rivista anarchica
anno 42 n. 373
estate 2012


Francia

Hollande ha vinto? No, Sarkozy ha perso

di Philippe Godard


Le recenti elezioni presidenziali dimostrano fino a qual punto la democrazia non funziona più (non solo in Francia). Ecco perchè.



Nelle elezioni presidenziali del 1981, la vittoria di Mitterrand aveva suscitato euforia tra i francesi, ivi compreso tra i numerosi rivoluzionari che avevano dimenticato un po' troppo in fretta che cos'è la socialdemocrazia, e ciò che sempre sarà... Trent'anni dopo, Hollande non ha provocato neppure la più piccola ondata di entusiasmo, perché la maggior parte degli elettori non si fa più alcuna illusione.
I francesi hanno voluto principalmente punire Sarkozy, punire la sua xenofobia che rasenta il razzismo, il suo neoliberalismo estremista, la corruzione degli eletti... La percentuale di astenuti è stata bassa perché gran parte degli elettori si è recata alle urne per dare un voto “utile”, quindi per votare Hollande.
La stessa Joly, la candidata che si dichiara ecologista, ha partecipato a questa rassegnazione generalizzata, mercanteggiando il suo sostegno per uno o due incarichi ministeriali per il suo partito, cancellando al contempo gli aspetti forieri di utopia di un programma ecologista, quali l'uscita dal nucleare, per fare soltanto un esempio. I due candidati trockisti, Arthaud (Lutte ouvrière) e Poutoux (Nouveau parti anticapitaliste), hanno presentato programmi molto classici, imperniato esclusivamente sulla questione dell'antagonismo proletariato/borghesia in Arthaud, un po' più “alternativo” nel NPA. Ma le misure proposte dai tutti e tre i candidati di sinistra erano prive di immaginazione.
Lo smarrimento è generalizzato, e nessuno crede più che né Hollande né chiunque altro potrà “dominare i mercati”, rilanciare la crescita, creare posti di lavoro... La rassegnazione, se non addirittura la disperazione, va diffondendosi.

foto Mimmo Pucciarelli

La disperazione come politica

La disperazione sociale è di per sé reazionaria e favorisce i politici più retrogradi, che giocano su questo sentimento per imporre “sacrifici”, ridurre le “conquiste sociali”, distruggere la previdenza sociale o smantellare la sanità pubblica. Negli anni a venire, per il Capitale, di cui Hollande è il nuovo portavoce (o il rappresentante di commercio!), si tratterà di farla finita con i contratti a tempo indeterminato, che costituivano la garanzia di un posto di lavoro per una parte consistente dei lavoratori. Il nuovo governo proseguirà certamente la politica di Sarkozy di distruzione del salario minimo per tutti, che di fatto non esiste già più dai tempi di Mitterrand, ma la cui definizione e... illusione, è stata mantenuta dai governi successivi. Non solo, anche il modo in cui si sta evolvendo l'Unione europea e i contraccolpi che scuotono l'euro servono a diffondere la disperazione sociale.
Queste elezioni dimostrano fino a qual punto la democrazia non funziona più. Sarkozy non aveva rispettato quasi nessuno degli impegni presi nel 2007 e tutti si aspettano che Hollande non faccia di meglio. Di fronte a ciò, i demagoghi avranno buon gioco a promettere di tutto e di più, per attirare i creduloni. Questi sono i ruoli – simmetrici – svolti da Mélanchon (il demagogo del Front de gauche) e Le Pen (la demagoga di destra del Front National) durante la campagna per le presidenziale del 2012. In questo rumore assordante di promesse incredibili e non mantenute, i problemi fondamentali sono sempre messi da parte e negati. Per questo diventa sempre più fondamentale, in Francia, ma anche certamente in Italia, in Spagna, in Grecia e in tutta l'Europa, ricreare la speranza, al di fuori dei partiti tradizionali, di destra, di sinistra, ecologisti, marxisti e leninisti.

Lontano dal potere, l'utopia nei fatti?

Più il Capitale ci immerge nella disperazione e più i suoi dirigenti si dimostrano penosi, più si apre uno spazio al di fuori del campo politico politicante. Questo spazio ai margini è potenzialmente sovversivo; corrisponde alle sperimentazioni sociali, in marcia verso l'utopia, verso l'anarchia. È per questo che i più importanti rappresentanti francesi della finanza internazionale hanno abbandonato Sarkozy, “il presidente dei ricchi”, secondo quanto recita il titolo di un'ottima analisi pubblicata due anni fa, e si sono schierati in massa dalla parte di Hollande? Sperano che il nuovo presidente, saprà far inghiottire, meglio di Sarkozy, i bocconi amari e che in ragione del suo prevedibile tradimento delle aspirazioni popolari – come fa ogni buon socialdemocratico –, farà aumentare ulteriormente il livello di disperazione e, in questo, renderà più facile l'imposizione di misure antipopolari, o addirittura farà affiorare l'accettazione di una dittatura, cosa che è sempre possibile.
Spetta a noi ricominciare sempre la costruzione dell'utopia, negli interstizi che il sistema in crisi non può più occupare. Spetta a noi esercitare il nostro potere, perché lo Stato non ha più nemmeno abbastanza strumenti per comperare il nostro silenzio o il nostro assenso.
La posta in gioco è, di fronte alla menzogna di cui Hollande si farà portavoce e contro la demagogia della destra – e anche di fronte a quella della fiacca sinistra leninista –, far crescere le nostre aspirazioni.

Philippe Godard
(traduzione di Luisa Cortese)