rivista anarchica
anno 42 n. 374
ottobre 2012


Caso Mastrogiovanni

In video veritas!

di Angelo Pagliaro


A tre anni dalla morte di Francesco Mastrogiovanni, in un clima di paura, si attende la sentenza di primo grado.



“Serata veramente... toccante, ed anche coraggiosa. Ancora oggi non è facile essere determinati nelle denunce contro il potere. Una serata in memoria del calvario subito da Franco, una serata di grande solidarietà, e non solo verso Franco, ma verso tutti i deboli della terra che saranno sempre deboli finchè i giusti non si rivolteranno contro questo stato di cose”. Questo pensiero è tratto da un post pubblicato, il 5 agosto 2012, all'indomani della manifestazione dal titolo “NON DIMENTICHIAMO” svoltasi nella piazza principale di Vallo della Lucania (Salerno), da Alessandro Torre, amico di vecchia data di Mastrogiovanni.
Sul sito del “Comitato Verità e Giustizia per Franco” abbiamo pubblicato altre lettere; tanti messaggi sono pervenuti prima e dopo la manifestazione che ha visto l'attenta partecipazione di centinaia di cittadini, tra i quali il regista Giancarlo Guercio autore della pièce teatrale dedicata al caso Mastrogiovanni dal titolo “Quem Queretis”, di decine di organizzazioni, associazioni, archivi storici e circoli. Dal palco allestito in piazza, Grazia Serra (nipote di Franco) ha introdotto la serata leggendo alcuni messaggi pervenuti al Comitato, tra cui una lettera di Ilaria Cucchi, è stata poi la volta di Mariema (ex alunna di Franco, attualmente studentessa liceale), la quale, con commozione, ha ricordato il suo maestro quando pronunciava un pensiero di Erasmo da Rotterdam sull'amore reciproco che lega chi insegna a chi apprende. Molto atteso dal pubblico l'intervento di don Marco Di Benedetto (giovane parroco trevigiano e cappellano volontario del carcere di Rebibbia di Roma) che ha parlato di una Chiesa cattolica che dovrebbe essere sempre vicina alle sofferenze ed alle ingiustizie e, a questo proposito, ha letto alcuni passi del Capitolo I del libro di Isaia, ricco di espressioni linguistiche e immagini di notevole bellezza e potenza. Giuseppe Galzerano editore-scrittore e Angelo Pagliaro sono invece intervenuti esaminando, nei particolari, l'intera vicenda: dai lavori processuali, alla tragica fine di Angelo Vassallo (il sindaco di Pollica ucciso dalle mafie nel settembre 2010 che emise il TSO nei confronti di Mastrogiovanni), dalla responsabilità per mancato controllo dell'ASL alla incapacità degli operatori sanitari di opporsi, come sarebbe stato giusto fare, a pratiche che non hanno nulla a che vedere con la cura e la dedizione che si deve ai deboli, ai sofferenti, agli ammalati.
All'iniziativa hanno partecipato anche famigliari e membri del “Comitato Giustizia e Verità per Massimo Casalnuovo” giovane di Buonabitacolo (SA) morto a causa di una caduta dal motorino, provocata, secondo alcune testimonianze, da un calcio sferrato sulla fiancata del veicolo dal maresciallo dei carabinieri durante un posto di blocco al quale il giovane non si era fermato.

Marchio psichiatrico e antagonismo sociale

I temi dominanti trattati nelle e-mail ricevute in questi giorni sono essenzialmente due: la paura e il coraggio. La paura diffusa tra la gente per una sentenza che potrebbe condannare, insieme ai 18 imputati, il modus operandi di un'intera ASL che, a nostro avviso paradossalmente, si è costituita parte civile nel processo in corso quasi non avesse alcuna responsabilità nel procrastinarsi, nei decenni, di una situazione (quella del reparto di psichiatria) definita, dal PM che avviò l'indagine, disumana. Un larvato senso di vergogna collettiva si coglie, girando tra la folla convenuta in piazza, in quanto l'onta che ha intaccato la cittadina cilentana potrebbe, in qualche modo, storicizzarsi e divenire, anche in futuro, un elemento di riconoscimento e di qualificazione di una società nella quale intere categorie professionali, che dovrebbero dedicarsi alla tutela della salute dei pazienti, non sono riuscite, in due anni di processo, a elaborare un documento, anche minimo, di condanna dell'operato dei professionisti imputati affermando quella giusta e necessaria autonomia da comportamenti deontologicamente e umanamente scorretti. Solo dopo la morte del maestro anarchico, difatti, sono state recepite le linee guida sulla contenzione e ci si è accorti che il reparto di psichiatria del “San Luca” andava chiuso perché somigliante più ad un gulag che a un moderno ed efficiente luogo di cura. Inoltre si è capito, dopo le deposizioni in aula di pazienti ricoverati in passato, che il disagio mentale è molto ma molto diffuso e che non c'è da vergognarsi se lo si è vissuto in prima persona o, come capita a molti di noi ritenuti “normali”, ci si conviva, magari per brevi periodi, senza esserne perfettamente coscienti. Il binomio pazzia-antagonismo sociale e politico fatto assurgere a scienza dal sig. Lombroso ed utilizzato ampiamente, soprattutto nel Sud Italia, contro libertari e anarchici di ogni epoca purtroppo funziona ancora. A conferma che la psichiatrizzazione di individui scomodi viene ancora utilizzata associando ad essa comportamenti ritenuti violenti basti leggere le testimonianze degli operatori sanitari e di coloro che intervennero sulla spiaggia per la nota mega-operazione di cattura di Franco. Tali racconti (tipo quello sulle pietruzze nascoste nella tasca del costume celeste dell'insegnate libertario che dovevano servire per ingaggiare chissà quale battaglia contro le autorità) sono state smentite sia dalla deposizione della proprietaria del villaggio turistico (dove Franco trascorreva le vacanze estive) sia da quello che ho definito imprevisto e di cui tutti hanno discusso in questi due anni di processo, ossia dalla cosiddetta prova evidente acquista agli atti: il videofilmato.

Il panopticon inverso

Girato dalle videocamere interne al reparto il “video dell'orrore”, alla fine, come un moderno panopticon, ci ha raccontato anziché la storia dei controllati quella dei controllori. Per cercare di risolvere altri casi di violenze la magistratura, come di recente ha fatto per l'esplosione delle bombole di GPL davanti alla scuola di Brindisi, cerca di reperire dalle telecamere installate lungo le strade, nei negozi, sui muri di cinta delle carceri, nelle celle dei tribunali qualche immagine sfuocata che aiuti gli inquirenti a riconoscere i violenti ma, a Vallo della Lucania, in quell'ospedale, il filmato della durata di 83 ore è chiarissimo, costituisce una prova “inoppugnabile” e “incorruttibile” di ciò che è drammaticamente successo. Le deposizioni di alcuni imputati, non collimano con quanto ripreso dalle videocamere; per questi aggeggi elettronici è evidente che non valgono gli stati di rimozione e negazione e/o le alchimie processuali. I tentativi di scaricare il barile addosso ad altri (in genere ai sottoposti) si infrangono come onde del mare sugli scogli davanti alla dura realtà delle immagini che si fanno verità, storia e memoria di una morte disumana, priva di pietas e di dignità dove l'uomo, il medico, l'operatore sanitario ha annullato la propria coscienza non sappiamo ancora in nome di quale routine o ubbidienza.
Nei precedenti servizi su questa rivista abbiamo cercato di analizzare il caso Mastrogiovanni da più angolazioni, abbiamo riportato il parere di tutti i protagonisti: dai medici, agli infermieri, ai legali, ai pazienti, agli imputati, agli studiosi che si sono occupati, in prima persona, del dramma. Adesso è finalmente giunto il momento di compiere un atto di giustizia. Il 2 ottobre si svolgerà l'udienza nel corso della quale ascolteremo la requisitoria del PM e poi, speriamo, alla fine dello stesso mese, il giudice leggerà, nel nome del Popolo Italiano, la sentenza.

Angelo Pagliaro
http://www.giustiziaperfranco.it/

 

Noi del Telefono Viola

Oggi 4 agosto 2012 NOI NON DIMENTICHIAMO! Nel terzo anniversario della morte dell'insegnante Francesco Mastrogiovanni, anzi del suo assassinio psichiatrico, provocato nel reparto psichiatrico di Vallo della Lucania, ci stringiamo solidali con i familiari e con il Comitato Verità e Giustizia per Francesco Mastrogiovanni. Invitiamo tutti i perseguitati dalla psichiatria coercitiva italiana a INSORGERE contro tale abominio e a presenziare massicciamente anche se MUTI alle prossime e ultime udienze del processo in corso in segno di imperitura memoria e testimonianza.

Alessio Coppola
fondatore di Telefono Viola


V per Verità, G per Giustizia

Se l'anatomo patologo incaricato di visionare il corpo appartenuto a Mastrogiovanni non avesse richiesto l'intervento della magistratura e se il PM non avesse sequestrato “il video dell'orrore” forse, come accaduto in altri casi, non avremmo mai saputo la verità. Per oltre due anni, abbiamo presenziato a tutte le udienze, abbiamo analizzato le contraddizioni emerse nel corso delle stesse, le cartelle cliniche, la relazione autoptica, le deposizioni. Perché? Perché la nostra caparbia attività ha dato e dà ancora tanto fastidio nel Cilento e oltre? Mentre le fascette di contenzione possono sostituire il dialogo, le parole non perderanno mai il loro potere; perché esse sono il mezzo per giungere al significato, e per coloro che vorranno ascoltare, all'affermazione della verità. E la verità è che è successo qualcosa di terribile a Vallo della Lucania, in quel reparto di psichiatria. Crudeltà, ingiustizia, intolleranza, tortura. E lì dove una volta c'era la libertà di obiettare, di pensare, di parlare nel modo ritenuto più opportuno, si sono applicati sistemi di coercizione medioevali e si sono privati onesti cittadini affetti da patologie curabili della propria libertà. Com'è accaduto? Di chi è la colpa? Sicuramente ci sono alcuni più responsabili di altri che dovrebbero rispondere di tutto ciò. Ma se vedete ciò che noi vediamo e se siete alla ricerca della giustizia come lo siano noi, vi chiediamo di mettervi al nostro fianco, il 2 ottobre 2012, fuori dai cancelli del Tribunale di Vallo della Lucania, e insieme offriremo un esempio di democrazia partecipativa, di civile richiesta di giustizia, una presenza che è un atto d'amore verso: Francesco Mastrogiovanni, Massimo Casalnuovo, Stefano Cucchi, Giuseppe Uva, Aldo Bianzino, Federico Aldrovandi, Carlo Giuliani, Gabriele Sandri ecc.

A. P.
(Testo liberamente rielaborato e adattato sulla base del monologo di “V per vendetta” film del 2005 diretto da James McTeigue)