rivista anarchica
anno 42 n. 372
giugno 2012


cinema

 

Film e sogni

Il grande cinema ha una missione: dedicarsi all' evocazione, se non ancora alla rappresentazione dell'immateriale. Il cinema, compreso e concepito come arte, deve trovare la propria via in forme e dispositivi che nessun altra arte saprebbe immaginare. Esistono domini esclusivi del cinema. Li s' intravede appena e forse non li immaginiamo neppure nella loro totalità, anche per colpa dell'attuale confusa e deleteria situazione del mercato cinematografico contemporaneo.
Il cinema, inteso come arte, fornisce oggi ai più attenti osservatori l'impressione di qualcosa di sacro ormai abbandonato, come di un tempio, lasciato aperto per trascuratezza dai mercanti, decisi a proibirne l'ingresso ai naturali sacerdoti: gli artisti e il loro pubblico.
Il cinema, come ogni forma espressiva, non vive senza una riconoscibilità, senza una partecipazione attiva di chi lo consuma. Declina le sue forme, anche le più sperimentali, andando sempre alla ricerca di un pubblico e di un giudizio.
Questo significa anche (come ben ricorda Gianni Canova nel suo interessantissimo libro “L'alieno e il pipistrello. La crisi della forma nel cinema contemporaneo” edizioni Bompiani) che “ogni riflessione del cinema moderno su se stesso comporta anche una riflessione sul suo rapporto con la realtà, sulle sue capacità di riprodurla e in qualche modo, di comprenderla e conoscerla”. Un'interessante sfida per chi il cinema lo progetta, lo immagina, lo realizza.
La sostanza della vita, ecco cosa racconta il cinema. Illumina la realtà e ce la fa apparire nella sua concretezza e nella sua spiritualità più profonda, nei suoi intrecci con lo spirito da cui esso discende (che anche il cinema abbia radici nell'anarchia?...). Le immagini appaiono, si intrecciano le une con le altre in quanto immagini, impongono una sintesi obiettiva più precisa di qualunque astrazione. Creano universi che non domandano nulla a nessuno.
E per il fatto di giocare con la realtà stessa, il cinema crea delle immagini che derivano dal semplice incontro di forme, repulsioni, attrazioni. Non scopre la vita, ma ne ritrova come la disposizione naturale e primitiva delle cose. I film più riusciti in questo senso sono quelli permeati dallo humor,come i primi Chaplin o i primi Keaton. Il cinema, fatto della stessa materia dei sogni (“siamo fatti della stessa sostanza dei sogni…” W. Shakespeare), ci dà sempre, se è vero cinema, la sensazione fisica della vita e trova il suo trionfo nella capacità di farci sorridere, di farci piangere.

Bruno Bigoni