rivista anarchica
anno 44 n. 391
estate 2014



Il Salone della Psicoeditoria
Creativa
ed Autoprodotta


dossier a cura di Federico Zenoni / foto Greta Sorana

Psicoeditoria creativa ed autoprodotta”?! Ma di che diavolo stiamo parlando? Vediamo se questa intercettazione telefonica tra i due inventori di LIBER, Federico Zenoni e Paolo Cabrini, può dirci qualcosa di più.

grrrzzz...driiin...driiin...
FZ- “Pronto, Paolo? ciao, senti, siamo ormai alla quarta edizione di “LIBER-i libri liberi”! Ma tu pensi che siamo riusciti a comunicare cos'è questa cosa?”
PC- Mah... Federico, non saprei come definire Liber, ho il timore che una volta definito sparirebbe. E mi auguro anche che nessuno tenti di definirlo.
FZ- Anch'io penso che definire precisamente LIBER possa essere un danno irreversibile...
PC- Ti confesso che la più grande ispirazione in questa avventura è poter fare un'edizione di Liber nel Grande Padiglione Auricolare, uno degli spazi espositivi più ambiti per sonorità e altisonanza.
FZ- Sicuramente il G.P.Auricolare è il posto perfetto, non per niente ce ne sono due: uno per LIBER e uno per ascoltare i Rumori del Mondo.
PC- Giusto, quando ci siamo incontrati anni fa per decidere di riunire alcuni creativi-psico-editori era per conoscersi e stringere amicizia con altre persone che condividevano il nostro progetto. E quando abbiamo iniziato, in effetti ho trovato un amico che eri te. Certo un merito va anche a Laura Gamucci che per ben due edizioni ci ha ospitato in quella sorta di “ambulatorio artistico” che è il Van-Ghè, per iniziare poi la nostra lunga terapia, non di guarigione ma di affinamento della propria malattia di libertà. Perché chi ha detto che la malattia è una forma di anormalità!?
FZ- In quanto a Laura Gamucci potremmo dire tanto e non sarebbe mai abbastanza!
PC- La cosa bella, che spero rimanga, è che Liber non debba chiamare nessuno a esporre ma, attraverso un passa parola, coinvolga piccoli editori casalinghi a partecipare per pura passione... Sai, sogno un Liber autarchico, un corpo capace di muoversi da solo, una sorta di Frankenstein incontrollato ma che diventa dolcissimo al solo suono del violino.
FZ- Anzi, al frastuono di una batteria! Sicuramente possiamo dire cosa non vorremmo che sia LIBER: non è una “fiera di piccoli editori”, non è una “mostra di libri d'artista”, non è “editoria indipendente”, non c'entra col design o l'editoria “di qualità”... in effetti non ci interessa tanto la qualità di quello che uno realizza, quanto il TASSO di LIBERTA' che si prende rispetto alle consuetudini, alle tradizioni, allo strapotere della norma, della regola e del dover a tutti i costi definire e catalogare ogni attività creativa.
PC- Dici bene Federico, Liber sta svolgendo una funzione aggregativa di comunione d'intenti, soprattutto quello creativo, dedicato all'autoproduzione editoriale. È davvero interessante la poliedricità di questi psicoeditori creativi, della loro passione nel curare e trasmettere contenuti svariati ma che poi ben si ritrovano tra loro senza un preciso manifesto dettato da qualcuno. Ritrovo alla fine una comune volontà di disobbedire a delle regole di mercato e a delle regole estetiche imposte dallo stesso mercato.
FZ- È sicuramente così, Paolo. In fondo la disobbedienza è la forma di creatività primordiale, accessibile a tutti. Una delle cose più affascinanti è proprio vedere come ogni espositore si crei il suo mondo, ed ognuno è diverso dall'altro per tecniche, per medium utilizzati: narrativa, disegno, poesia, fotografia, stampa a mano e fumetto... e anche per le finalità di questo operare.
PC- Aspetta, l'originalità è anche nell'esposizione!
FZ- Già anche perché lasciamo mano libera nell'allestimento del proprio spazio sino alla realizzazione ludica del sentirsi a proprio agio nel proprio mondo creato.

PC- Infatti il sentirsi a proprio agio ricorda molto la domesticità, lo stile che abbiamo tenuto costante nelle edizioni di Liber, il sentirsi a casa propria, con quella atmosfera casalinga dove il disordine ha una sua logica e nessuno lo contesta. Uno stile informale che non necessita di aderire a delle regole... sai, per la IV edizione, dovremmo suggerire agli espositori di portare da casa le pantofole!
FZ- Da questo si potrebbe davvero diagnosticare la “Sindrome Psicoeditoriale”!!!
PC- Imparare a scrivere storto per uscire dalle righe del quaderno o dagli spazi di un modulo prestampato, questa è l'anticamera della psicoeditoria. Utilizzando tecniche che si contaminano tra loro, da quelle primitive a quelle contemporanee e tecnologiche e così accade anche per i contenuti.
FZ- Attenzione: un pernicioso effetto collaterale della “Sindrome Psicoeditoriale” è il “libro d'artista”, rivolto ad una èlite di collezionisti, la sua numerazione o addirittura il suo essere “pezzo unico” lo rendono poco efficace come strumento comunicativo. Invece la psicoeditoria è soprattutto comunicazione, da qui la ricerca di tecniche, trucchi, materiali, che consentano piccole tirature, replicabili a piacimento e accessibili a tutti... e qui entra l'aspetto “ecologico”: pensa soltanto all'utilizzo di tutto quello che viene scartato dalla nostra bella civiltà dei consumi, un mare di materiali pronti all'uso, a km zero e gratuiti! È una pratica dal basso, molto individuale; l'autore/creativo si autoproduce, si autorappresenta e si autodistribuisce senza intermediari scegliendo una forma comunicativa alla portata di tutti, originale, ecologica, clandestina... e spassosa. L'editoria creativa, la psicoeditoria, l'autoproduzione, come tutte le forme di creatività, è una sorta di auto-terapia; si rivolge a se stessi e poi a tutte le persone curiose, irriverenti e maliziose, a tutti quei potenziali creativi insofferenti alle regole e alle tradizioni.

PC- aggiungerei che il libro, libello o fanzina qualsivoglia, autoprodotta dalla psicoeditoria, oltre ad essere attenta al riuso o riciclo di materiale cartaceo punta molto sulla fruibilità dei contenuti che non sono fini a se stessi come nel libro d'artista che spesso diventa celebrativo o autocelebrativo di un autore o artista abbinato ad un poeta -formula questa ampiamente impiegata negli ultimi anni-. Noto invece, con un certo compiacimento, che la psicoeditoria crea contenuti alla portata di tutti, dal manualetto ironico al racconto paradosso, dal vocabolario assurdo, alla poesia fumetto, inventando il più delle volte nuovi generi letterari che per la loro brevità possono essere letti lungo un percorso di viaggio sui mezzi pubblici...
FZ- ...o abbandonati sui sedili del treno, nelle aree di sosta degli autogrill, sui tavoli delle biblioteche, per una fruizione collettiva e casuale.

PC- Ciò che mi riempie di gioia nel mondo della psicoeditoria è il fatto che sia contagiosa, e si è anche visto che chi è venuto a Liber come visitatore, l'anno dopo si è ritrovato a partecipare come psicoeditore. Il bello di questa formula è che nessuno ne può rivendicare la paternità e forse per questo la rende aperta a tutti e a tutte
FZ- È verissimo! Infatti sono curiosissimo di vedere le nuove espositrici della prossima edizione... e anche di vedere cosa avranno escogitato tutte le altre!
Ma ora devo lasciarti, ho trovato una vecchia enciclopedia – con dei disegni stupendi! – da saccheggiare... e poi devo preparare il materiale per Arivista!
PC- Se hai bisogno di aiuto chiamami... a presto!

Federico Zenoni


Ecco il Salone dell'Editoria Creativa e Autoprodotta,
dove troverete un mondo editoriale decisamente poco allineato.
Libri cuciti a mano, libri realizzati con cartoni dei supermercati,
libri fatti con le buste usate, libri a fisarmonica, libri da taschino,
libri autoprodotti dall'inizio alla fine, libri che si lanciano oltre lo steccato
di qualsiasi bon-ton editoriale alla volta di nuove sperimentazioni
e invenzioni. Ma attenzione: libri veri, libri da leggere,
con piccole tirature e distribuiti realmente in maniera casalinga e creativa.
Per la terza edizione di LIBER, diversi editori creativi, pazzi funamboli
che giocano con le mille variazioni sul tema dell'oggetto libro,
si riuniscono per mostrare, scambiare, vendere una diversa editoria,
un'eco-editoria ribelle e riciclata, una piccola sfida gentile alla serialità diffusa.

(comunicato di Troglodita Tribe per l'edizione 2013)


Editoria Senza Permesso: cosa vuol dire? Che non è necessario chiedere a qualcuno
il permesso di farla, di promuoverla, di esportarla, di divulgarla,
è libera per tutti. Il sistema vuole che si chieda il permesso per qualsiasi cosa,
perfino per esistere anagraficamente. L'editoria autoprodotta non solo
non chiede il permesso, ma non le interessa essere riconosciuta e usufruire
di quei luoghi e liturgie che il sistema si compiace redigere e costringere a seguire
per essere riconosciuti. L'autoeditoria si autoafferma da sola,
indipendentemente da qualcuno o qualcosa che determina i confini
dell'autoaffermazione. L'editoria senza permesso crea incontri, amicizie,
collaborazioni, si apre alla creatività dei molti.

(Edizioni Pratiche dello Yajè)



Dalla Follia all'Eiaculazione
Percorso etimologico alla ricerca delle origini di Liber
(con tante scuse per i linguisti e filologi)

A Liber la mia prima volta è stata nel 2011, era la prima edizione. Sono stato accolto dagli avambracci nudi di Paolo Cabrini (con Federico Zenoni ideatori della manifestazione) che armeggiavano sul tirabozze che sputava fogli colorati. L'ambiente del Vanghè mi è sembrato subito magico. Il pronto soccorso creativo dell'autoproduzione non poteva che svolgersi in un “ambulatorio d'arte”. Lì ho finalmente toccato con mano i veri libretti di Troglodita Tribe...e anche Fabio e Lella, i Troglodita Tribe a cui da subito mi ero ispirato senza mai averli conosciuti. Insomma era avvenuto il mio ingresso nel mondo di questo nuovo meraviglioso medium che è il libro fatto in casa. Terzo anno, 2013 (c'ero comunque anche nel 2012), Liber è alla Scighera, l'ambiente è spazioso, mi accoglie il festoso vortice dei 365 ritratti ad acquerello di Claudio Jaccarino. La “fiera” è ufficialmente “un appuntamento con la creatività libertaria ed autogestita”. Mi ci trovo bene, sono tra amici. La mia foto ricordo di questa edizione è però per la Milano Nord, di fronte alla fabbrica del Fernet, quella dei Fratelli Branca. Ricordo “pop” per noi provinciali che a Milano troviamo sempre qualcosa da scoprire.
Tre anni, tre edizioni e queste considerazioni. Per me Liber è lo spazio che permette di dichiarare la propria esistenza creatrice e indipendente, lo spazio libero avulso ai meccanismi dell'artigianato o dell'arte tradizionali. Trova sede naturale in contesto libertario dove la persuasione del mercato è praticamente assente ma sono l'individuo e la sua natura espressiva il centro. Qui si trovano mondi interiori, fantasie lievi, ...mostri. A Liber c'è il rilegatore, il disegnatore, il poeta, lo scrittore, il musicista, l'inventore... non è un caso, quasi sempre ogni espositore rappresenta se stesso. “Questo è Liber e non c'è niente di serio” ha dichiarato Zenoni alla prima edizione. Credo di interpretare le sue parole senza sbagliarmi se affermo che Liber è un gioco. Non è serio rispetto ai rituali sociali, ai bilanci economici, alle politiche per la crescita ma è un'alchimia di follia giocosa che, letta freudianamente, vede la sua antitesi non nella mancanza di serietà, ma nella realtà. In altra sede ho infatti definito quella dell'autoproduzione creativa (di libri) un'attività erotica a tempo pieno (tempo interiore, mentre il tempo cronologico magari resta governato dalla quotidianità e dai suoi bisogni). Forse è proprio in virtù di questo volutamente labile rapporto con la realtà che, nel 2012, salta fuori la deifinizione di “psicoeditori”, Zenoni insomma ne sottolinea la follia. È infatti la follia, il mantice (in latino follis è il soffietto) che pompa, soffia (psychein in greco) sul creativo di Liber che con la sua incoerenza di dissennato si garantisce la libertà. A Liber, nell'epoca dei tunnel e dei treni ad alta velocità, c'è chi tenta il volo su assurde macchine volanti, cigolanti ed autocostruite e questa non è tecnologia, è poesia. Va presa così, magari coccolata, lasciata crescere. E' da qui che forse può nascere qualcosa di nuovo.
L'espressività che circola è talvolta grezza e vitale, altre raffinata e sofisticata, altre volte ancora arzigogolata o pasticciata. Fa parte del gioco come dicevamo. E c'è qualcosa di molto “Liber” proprio nell'etimo della parola gioco. Iocus, è burla, scherzo, è una prova di destrezza, di abilità, di fortuna. La sua radice jak rimanda anche a ciò che viene gettato, lanciato, così ioculor, è anche colui che sbeffeggia scagliando frecciate. Al plurale (ioci), sono anche i giochi amorosi, quelli che sfociano nel godimento dell'eiaculazione (appunto gettare, jak, come dicevamo prima). Ecco, Liber è follia, gioco, godimento e amore.

(Marco Parente, edizioni Lieve Malore)

Ci piace pensare LIBER come un vascello pirata... e il Van-ghè è la sua isola di
Tortuga (van-ghe.it); da qui è partito per nuove scorribande, passando dall'isola
di Utopia (il circolo arci La Scighera) e puntando la prua verso altre isole autonome e
liberate dal Pensiero-Merce tipico di Milanopoli. La ciurma è ora composta
da Federico Zenoni, Paolo Cabrini, Fra' Tricida da Lubecca, Giulia Ferranti, Paolo Triulzi,
Emanuele Rossini, Elia Zenoni, Alessandro Re, Emanuela Mioccio... e Sally.

(FZ)



In poche righe,
alcune partecipanti all'ultima edizione di LIBER
si presentano:

MUSERUOLA Edizioni
Attitudine nomadica, immagini come parole, animali di città invisibili rinchiusi in una scatola.
La fotocopiatrice come mezzo, il bianconero come scelta, il timbro rosso come simbolo.
Raccogliere, fotocopiare, piegare, timbrare, numerare.
30 copie bianconero in edizione limitata.
DIY rabbia morsi abbai.
I nostri denti mordono le vostre gabbie.
museruolaedizioni.blogspot.com
stop.

BARBARA X, DIY Resistance
Barbara X: “Scrivo da sempre e, nell'estate del 2011, ho avuto l'idea di autoprodurmi, raccogliendo il materiale di una vita e dandogli la forma del libro. Romanzi, racconti, narrativa: i DIY Resistance vogliono essere l'espressione di una letteratura che resiste all'ignominiosa deriva mercantil-spettacolare dell'industria culturale.
“barbara x imieilibri” su facebook

Microedizioni AMIGDALE.
È un azzardo, un esperimento, un salto nel mondo libero dell'immaginazione attraverso la manualità, la carta soffice di cotone, e le miserie dei ritagli di giornale, i colori, il disegno e tutte le tecniche di stampa più obsolete che si possano immaginare. Mi chiamo Roberta Cerini, sono una cacciatrice di ritagli dall'età di sei anni, lavoro con le immagini e la manualità. Microedizioni amigdale è appena nata, ma sembra di sana e robusta costituzione...

Casa editrice LIBERA e SENZA IMPEGNI
Fondata ironicamente anni orsono da Federico Zenoni (disegnatore scettico e batterista autodidatta) in società col suo alter ego ed una cagnona meticcia; assembla manufatti psico-editoriali con materiali scartati dalla nostra bella Civiltà dello Spreco; tiratura frugale, tendenza al baratto postale, xerografia a manetta. La pseudo casa ed. Libera e Senza Impegni predilige soluzioni non-tecnologiche e non incrementa il Prodotto Interno Lordo.
www.senzaimpegni.altervista.org

CANDILITA
Candilita nasce da un moto di insofferenza verso la gente che si lamenta: gli autori si lamentano degli editori, gli editori si lamentano degli autori e tutti si lamentano dei distributori. La soluzione punk è vecchia ma sempre buona: fatti le cose da te e chiedi (e offri) aiuto a persone amiche e affidabili, fai le cose con dedizione, passione e precisione, che di spazzatura il mondo bisogno non ha. Non una casa editrice ma un'esortazione a prendere in mano la propria vita, o almeno a provarci. Ispirazioni principali per il percorso intrapreso: Urupia e Nautilus.
www.candilita.it

CARTIERA CLANDESTINA
Cartiera Clandestina è un laboratorio artistico di sperimentazione permanente, che, applicando le tecniche tradizionali di produzione manuale di carta, ribalta la progettualità, la carta diventa il progetto stesso o la base di partenza del lavoro e non la sua naturale conclusione.
Studio-lab via Motta 93 30174 Venezia-Mestre-Carpenedo. cartieraclandestina@mail.com
www.marcobrunello.it

TROGLODITA TRIBE S.p.A.f. (Società per Azioni felici)
Quando, sul finire degli anni '90, cominciammo a comporre i nostri libroidi mutanti fatti di scarti cartacei, il nostro scopo era già quello del successo! Trattavasi, però, di un felice participio passato (del verbo succedere) da coniugare rigorosamente al futuro. Far succedere un'utopia editoriale la cui eco arrivava da passati d'Arte Amore e Anarchia. Far succedere una nuova età del libro che evadesse felice dall'oggetto serial-consumistico, che volasse molto più in alto del prevedibile virtual-digitale, che contenesse un messaggio di ribellione al panciuto e farcito libro d'artista, che navigasse nel mar-popolar dada-ondeggiante di visioni libertarie. E allora ci lanciammo alla demolizione del copyright e dell'hobbismo lobbista, per giocarci e giocare il tutto per tutto all'interno del libro, per inserirvi un'anima fatta di materia riciclata, riusata, raccattata dal pattume cartaceo, un'anima fatta di inserimenti, collage, strappi, oggetti, piegature, scherzi, schizzi, buchi, colori ritagliati e deturnati direttamente dalla potente pubblica pubblicità prepotente. E poi ci lanciammo nel definir tutto ciò come editoria creativa casalinga, orizzontale, elementare, popolare, guardare, copiare, rifare, pubblicare pubblicare pubblicare!!! E ancora e ancora e ancora ci lanciammo nel dire a tutte e a tutti: FATTI LIBRI TUOI! Chiuditi nel tuo bugigattolo pieno di scartoffie, ritagli, carte, cartoni, cordine. Prendi i tuoi testi stonati che intonano inni spregiudicati e, invece di educarli al bon-ton-editorial-seriale, trasformali in magici pezzi unici, in preziosissime tirature limitate, in liberi libri che si librano come libellule belle fino alle stelle.
E questo sì che è successo!
http://trogloditatribe.wordpress.com/

UNICA EDIZIONI
Sono Claudia Vio, scrivo racconti e nel 2006 ho fondato Unica Edizioni per pubblicarli. Penso infatti che la “libertà di parola” di uno scrittore non può limitarsi alla sola creazione dei contenuti, ma deve estendersi anche alle forme economiche e sociali della loro produzione e circolazione. Deve cioè penetrare la dimensione politica del fare libri, permeandola con le pratiche libertarie.
Sono autrice e editrice nello stesso tempo e questo è già un passo di libertà, perché questo mi permette di costruire a modo mio il rapporto con il “pubblico”, che è l'essenza del pubblicare. Con Unica sperimento modalità editoriali alternative a quelle dell'editoria dominante. Tra queste, il Circuito Home to Home per il baratto digitale, che sfrutta le tecnologie digitali in chiave anticommerciale.
La pubblicazione in ebook e in epub si affianca a quella in cartaceo, stampata manualmente in pochi esemplari che circolano negli incontri di lettura e nel contatto diretto con le persone.
Come Unica Edizioni promuovo anche iniziative collettive di autoeditoria, autogestite e autofinanziate, molte delle quali in collaborazione con l'Ateneo degli Imperfetti – Laboratorio di culture libertarie di Marghera (Ve). Nei miei “Appunti di autoeditoria” ci sono le tracce di questo percorso e le riflessioni che lo accompagnano.
www.unicaedizioni.com
claudia.vio@alice.it

LIBRI FINTI CLANDESTINI
Libri Finti Clandestini è un collettivo beffardo*  formato da  El Pacino,  Aniv Delarev  e  Yghor Kowalvsky.
Lo scopo del collettivo è quello di realizzare veri e propri libri usando solamente “carta trovata in giro”, carta che la gente considera spazzatura: scarti di tipografie, prove di stampa e carte di avviamento, sacchetti della spesa, poster, buste, sacchetti del pane, carta da parati...
La carta usata proviene infatti da laboratori di stampa, festivals, case di amici, fabbriche abbandonate in giro per l'Europa, università di arte, biblioteche...
La carta “trovata in giro” viene  assemblata  e  rilegata a mano  secondo un metodo non professionale, ossia in modo diverso da come procederebbe un rilegatore professionista.
Pazienza esclusa, l'intero processo è a spesa zero, ed è a  impatto zero sull'ambiente.
Libri Finti Clandestini è un collettivo beffardo*  perchè vende alla gente la sua stessa spazzatura.
www.librifinticlandestini.tumblr.com

EDIZIONI PRATICHE dello YAJÉ
Rievocano fin dal nome una particolare predisposizione all'evasione: visiva e culturale. Infatti il suo termine è derivato dal misterioso mondo degli sciamani, in particolar modo quelli della selva amazzonica. Yajè è il curioso nome che gli indios Shuar danno all'allucinogeno Ayawaska, un potente spirito vegetale che una volta entrato in corpo permette di aprire le porte dell'altrove.
Paolo Cabrini, il suo fondatore, con le edizioni Pratiche dello Yajè, rievoca magicamente, un'azione creativa e deragliatrice dai sistemi convenzionali ed estetici, in una sorta di spazio cartaceo autogestito e autoprodotto.
Un circo in cui muovere le sue passioni letterarie e incantatrici nell'arte editoriale del cut up e del collage per imbastire libri dediti alla ricerca di curiosità bizzarre dal mondo poetico, letterario e non. Per contagiare e comunicare questa esperienza editoriale Pratiche dello Yajè ha creato uno spazio-laboratorio: “Officina Stampa Alternativa” dove imparare l'arte dell'incisione a rilievo e tecniche di psicoeditoria telepatica.
www.praticheyaje.altervista.org
su Fb “Officina Stampa Alternativa”
email: paolo.cabrini67@gmail.com

EDIZIONE DELL'AUTRICE di Antonella Barina
Intendo per 'fuori mercato' lo spazio in cui si colloca la scrittura libera (2001). Nel 2003 distribuivo i miei lavori con la scritta Edizione dell'Autrice, inizio registrazione nel 2004 e dal 2005 testata autoedita: in tutto oggi 55 numeri monografici di poesie e racconti di cui creo immagini e grafica, diffondendo la pratica in fiere e conferenze. Una decina i supplementi con circa 150 poeti/e. Ed. dell'Autrice per me è stato il raggiungimento di un altro livello di coscienza nel campo della comunicazione, dove l'atto fondante torna ad essere quello del creare.
www.autoeditoria.it,
www.edizionedellautrice.it,
edizioneautrice@gmail.com

SOULCAKE
Siamo due amiche che abitano a Novara con in comune la passione per il disegno e che nel tempo libero si dedicano alla produzione di libri e manufatti artistici.
L'unico obiettivo che ci poniamo è di fare quello che ci pare e che più ci diverte.
Alice&Irene

Edizioni casalinghe LIEVE MALORE
Lieve Malore è una casa editrice allucinante, fatta da veri incompetenti, in omaggio all'etica del “do it yourself” e contro gli intellettualismi comuni. Tra sberleffo e libertà dal 2011 produce libretti, inizialmente rilegati con materiale neuro-farmaceutico definiti “psico-farma-pop-art”, ora invece avvalendosi di materiali di scarto provenienti da un laboratorio artigiano di Mestre. Le pubblicazioni Lieve Malore cercano di essere agili, cioè in formati piccoli, al massimo una trentina di pagine. Attualmente le copertine sono realizzate con stampe da incisione su Adigraf. I temi editoriali sono racconti di vita, poesia suburbana, saggistica demenziale, recupero di testi meno noti di autori del passato, ma in generale è aperta a raptus creativi di vario tipo. Titoli attualmente circolanti e distribuiti in modo irregolare sono “Psicocarcere”, “Paidoagonia”, “Carmelo Tube” e “Sulla Pazzia”. Prossimamente “Orazioni Estetistiche – Wanna Marchi e il futurismo”.
Per saperne di più
http://lievemalore.blogspot.it

Laboratorio di Cromografia, ovvero la scrittura a colori di Claudio Jaccarino
Uno spazio reale (e non virtuale) nato nel 1995 nei teatri della compagnia teatrale Comuna Baires.
Jaccarino ha sviluppato una personale ricerca   sull'intreccio tra  gesto, (di) Segno, colore, emozione.
Da alcuni anni ospite dell'Osservatorio Figurale di Via Borsieri 12 a Milano ove si svolgono corsi di pittura, disegno dal vero, acquarello, Stages itineranti per realizzare taccuini di viaggio, micro-editoria tra “libri d'artista” e artigianato casalingo ove la poesia e il colore si mescolano insieme a persone di ogni età e provenienza sociale.
P.S.: Claudio Jaccarino è direttore responsabile della rivista anarchica ARTE a PARTE (semestrale di materiali irregolari di cultura libertaria).
www.jaccarino.com

SEMISERIE (le immagini che salvano il mondo)
Semiserie è un laboratorio tipografico di fantasia ad opera di Francesca De Mai e Micaela Mariani
Un luogo dove si creano immagini utilizzando vecchi macchinari tipografici come tirabozze, pedalina e caratteri mobili, mescolati alla computer grafica, al disegno e alla fotografia.
Isola felice delle libere creazioni di semiserie sono le autoproduzioni: tagli, incastri, cuciture, stampe e disegni originali, da cui nascono piccole invenzioni su carta, biglietti “mobili” e opere di cartotecnica.
Nessuna logica di mercato governa la produzione di queste immagini realizzate con tecniche scomode, lente e obsolete.
Alcune sono stampate con tecniche tipografiche, altre sono disegnate a mano e poi cucite. È un' attività irrazionale, che non avrà lunga vita in questo mondo, ne consigliamo percio‘ l'acquisto immediato - vista la condizione di rarità da cui saranno presto caratterizzate.
www.semiserie.com

Edizioni A Mano Lìbera
“Io son Alessandro, camuno, eggià, nato in questa terra più di trenta anni fa e da tempo immemore ormai mi diletto a scrivere storie su 'sto mondo benedetto!
Mi rivolgo anzitutto a voi bambini sperando di regalarvi sentimenti genuini; ma le mie novelle son altresì per genitori perché facciano breccia anche nei loro cuori.
Di tali racconti non scrivo solo il testo ci metto del mio meglio per fare tutto il resto: tant'è vero che, come potete notare, nel mio piccolo banco l'obiettivo è riciclare''
www.libriliber.it

Quattro anni!
Settembre 2014: Liber, il Salone dell'editoria creativa e autoprodotta, compie quattro anni. Sembra un miracolo, e probabilmente lo è.
Quando muovevo i primi passi con Unica Edizioni, quasi una decade fa, mi chiedevo se oltre a me e ad Antonella Barina, antesignana dell'autoeditoria nel veneziano con Edizione dell'Autrice, qualcun altro, ma chissadove, stava percorrendo come noi le terre inesplorate di un'altra editoria, autogestita dall'autore/dall'autrice.
C'erano un sacco di cose chiarire, legacci da cui liberarsi. Bisognava, per esempio, far comprendere che autoeditarsi non significa semplicemente “pubblicarsi da sé”, aggirando in modo patetico il filtro costituito dagli editori. Al contrario: vuol dire farsi carico in prima persona di ciò che significa pubblicare.
Pubblicare, appunto. Cioè fare i conti con la dimensione economica del libro e, ovviamente, con la sua natura sociale, con il sistema dell'informazione e della circolazione delle idee. Che, come sappiamo, non è affatto orizzontale e libertario, non lo è mai stato, men che meno oggi, anche se la forma reticolare del web vorrebbe far intendere il contrario.
Oltre la scrittura, dopo l'ultima parola del “manoscritto”, bisognava dunque inventare modi alternativi di pubblicare, costruire circuiti altri, sottrarre il libro alla logica economica e restituirlo a quello delle relazioni interpersonali, umane. Con una bussola libertaria a nostra disposizione e la memoria, preziosa, delle autoproduzioni degli anni Settanta, quando la controcultura significava qualcosa.
Ci siamo cercati. Ci siamo trovati. Folgorante l'incontro con la Casa Editrice Libera e Senza Impegni, a Milano, e con i Troglodita Tribe, nelle Marche, che da anni praticano un'editoria straordinaria. Strappato a forza dagli imperativi del consumo culturale, costruito pezzo su pezzo con materiali di scarto, il loro libro creativo è un condensato d'invenzione che stravolge al tempo stesso il linguaggio (ogni manufatto è un'anomalia a sé) e il modo di intendere il lavoro; il cosidetto processo produttivo nelle loro mani scompare, perché la forza creativa irrompe azzerandone la finalità economica. Baratto e libero scambio sono “normali” in questo modo di fare le cose. Anche la definizione di “editoria casalinga” identifica un luogo altro, antieconomico.
Ed ecco Liber. Importante perché offre una possibilità di condivisione nella quale confluiscono le diverse esperienze editoriali autoprodotte. Non solo: Liber è un propulsore. Dalla prima edizione a oggi, in pochi anni, nuove autrici e nuovi autori si sono messi in cammino autoproducendosi, incoraggiati dalla possibilità concreta di esprimersi fuori dal ricatto delle tirature, dal giogo della produzione standardizzata, liberi finalmente dai condizionamenti della grande e piccola editoria. Molti hanno cominciato a “imitare” i libelli di Zenoni e dei Troglodita, ma in questo mondo an-economico l'imitazione è una virtù: è il segno di una koinè che si sta formando, dove ogni “imitatore” declina quella lingua a modo suo, diverso fra i diversi.
Liber è anche, non dimentichiamolo, una situazione collettiva. Autogestita, autofinanziata, non gerarchica. Presupposto relazionale, questo, per la fioritura creativa di quanti vi partecipano.

Al Salone milanese si collegano, anche nel nome, gli incontri di Fare Libri Liberi, organizzati a Marghera in collaborazione con il Laboratorio di culture libertarie (Ateneo degli Imperfetti), che continuano il percorso cominciato nel gennaio 2007 con la rassegna “Aut Aut – Autrici e autori autoprodotti” e “Dopo l'ultima parola”, presso il piccolo teatro libertario Fuori Posto di Mestre, mentre prosegue a Venezia l'annuale appuntamento “M'Editare” di Edizione dell'Autrice.
Eppure tutto questo non è sufficiente. Occorre che da queste iniziative germoglino dei gruppi: nuclei più piccoli, territoriali, che si attivino per dei mini-Liber (sull'esempio di Milano, nei mesi successivi al Salone). È necessario, ancora una volta, spendersi in prima persona. Il rischio, altrimenti, è di interpretare Liber solo come un'occasione di visibilità, vissuta in modo passivo e consumistico.
Occorre pure che gli autoproduttori che, come me, si muovono sul versante più tradizionale del libro stampato, affrontino la realtà del libro digitale e, specificamente, la cosidetta autopubblicazione gestita dai siti web. Agenzie di servizi editoriali, ma anche società dal fatturato colossale (vedi Lulu.com) che stanno intercettando la spinta libertaria degli autori autoprodotti, per lucrare. Non sono editori, non vogliono esserlo. Fanno intendere che l'editore è l'autore stesso. Il loro slogan è il “do it yourself”, rapinato alla controcultura.
Che tipo di editoria rappresentano? Come si disegnano i rapporti di potere all'interno di una editoria che appare democratica, inclusiva, diffusa, e che si avvale apertamente, necessariamente, del contributo personale degli autori? Dove si annida la mente pensante che manipola i novelli autori/editori? È invisibile, globale, neutra.
Queste domande richiedono una risposta urgente.

Claudia Vio



Milano, 2 marzo 2014

caro Federico,

mi chiedi un breve commento su “Liber” e sull'editoria autoprodotta, un fenomeno che conosco in modo molto superficiale per avere visitato un paio di edizioni del vostro salone e per avere pubblicato un libello con il tuo marchio. Quello che posso offrirti sono alcune impressioni molto personali e forse poco utili a chi ne sa più di me, perché vive questa esperienza dall'interno.
Intanto devo dire che, sebbene con mio padre sia nato dentro l'editoria e poi ci abbia lavorato per molti anni, per me il libro rimane soprattutto un veicolo, un mezzo per diffondere immagini, pensiero e poesia; sono poco interessato al libro come cosa in sé, come feticcio editoriale e culturale. Già questo fatto mi rende molto simpatica la vostra iniziativa, in cui il libro come oggetto di culto e di consumo viene costantemente smitizzato. Per me il libro è prima di tutto una fonte di conoscenza e di arricchimento per quello che contiene, perciò non sono molto impressionato né dalla sua progressiva estinzione in favore dei mezzi elettronici, né, come nel vostro caso, dalla sua rielaborazione in forma artigianale. Mi chiedo piuttosto se questi due estremi non siano due facce della stessa medaglia, cioè della crisi del libro tradizionale.
Il libro è lo specchio di una società e di un periodo storico. Attraverso la modificazione dei libri e del loro ruolo si capisce lo stato in cui si trova la cultura. La mia generazione ha vissuto il trauma di una inarrestabile lobotomia culturale (da alcuni, essendo appunto lobotomizzati, neppure avvertita) messa in atto dalla società dei consumi; uno scempio paragonabile a quello, più facilmente visibile, perpetrato nei confronti del territorio e dell'ambiente. Per lobotomia culturale intendo il passaggio da una condizione in cui la cultura poteva essere un fattore attivo e dirompente – un fenomeno dalle forti connotazioni esistenziali e creative; elitario, ma capace di incidere nella vita e nella società – a una condizione di completa passività e di livellamento pseudo-democratico, in cui la cultura (e perciò anche il libro) è ridotto a una merce qualsiasi e come tale viene prodotto e venduto. La scelta di un titolo, il modo in cui viene scritto, la sua confezione editoriale, la sua promozione e infine il giudizio su di esso, tutto viene subordinato alla logica del prodotto: ciò significa letteralmente la morte del libro come veicolo di poesia e di conoscenza. Dietro il volto tranquillizzante dell'edonismo consumistico, per cui tutto vale e non vale – e dunque per cui tutto, se adeguatamente promosso, può diventare “arte” e “cultura” - si è costituita una sottocultura totalizzante e repressiva, nella quale non esistono più critica e opinioni e in cui perciò il libro ha perso quasi completamente il suo ruolo.
Di fronte a questa situazione, l'editoria autoprodotta è come una ventata di aria fresca. Per certi versi mi ricorda l'arte “brut” o “outsider”, cioè quell'arte (ancora troppo sconosciuta) che viene prodotta da creatori autodidatti e marginali. Non solo perché in entrambi i casi il bricolage viene usato in modo creativo, ma anche per il senso di estrema frontiera, di liberazione dalla asfissiante negazione della creatività individuale che contraddistingue la società attuale. In altre parole, vedo la vostra attività come una cellula sana in un organismo malato, una sorta di rivalsa creativa per ricostituire una vita fatta di poesia e pensiero (l'unica che vale qualcosa, credo, anzi l'unica vera); per fronteggiare cioè con pochi mezzi e molto coraggio quella che già quarant'anni fa, all'inizio della vicenda, Pasolini definiva “la peggiore delle repressioni della storia umana”.
Ti abbraccio con affetto

Francesco Porzio


La quarta edizione di LIBER
è a MACAO, viale Molise 68, Milano.
Il 27 e il 28 settembre 2014,
www.libersalone.altervista.org