rivista anarchica
anno 43 n. 380
maggio 2013


a cura della redazione


“20 giugno: rifiuta la scelta, scegli il rifiuto. Astensionismo rivoluzionario”. La scritta che campeggia sulla copertina di “A” 48 (giugno-luglio 1976) è spiegata all'interno dall'editoriale di R. Brosio (cioè Roberto Ambrosoli, il padre di Anarchik). Titolo: “La falsa scelta”. Sommarietto: “Con l'ingresso dei rivoluzionari nella competizione elettorale il sistema ha acquistato nuova credibilità. Solo la lotta, non la scheda, può innescare il processo rivoluzionario e abolire lo sfruttamento”. E l'occhiello sopra il titolo affermava: “L'appuntamento non è nelle cabine elettorali”.

A distanza di 37 anni (cui fa riferimento il titolo di questa rubrica di storica rivisitazione dei singoli numeri di “A”), rileggendo l'articolo di Ambrosoli certo alcune osservazioni, la perentorietà di certi toni potrebbero anche apparirci datate. Ma la sostanza no, quella ci convince ancora e – pur con lo spirito di apertura e sperimentalismo che ci caratterizza da tempo – ci sembra utile da riproporre alla riflessione collettiva, non tanto degli anarchici quanto del più generale popolo della sinistra, o se preferite, di tutti coloro che sono impegnati nella trasformazione quotidiana della nostra società.
Certo, la prospettiva rivoluzionaria e le conseguenti parole d'ordine (anzi, a dirla tutta, lo stesso concetto di “parole d'ordine”) esercitano oggi una ben diversa (e inferiore) presa su settori significativi della società, rispetto a quel periodo. E in questo calo di “tensione”, affermare tout court che non il voto, ma la lotta... può apparire fuori misura rispetto alla sensibilità sociale e anche all'esistenza stessa di grandi lotte, di cui francamente si sente un po' tanto l'assenza.
Eppure il meccanismo delle campagne elettorali, l'enfatizzazione della decisionalità del popolo, le grandi speranze (o paure) che significativi spostamenti elettorali provocano all'indomani del voto (si pensi al Movimento 5 stelle, per esempio) sembrano fenomeni costanti e ricorrenti che, visti a nemmeno troppa distanza di tempo, lasciano il tempo che trovano e non intaccano – a nostro avviso – la sostanziale validità (o perlomeno significatività) della nostra scelta di restare fuori dal battage elettorale.
Nostra di chi? Noi sappiamo bene che anche tra i collaboratori della rivista, e in genere tra chi guarda agli anarchici con interesse e simpatia, non pochi hanno votato, magari turandosi un po' il naso, con diverse motivazioni, spesso convinti che sia insensato rinunciare anche a questo strumento per cercare di modificare un po' le cose, per esempio per allontanare lo spettro di un ritorno al potere di Berlusconi e dei berlusconidi, oppure votando Grillo per esternare la propria indisponibilità ai vecchi giochi del potere. Noi rispettiamo queste scelte, convinti come siamo che quella anarchica, o meglio, quelle anarchiche siano opinioni e proposte da offrire sul “libero mercato” della trasformazione sociale in senso libertario, e (non più) ricette sicure e programmi infallibili per...
Ma nel “rievocare” questo numero della rivista, in occasione delle elezioni politiche in cui (tra l'altro) la sinistra (allora prevalentemente il Pci) ottenne il massimo dei risultati in tutta la storia repubblicana, ci piace confermare la sostanziale continuità della nostra proposta di intervento sociale. E le vicende politico-istituzionali, invero assai poco nobili e ancor meno “nuove”, di queste settimane ci fanno pensare che, seppure con una scritta magari diversa, anche in occasione delle politiche dello scorso febbraio avremmo potuto proporre una copertina sostanzialmente analoga.

E, che si torni alle urne presto o tardi, ci pare proprio impensabile che il nostro astensonismo possa cedere il passo a una “partecipazione critica” al rito elettorale. Spesso abbiamo modo di sottolineare l'apertura al confronto e al dibattito di questa nostra avventura editoriale, e più in generale del nostro modo di vivere l'anarchismo oggi. Ogni tanto, però, non ci dispiace sottolineare anche la collocazione di “A” nel solco di un anarchismo critico e anche auto-critico, che sappia ritrovare nell'attualità (e non nel riferimento alla tradizione) le ragioni di una propria scelta significativa. Quella di diffidare delle urne. E di girarci al largo.