rivista anarchica
anno 41 n. 360
marzo 2011


Francia

Gli scontri di Lione: una rivolta particolare?
di Jean-Baptiste Cutzach

Lo scorso ottobre grosse ondate di lotta hanno scosso la Francia. Particolare risalto hanno avuto a Lione, da dove un militante anarcosindacalista ci ha inviato queste sue note.

 

«Guardate l’Italia, la Spagna, la Germania... Mi dispiace, la Francia non è un’isola...»

Jean-François Copé
(Presidente del gruppo parlamentare dell’UMP, Unione per un movimento popolare, partito di governo)
a proposito della riforma delle pensioni, 7 settembre 2010

Una rabbia sorda 2007-2010

Dall’elezione di Nicolas Sarkozy, grandi manifestazioni hanno ritmato con regolarità (milioni di persone in tutta la Francia) la vita politica e sociale francese. Più o meno ogni due mesi il rituale si ripete: i dipendenti pubblici si mobilitano massicciamente per scendere in piazza contro le diverse riforme francesi (giustizia, educazione, lavoro sociale, sanità, funzionari territoriali, precari). Queste manifestazioni sono costantemente ignorate, si parla di malcontento dei dipendenti pubblici e si minimizza il reale segno di rivolta. «Ormai, quando c’è uno sciopero in Francia, nessuno se ne accorge» ironizzava Sarkozy nel giugno 2008.
Le cose si sarebbero fermate qui se questo malcontento non si fosse trasformato in un’esplosione di rabbia e in scene di violenza che hanno devastato il centro città di Lione durante una settimana, alla fine di Ottobre 2010.

La scintilla: la riforma delle pensioni

Per comprendere questi avvenimenti dobbiamo fare un passo indietro, a proposito dell’impegno nel settore pubblico, dei lavoratori a tempo indeterminato come dei precari. Dal 2007 i dipendenti pubblici soprattutto gli insegnanti, si sono regolarmente battuti contro le politiche di rigore come quelle che prevedevano la riduzione dei posti nella funzione pubblica.
Dal 12 ottobre 2010, nuovi settori entrano nella battaglia contro la riforma del sistema pensionistico par repartition. Così per dieci giorni, funzionari, ferrovieri, autotrasportatori, lavoratori delle raffinerie di petrolio sono fianco a fianco in piazza. L’unità sindacale è dichiarata e reclama il ritiro del progetto di legge.
I manifestanti hanno il potenziale per bloccare il paese. I settori chiave sono bloccati (raffinerie, trasporti), il movimento è massiccio (3 milioni di manifestanti il 12 ottobre) e l’opinione pubblica è per la gran parte contro la riforma (71% dei francesi sostiene le manifestazioni, sondaggio CSA del 6 ottobre).

Lione, 19 ottobre 2010 – Due momenti della manifestazione popolare (foto Laurent Combe, www.laurentcombe.com)

La parte dei giovani: la rabbia

Il 7 ottobre, chiamati dai sindacati e dai partiti politici di sinistra, gli studenti medi superiori scendono massicciamente in piazza. Le manifestazioni si fanno più rumorose, più inquiete. In poco tempo le tensioni con le forze dell’ordine si fanno sentire. La polizia, che fino ad allora si era accontentata di controllare a distanza (visto che nonostante la rabbia il movimento era istituzionale e strutturato), procede a delle intrusioni nei cortei e a degli arresti. Ovunque in Francia, il movimento diventa più agguerrito; in alcune città si verificano scontri tra i «giovani», i «casseurs», e le forze dell’ordine.
Si potrebbe essere tentati dalla faciloneria e proporre uno schema semplicistico che spieghi questi scontri con la presenza dei giovani delle periferie e dell’immigrazione (che sono già accusati dai media di essere responsabili dell’insicurezza, dell’islamizzazione, degli stupri e della perdita dei valori della società francese).
Eppure il caso della città di Lione mostra che la realtà è ben più complessa.
A differenza di Parigi, dove le tensioni erano nelle periferie, a Lione è il centro città a incendiarsi. Gli arresti in direttissima rivelano che il profilo tipo degli «insorti» etichettati come «casseurs» erano eterogenei (e non rientravano nella definizione «giovani dell’immigrazione e delle periferie»). Spesso questi giovani non erano originari delle periferie, non avevano precedenti penali e erano scolarizzati.
Certo, alcuni tradizionali «delinquenti noti alle forze dell’ordine» erano della partita. Tuttavia, la violenza scoppiata (incendi dell’arredo urbano, macchine bruciate, sassaiole sulle forze dell’ordine, saccheggio delle vetrine) è stato solo in parte il frutto di alcuni che hanno approfittato dell’agitazione. Questa spesso cominciava nella mattinata quando gli studenti medi superiori si riunivano. Alcuni esprimevano molto fermamente una volontà di scontro con le forze dell’ordine.
Ma se gli studenti medi superiori dei licei si ritrovavano in genere nei cortei, gli studenti delle scuole professionali erano sparpagliati. In effetti da diverse parti li si sentiva urlare contro la riforma che faceva passare il diploma professionale da 3 a 4 anni, mettendoli così alla mercé di un patronato affamato di mano d’opera non qualificata. Il solo tratto comune tra tutti gli insorti è stato forse quello di essere i più preoccupati (a ragione) della distruzione del sistema sociale e dell’esclusione.
A questo va aggiunta una specificità francese sulla giustizia e sulla scuola. I minorenni sono responsabili penalmente a 13 anni, ma l’obbligo scolastico arriva ai 16 anni. La delinquenza giovanile è stata prevista ma non un progetto di inserimento dei giovani e neppure il loro progetto nella società...
A Lione, la gestione poliziesca di queste violenze ha mostrato la preparazione e l’allenamento delle forze dell’ordine. Non c’è stata una sola sbavatura durante le tensioni più forti. La polizia non replicava alle sassaiole, ma un elicottero era onnipresente a segnalare ogni spostamento della folla, le videocamere della città sono state utilizzate e si è ricorso al GINP (gruppo di intervento della polizia nazionale). Di solito questo interviene solo quando ci sono degli ostaggi.
Il messaggio subliminale dato dalla polizia era dunque chiaro, bisognava liberare gli ostaggi. Ma questi ostaggi, chi erano? Gli abitanti del centro spaventati dalle scene di guerra? I manifestanti istituzionali che sfilavano pacificamente lungo un percorso definito? I francesi che reclamavano in massa il ritiro della riforma?
Su questa ambiguità, la polizia e il governo sono già riusciti ad isolare da un movimento di massa la sua parte radicale. L’estrema destra lionese si rallegrava manifestando contro «la racaille» (la canaglia) e i “casseurs” ma senza esprimersi sul movimento delle pensioni...

La riforma delle pensioni, una questione accessoria?

La maggior parte dei politici dell’ UMP al governo hanno ridicolizzato gli studenti, accusandoli di essere manipolati, con il rinforzo di interviste decontestualizzate. Eppure, la rabbia espressa dagli studenti medi superiori, la stanchezza dei lavoratori del pubblico in sciopero, la determinazione dei ferrovieri e dei lavoratori della petrolchimica sono stati proiettati nello stesso senso, cioè di mettere per un istante il governo in scacco, di essere il granello di sabbia che blocca la macchina. Ma è bastato separare «l’istituzione dei manifestanti» dai suoi elementi radicali, è bastato negare la parola ai giovani e riportare il dibattito sulla riforma delle pensioni, per indebolire il movimento, dividerlo e renderlo inoffensivo, soffocandolo e asfissiandolo. Mentre gli analisti della politica spiegavano l’inquietudine per il futuro dei manifestanti, una parte di chi si ribellava esprimeva il rifiuto del presente e l’impossibilità di un futuro.

Jean-Baptiste Cutzach
militante della Confédération Nationale du Travail (CNT), Federazione dei lavoratori dell’educazione/istruzione di Rodano-Lione

(traduzione di Valentina Volonté)

Per saperne di più

http://www.cnt-f.org
http://blog.collectifitem.com
una cronaca in 6 atti con immagini suoni e testi sul movimento sociale contro la riforma delle pensioni.