rivista anarchica
anno 38 n. 338
ottobre 2008


Trentasette
anni fa


 

a cura della redazione

 

 

Il settimo numero di “A” (datato “ottobre 1971”) inaugura la lunga serie di volantoni (o dossier) contenuti nelle pagine centrali di “A” e stampati anche a sé stanti in migliaia di copie per dotare i compagni e il movimento anarchico di uno strumento di propaganda (o di contro-informazione, in questo caso): Valpreda è innocente, liberiamo Valpreda ne è il titolo. Sempre in tema di strage di stato e dintorni è l’articolo di E.M. (Enrico Maltini) sull’Azzeccagarbugli, cioè sull’avvocato Lener difensore del commissario Luigi Calabresi nelle vicende giudiziarie legate al volo di Giuseppe Pinelli nella Questura milanese nella notte tra il 15 e il 16 dicembre 1969.
Altri temi affrontati nel numero: resoconto del secondo congresso dell’Internazionale delle Federazioni Anarchiche (IFA) a Parigi; la rivoluzione sessuale e Wilhelm Reich; la vicenda giudiziaria (con evasione dal carcere) dell’anarchico Rocco Palamara in Calabria; la crisi del dollaro; Mao e Nixon; l’intervento anarchico alla Fabbrica Macchine Sant’Andrea di Trieste; la mancata occupazione della SAMPAS a Milano; ipotesi per l’anarcosindacalismo e numerose cronache sovversive, tra le quali ci piace segnalare la lettera che segnala l’uscita dei comunisti libertari di Forlì da Lotta Continua, con dure e motivate critiche e la dichiarata intenzione di formare “un nuovo gruppo politico libertario”. La firma è collettiva ma noi sappiamo che tra quei “fuorusciti” c’era anche Andrea Papi, storico (e attuale) collaboratore della nostra rivista.
Questa volta soffermiamo la nostra attenzione sull’editoriale (o meglio, com’è scritto, “quasi” un editoriale) perché è il primo che appare dall’inizio di “A”. Lo riteniamo talmente interessante, sia per fotografare lo “stato” della rivista allora sia per confrontarlo con la situazione attuale – 37 anni dopo, appunto – che per una volta facciamo sforare questa rubrica dalla sua consueta paginetta e gliene dedichiamo due.

Quasi un editoriale

Dopo i primi 6 numeri di A, sperimentali sotto ogni aspetto (per il contenuto, per la presentazione grafica, per la organizzazione distributiva...), è il momento di fare un primo bilancio ed è forse anche il momento di presentarci ai lettori. Tradizionalmente avremmo dovuto presentarci prima, certo, all'uscita della rivista. Abbiamo invece preferito che A si presentasse da sé nella scelta dei temi, nel taglio degli articoli, nel gusto grafico... Anche perché la rivista era in realtà ancora tutta «da fare». Solo le scelte di fondo erano state fatte, tutto il resto era ancora da decidere o da imparare.
Eravamo e siamo dei «dilettanti», che lavorano gratuitamente alla rivista e che hanno dovuto apprendere un po’ di «mestiere»: da come si scrive un articolo a come si distribuisce un periodico.
Le scelte di fondo erano state fatte. Avevamo deciso di fare uscire un periodico che si ponesse a mezza strada fra la rivista teorica e il foglio di lotta; che non fosse portavoce di una organizzazione anarchica specifica, di un gruppo, di una federazione; che non fosse strumento di militanza politica in senso stretto, che non limitasse dunque la scelta dei temi agli scioperi operai ed alle agitazioni studentesche ma l'allargasse il più possibile a tutti i campi dell'umano, cioè della lotta rivoluzionaria che per noi anarchici è non solo politica, ma economica, culturale, sessuale, ecc. (1).
Volevamo fare una rivista che si rivolgesse a tutti quei simpatizzanti e curiosi dell'anarchismo, per lo più giovani, per lo più studenti (purtroppo o per fortuna a seconda dei punti di vista) che il risveglio delle lotte e dell'interesse politico ha portato con sé negli ultimi due o tre anni, quando ormai l'anarchismo pareva morto come teoria rivoluzionaria e come pratica antiautoritaria in un grigio mondo rassegnato e gerarchizzato.
La scelta della «clientela» è stata in definitiva la scelta basilare, da cui sono logicamente derivate le altre. Così la scelta di una «terza via» tra il foglio di lotta e la rivista teorica non significava, nel nostro caso, presuntuosa ricerca del la sintesi ideale tra la teoria e la prassi, ma, più modestamente, tentativo di dare interesse «giornalistico» al pensiero anarchico, esposto un poco per volta in forma semplificata (non semplicistica) e possibilmente legato a motivi d'attualità (fatti, cose, persone), oppure ancor più indirettamente esposto come scelta delle notizie esemplari o come metodo di loro analisi. Così la scelta di uno stile agile, I'impegno grafico, un certo «distacco» dai fatti interni del movimento anarchico erano tutte scelte derivate dalla prima scelta.
Così anche la scelta del linguaggio ha voluto seguire una «terza via»: un linguaggio non eccessivamente «popolare», semplificato (ridotto perciò nelle limitate possibilità espressive a comunicare poco più che luoghi comuni e slogan), né colto, da élite. Soprattutto, dei due estremi, abbiamo voluto evitare, da un lato il falso linguaggio «proletario» di una parte della sinistra extraparlamentare (una parodia di parlata popolare con un po’ di turpiloquio che si vorrebbe proletario e che è in realtà studentesco) e d'altro canto abbiamo cercato di evitare lo stile e la terminologia da «addetti ai lavori» che sono propri di un'altra grossa fetta della sinistra extraparlamentare.

Queste erano le nostre scelte. Non spetta naturalmente a noi dire di essere riusciti a trarne dei risultati appieno coerenti. Certo A è oscillata talora (spesso?) disarmonicamente tra i due estremi tra i quali volevamo porci. Nel complesso però il bilancio è, crediamo senza presunzione, sostanzialmente positivo. Il ritmo delle vendite s’è mantenuto costante sulle 7-8000 copie (di 10.000 stampate), nonostante gli ancora rudimentali canali di distribuzione. Considerando che, verosimilmente, queste 7-8.000 copie sono lette da 15-20.000 persone di cui secondo una stima approssimativa (2), non più del 10% sono anarchici militanti e che i lettori sembrano essere in maggioranza studenti, ma anche operai, artigiani, impiegati, casalinghe, insegnanti... possiamo ritenere di avere raggiunto in pochi mesi di vita risultati abbastanza soddisfacenti.
Naturalmente dobbiamo chiudere questo bilancio semestrale con la doverosa nota di modestia. C’è ancora molto da fare (per i redattori, per i corrispondenti, per i diffusori), perché la rivista risponda appieno al suo compito, perché sia più bella, più interessante, più legata alle lotte, più completa, più tempestiva, più letta dagli operai, più solida finanziariamente più altre cose.... Ne riparleremo alla prossima assemblea straordinaria cui sono invitati non solo i collaboratori ma anche i lettori interessati alla vita della rivista.

Note

  1. Una lotta per la libertà e per l'uguaglianza (cioè per il Socialismo con la esse maiuscola) che si estende in cento direzioni contro tutte le forme di autorità, di sfruttamento, di ingiustizia, di violenza, di disuguaglianza, di menzogna. In questa scelta (che, lo sappiamo, ci viene rinfacciata come “tardo-illuminismo”, come “umanitarismo piccolo-borghese”, ecc. dagli operaisti, i quali non sono mai operai, ma per lo piú studentelli piccoli borghesi e grandi presuntuosi) ci ricolleghiamo al filone tradizionale dell’anarchismo, che non è né individualismo né sindacalismo né comunismo ma un po’ di tutto questo ed altro ancora.
  2. Questi dati sono ripresi dall’assemblea straordinaria di A tenutasi a Milano il 4 e 5 settembre cui hanno partecipato una trentina di collaboratori di diverse città d’Italia.