rivista anarchica
anno 44 n. 394
dicembre 2014 - gennaio 2015




La cultura e gli audaci

Sono confusa, ma direi che per una Guida Apache in questa specifica contingenza culturale la confusione intima è un dato confortante più che deprimente. Essa depone a favore della mia sanità mentale.
Sono confusa perché il mio cervellino registra informazioni discordanti e non riesce a combinarle in un quadro dotato di senso.
Facciamo degli esempi.
Leggo che Universiday organizza al Teatro Dal Verme (Milano) un evento insieme al Corriere della sera, inteso a celebrare la presenza di studenti stranieri in una rete di 12 università. Un quadro di questo tipo parrebbe suggerire un luogo di alta cultura. L'evento, leggo, si conclude con la partecipazione come ospite d'onore del cantante pop Mika – che personalmente considero dotato di una voce prodigiosa, paragonabile solo a quella di Freddy Mercury. Alla stampa, Mika si sente in dovere di dichiarare: «Che noia gli studenti modello! Io a scuola sono stato bocciato 3 volte». A dire la verità, lui neanche vorrebbe ammetterlo, ma l'astuta intervistatrice lo induce a essere esplicito; essendo una persona intelligente, Mika un po' se ne vergogna. Ora, e lo dico occupandomi di culture popolari per mestiere: qualcuno mi può spiegare perché a un evento finalizzato a dimostrare che esiste, a Milano, un polo universitario d'eccellenza di livello internazionale, un ospite importante suggerisce implicitamente – e probabilmente a ragione – che un titolo di studio non serve nella vita e che comunque a lui non interessava a suo tempo acquisirlo?
Andiamo avanti.
Valentino Rossi vince il Gran Premio d'Australia. È lo stesso Valentino Rossi del quale i giornali, nell'agosto del 2007, hanno ipotizzato una evasione fiscale di circa 40 milioni di euro (http://www.repubblica.it/2007/08/sezioni/sport/valentino-evasione/valentino-evasione/valentino-evasione.html). Certo, specifica il medesimo giornale, Valentino Rossi non era solo in questa mirabolante impresa: “Il sito Contribuenti.it, che fa capo a un'associazione non profit che si occupa dei diritti dei contribuenti, ricorda che Valentino Rossi si aggiunge a una lunga lista di sportivi accusati di aver evaso il fisco: tra questi Diego Armando Maradona, con oltre 30 milioni di euro, Loris Capirossi con 9 milioni, Alberto Tomba, Max Biaggi, il tennista Andrea Gaudenzi, il pilota Nicola Larini, Pierfrancesco Chili (moto) e il ciclista Mario Cipollini”. Sembra che il successo sportivo abbia in Italia questo spiacevole effetto collaterale: spiacevole per noi contribuenti, s'intende. Per i soggetti in questione, se è tutto vero, deve essere piacevolissimo.
Il cronista televisivo, uno dei tanti, celebrando in evidente stato di esaltazione la vittoria del “Dottore”, insisteva su quanto questo trentacinquenne motociclista, presentato come un eroe, sia un simbolo dell'italianità vincente. Beh, sì, in effetti, vincente in termini economici di sicuro. Ecco, volendo, fatico un po' a vederlo come un modello per i nostri giovani virgulti, a meno che quelli della mia età e della mia formazione non aspirino a vedersi, nel Brave New World che ci si prepara, a esseri inutili da ridurre prontamente in cenere.
Però, in tutto questo, ero rimasta perplessa dall'epiteto “Dottore”. Perciò ho consultato Google e ho scoperto un dettaglio che mi era sfuggito: la facoltà di Sociologia dell'Università di Urbino ha conferito a Valentino Rossi, qualche anno fa, una Laurea Honoris Causa in Comunicazione e pubblicità per le organizzazioni. La “cultura” premia gli audaci, e li laurea.
Sono di sicuro una persona poco flessibile, ma ho imparato qualcosa che mi sarà utile nel mio mestiere. Quando vedrò in sede d'esame, uno per uno, i 350 studenti che stanno seguendo il mio corso di Cultura Inglese I, ad occhi spalancati e senza che nell'aula voli una mosca, come prima domanda chiederò, in italiano e in inglese, che sport praticano e con quale successo. E magari se hanno truffato il fisco in qualche occasione. Poi formulerò il voto. Perché fermarsi alla banale crescita culturale? Il mondo cambia e noi, tristemente, con esso.

Nicoletta Vallorani