in molti interventi è emersa con forza la rivendicazione di forti aumenti salariali in paga base e il rifiuto della scambio fra salario da una parte e straordinario e flessibilità dall’altra.
Dal punto di vista della nostra classe, per di più, la rivendicazione di una riduzione del tempo di lavoro è nella maturità dei tempi e corrisponde alla necessità di recuperare al lavoro salariato una quota della ricchezza sociale sottrattaci da profitti e rendite.
È altrettanto evidente che la precarizzazione dei rapporti di lavoro, la crescita di quote di lavoro deregolamentato, il dilatarsi dell’apprendistato (3), indebolendo la forza dell’assieme dei lavoratori pongono le condizioni per il pieno dispiegarsi del dispotismo padronale che, utilizzando senza limiti, le esternalizzazioni, il decentramento produttivo, i subappalti, può sottrarsi ad ogni controllo esterno ed all’azione sindacale all’interno stesso delle aziende. Questo mentre quote crescenti di servizi pubblici sono privatizzate ed affidate ad un mercato peraltro controllato da lobby legate a partiti e sindacati concertativi oltre che al padronato.
La pressione padronale per spezzare l’unità della classe e la subalternità politica e culturale dei sindacati concertativi a questo progetto, inoltre, favoriscono la chiusura aziendalistica nell’azione sindacale (4), accordi che tagliano fuori i segmenti più deboli della classe, una vera e propria deriva corporativa alla quale dobbiamo opporci con forza.


La pericolosità del lavoro è un fenomeno direttamente proporzionale alla debolezza della classe lavoratrice e al peggioramento delle sue condizioni di esistenza. Sappiamo come si lavora nelle fabbriche, nei porti e nei cantieri in Italia soprattutto nelle aziende con meno di 15 dipendenti, dove il lavoro nero dilaga. Sappiamo benissimo come, sfruttando lo spettro della disoccupazione o anche solo la necessità di racimolare con lo straordinario quei soldi che mancano per arrivare a fine mese, i datori di lavoro – per i quali le norme di sicurezza appaiono vincoli intollerabili, rallentamenti nell’attività produttiva – costringono gli operai a lavorare senza rispettare tali norme e ad accettare l’aumento dei ritmi di lavoro. Si lavora normalmente una, due o più ore rispetto all’orario normale, in condizioni ambientali spesso pessime esponendosi inevitabilmente al rischio che deriva dalla stanchezza....devono salire sul bando degli imputati tutti gli accordi che vogliono riprodurre lo scambio ineguale e rinnovano al rialzo il ricatto che per avere qualche soldo in più bisogna aumentare i giorni di lavoro, lo sfruttamento e la dipendenza dell’operaio dalla fabbrica; e l’ultimo rinnovo del contratto metalmeccanico è purtroppo non solo un esempio ma un pericoloso passo sulla strada della modifica generalizzata degli orari e della flessibilità a senso unico, del sabato lavorativo strutturale a partire dalle fabbriche del Gruppo Fiat per affermarlo poi dappertutto.


Dalla relazione “Produzione e orari in aumento, sicurezza in calo e autodafé” di Vincenzo Caliendo RSU Cobas Fiat Mirafiori Lastratura e Simone Lo Greco RSU Cobas Mirafiori Montaggio

Su questo terreno il sindacalismo di base in questi anni ha condotto lotte importanti, pensiamo solo alla May Day che ha posto al centro la questione generale del precariato, agli scioperi dei precari, alle lotte e manifestazioni contro la privatizzazione dei servizi sociali e la mercificazione dei beni naturali indisponibili che abbiamo organizzato, a mille vertenze locali, aziendali e categoriali.
In questo convegno è stata portata, d’altro canto, l’esperienza che abbiamo fatto nella lotta della Valle di Susa contro il TAV, quella degli scioperi autorganizzati dei ferrovieri dopo la strage di Crevalcore, le vertenze contro il Petrolchimico di Marghera e le lotte popolari di Scanzano e delle popolazioni campane contro le discariche e gli inceneritori, per citare solo alcuni esempi.
Queste lotte hanno affermato una visione generale dell’indipendenza degli interessi dei lavoratori e delle popolazioni contro la logica del profitto e gli interessi delle élites politico affaristiche.
Questo convegno, insomma, si è proposto di trattare, nel senso più alto del termine, di politica, della politica dal punto di vista dei lavoratori.
Per proseguire su questa strada in maniera adeguata vanno, a mio avviso, perseguiti alcuni precisi obiettivi:

  1. organizzare e socializzare conoscenza nel merito dell’organizzazione del lavoro, della legislazione, delle strutture di controllo. La scommessa che facciamo è che sia possibile, oltre che necessario, un rapporto stabile fra settori del mondo scientifico, tecnico, giuridico e organizzazioni dei lavoratori, uno scambio fra conoscenza diretta e competenze professionali;
  2. sviluppare una rete di delegati, militanti, lavoratori nelle aziende pubbliche e private e sul territorio per affrontare unitariamente la questione della salute e della sicurezza. Se abbiamo dalla nostra la forza della ragione, dobbiamo dotarci delle ragioni della forza.
  3. Dar vita ad una struttura stabile ed unitaria di valutazione, monitoraggio, informazione su problemi della salute e della sicurezza (5).

Quanto proponiamo rimanda alla necessità che sia possibile ai lavoratori decidere nel merito delle piattaforme, degli accordi, dei delegati senza i vincoli oggi imposti da una legislazione sindacale illiberale e volta a garantire il monopolio dei diritti ai sindacati concertativi.
I nostri avversari hanno risorse immense e un’indecente capacità di manipolazione della realtà, dalla nostra vi è la consapevolezza che ci battiamo per un obiettivo che merita ogni sforzo e che sta a cuore a milioni di uomini e di donne.

Cosimo Scarinzi

Note

  1. Nello specifico da Confederazione Cobas, Confederazione Unitaria di Base e Sindacato dei Lavoratori Intercategoriale,
  2. Quella della TyssenKrupp, infatti, è una tragedia che ha posto il movimento dei lavoratori nel suo assieme di fronte alla propria debolezza sul terreno, e non è il solo, della difesa della salute e della sicurezza nei posti di lavoro e nel territorio e che non tollera l’oscena esibizione di buoni sentimenti da parte di coloro che sono, direttamente od indirettamente, responsabili dell’attuale situazione dei lavoratori e delle lavoratrici.
    Ogni giorno, infatti, vediamo morti, mutilati, feriti in incidenti sul lavoro, ogni giorno verifichiamo come le malattie derivanti dall’ambiente di lavoro distruggono vite, salute, diritti.
  3. Guardiamo, ad esempio, al recente contratto dei metalmeccanici. Per quanto riguarda il riassorbimento del precariato, i sindacati concertativi hanno ottenuto un tetto di 44 mesi all’utilizzo dello stesso precario con la stessa mansione e nella stessa azienda, in pratica le aziende hanno a disposizione un periodo di prova di quasi quattro anni.
  4. Ci riferiamo, con ogni evidenza, ai sindacati concertativi nella consapevolezza che oggi hanno la forza di imporre alla classe le loro scelte mentre non l’hanno, o non l’utilizzano, per contrastare in maniera adeguata le politiche padronali e governative.
  5. Il fatto che il convegno sia stato deciso unitariamente dal sindacalismo di base presente nella nostra regione è, di per sé, un fatto positivo da apprezzare. Dobbiamo andare oltre e definire un percorso di lotta, di organizzazione, di iniziative sul medio lungo periodo a livello regionale e nazionale.