rivista anarchica
anno 44 n. 394
dicembre 2014 - gennaio 2015


militanti

Louis Mercier Vega
alias Charles Ridel alias...


Nel corso della sua vita ebbe vari nomi. Nato in Belgio, il suo ultimo passaporto era cileno. È stato una delle figure più stimolanti del movimento anarchico internazionale, dalla Spagna '36 alla rivista quadrilingue “Interrogations”. Nel centenario della sua nascita, lo ricordiamo con due testimonianze di militanti che hanno collaborato con lui.



Senza illusioni senza rimpianti

di Amedeo Bertolo

Ho visto per l'ultima volta Louis Mercier Vega (o meglio, colui che all'epoca così si faceva chiamare) quasi esattamente venti anni fa, nel novembre del 1977, a Parigi, nella sua casa di rue de Valenciennes. Venti anni fa: una decina di giorni prima della sua morte volontaria e programmata.
Proprio per il suo suicidio programmato eravamo venuti a Parigi, io e un paio di compagni di Milano (Fausta Bizzozzero e Luciano Lanza), che come me facevano parte del gruppo redazionale e amministrativo italiano della rivista fondata da Mercier tre anni prima: «Interrogations».
Nell'aprile precedente, a margine di un incontro organizzativo di «Interrogations», a Torino, Mercier ci aveva comunicato la sua intenzione di uccidersi verso la fine dell'anno. Ce l'aveva comunicato perché sapessimo di non poter contare su di lui al di là degli impegni compatibili con quella sua scelta. Ce l'aveva detto un po' di sfuggita, senza dare apparentemente peso alla faccenda. L'understatement non era inconsueto in lui, ma questa volta ci lasciò perplessi, così che non sapevamo se prendere davvero sul serio quel suicidio annunciato. Lo avevamo preso più sul serio quando aveva confermato la sua intenzione, sempre di sfuggita, in ottobre, a Milano, a margine di un'altra riunione. Eravamo dunque andati a trovarlo a Parigi, per cercare di capire e magari per dissuaderlo. Per stare con lui, per lo meno, un'ultima volta se proprio era vero che stavamo per restare «orfani» di chi era stato, per noi, in quegli ultimi anni, un importante punto di riferimento culturale (e anche umano).
Mercier si rifiutò categoricamente di parlare dell'argomento suicidio, e io per rispetto, per delicatezza, non insistetti più di tanto, conoscendo la sua serietà, la sua volontà ostinata e constatando la sua calma determinazione. Così andammo per librerie, per ristoranti, e poi a casa parlammo per ore.
Aveva un vestito liso, i pantaloni sformati, con le borse alle ginocchia. Dettaglio significativo per una persona che avevo sempre visto vestire in modo formalmente corretto, quasi pignolescamente corretto, pur senza pretese d'eleganza. Mentre eravamo a casa e parlavamo – di tutto tranne che di «quello» – è arrivato un acquirente del suo televisore. Aveva fatto un'inserzione per vendere tutte le sue cose. Stava pignolescamente monetizzando – per lasciare a iniziative del movimento anarchico – le sue ultime modeste proprietà. Stava chiudendo tutti i suoi conti con la vita, anche quelli minori. E ho assistito a una sua telefonata a Maurice Joyeux, esponente di spicco della Fédération Anarchiste (FA). diceva di non preoccuparsi per i problemi sollevati dalla sua eventuale partecipazione al Congresso dell'Internazionale delle Federazioni Anarchiche, come delegato della Federación Libertaria Argentina (FLA). Poiché il congresso era stato rinviato alla primavera del 1978, egli non avrebbe potuto partecipare comunque, al di là della polemica, attorno alla sua persona e alla sua presenza, sollevata dagli spagnoli in esilio della Federación Anarquista Ibérica (FAI). Non avrebbe potuto partecipare, diceva con tranquilla serietà, forse con nascosta ironia. Certo: di lì a dieci giorni non avrebbe potuto partecipare ad alcunché, se non nella memoria dei suoi amici e compagni.
Apro qui una breve digressione. La «questione spagnola» era in breve questa: una parte della Confederación Nacional del Trabajo (CNT) e della FAI in esilio (o meglio della frazione maggioritaria di un movimento continuamente in preda a rissose controversie, scissioni, riconciliazioni...) ce l'aveva con Mercier già dagli anni Cinquanta. Riuscire a inimicarsi una parte consistente dell'esilio libertario spagnolo è cosa non da poco per uno come Mercier che era corso a combattere con la colonna Durruti già nel luglio del 1936! La causa era, credo, nella inflessibile schiettezza di pensiero critico e nella sua disinibita eterodossia sperimentale... Nel 19581, ad esempio, è tra i promotori di una Commission Internationale de Liaison Ouvrière (CILO) assieme a esponenti di una frazione della CNT e della Sveriges Arbetares Centralorganisation (SAC) svedese (sospette l'una e l'altra di «revisionismo» anarchico), oltre che con il gruppo di sindacalisti de «La révolution proletarienne». Così Mercier entra nella lista nera dei «nemici del popolo» cenetista e faista. L'attacco a Mercier riprende quando Mercier riprende «visibilità» nel movimento anarchico internazionale, con il progetto «Interrogations». Così nel 19742, nel 19753, nel 19764 e, infine, nel 1977 si susseguono le aggressioni verbali contro di lui, che aprono un vero e proprio «caso» internazionale. Questa volta Mercier non è più semplicemente «revisionista» e amico degli «scissionisti», ma addirittura «noto agente della CIA». La storia è complessa5, ma fermiamoci qui.

Louis Mercier Vega

Straordinaria cultura cosmopolita

Avevo conosciuto Mercier poco più di quattro anni prima, nell'agosto 1973, anche allora a Parigi, nella sua casa di rue de Valenciennes. Eravamo venuti a fargli visita io e Rossella Di Leo, perché avevamo trovato singolarmente originale e intellettualmente ricco il suo L'incrévable anarchisme [La pratica dell'utopia]. Volevamo parlargli e proporgli di collaborare alla nostra rivista anarchica italiana: «A». Il suo indirizzo ce l'aveva dato un vecchio compagno italiano, Pio Turroni, che lo conosceva da prima della guerra, quando Mercier si chiamava Ridel. S'erano frequentati a Marsiglia, dove erano entrambi reduci della Rivoluzione spagnola e non s'erano mai persi di vista.
Mercier non delude le nostre aspettative. Anzi. Apprezzo in lui subito (e ancor più man mano che lo conoscerò successivamente) il vero intellettuale anarchico, con una straordinaria cultura cosmopolita e con una straordinaria esperienza militante, «senza illusioni e senza rimpianti», con le sue certezze e le sue problematicità di anarchico e di intellettuale. Il suo lucido, antiretorico, affascinante anarchismo si palesava nelle parole e negli scritti per quello che in un'intervista pubblicata postuma6 avrebbe così definito: «L'anarchismo deriva dalla volontà di conoscersi e di conoscere la società nella quale si vive, per arrivare a essere padroni del proprio destino, con gli altri, affinché la società sia una comunità libera e fraterna».
Comprendiamo subito che è stato un felice incontro, che con questo Mercier potremo fare insieme buone cose e imparare molto. Ci unisce tra l'altro l'interesse per il fenomeno della nuova classe in ascesa, la tecnoburocrazia, una tematica cui noi7 all'epoca dedicavamo un'attenzione quasi maniacale e che percorrerà «Interrogations» per tutti i suoi quattro anni e mezzo di vita. Una tematica già trattata da Mercier sin dagli anni Quaranta8.
Durante quell'incontro parlammo a Mercier anche di un'idea che da qualche tempo carezzavamo: quella di una rivista internazionale anarchica. L'idea gli deve essere piaciuta molto (o forse rafforzava qualche sua idea analoga) perché ne fece subito un progetto. Il progetto di quella che sarebbe stata «Interrogations, rivista internazionale di ricerche anarchiche».
Con «Interrogations», che ancora non si chiamava «Interrogations», comincia l'ultima avventura intellettuale ed editoriale di Mercier, che già allora forse, stando a sue successive allusioni, aveva deciso di porre un limite temporale piuttosto breve alla sua vita residua. L'ultima avventura intellettuale ed editoriale, ma non l'unica attività, certo. Nei quattro anni che si concede e ci concede, scrive due libri sull'America latina9 e un libretto sull'anarco-sindacalismo10; scrive sedici articoli per «A» tra l'ottobre 1973 e il novembre 1977 (dieci di argomento latino-americano e sei di attualità politica francese) con lo pseudonimo di Santiago Parane; collabora con il Centro studi libertari Giuseppe Pinelli di Milano per l'organizzazione di un convegno sulla tecnoburocrazia11... un convegno che non vide, perché si tenne qualche mese dopo la sua morte, ma per il quale ci lasciò una relazione scritta... Cura la revisione e l'aggiornamento dell'edizione italiana dell'Increvable12... Scrive anche qualcosa per un mio progetto di Piccola Enciclopedia anarchica che non si realizzò mai... E questo è solo (e non tutto) ciò che so per conoscenza diretta.
Fa certo molte altre cose tra il 1973 e il 1977, ma è indubbio che dedica la maggior parte delle sue energie intellettuali, del suo capitale di conoscenze e delle sue risorse materiali al progetto di rivista internazionale. Si butta nell'impresa, tanto ardua che solo lui allora, forse, avrebbe potuto realizzare, con la serietà, l'impegno, la tenacia, le capacità organizzative (un po' autocratiche) che gli erano proprie.
A fine 1973 spedisce a dieci persone una lettera circolare in cui la rivista non è più una semplice idea, è già un progetto in marcia. Un progetto che è un «suo» progetto, a questo punto. Seguono, a cadenza regolare, altre cinque circolari sull'avanzamento dei lavori, in preparazione e in prosecuzione di una riunione organizzativa che si terrà a Parigi, nell'aprile 1974. In quella riunione parte «ufficialmente» il progetto e comincia il lavoro redazionale. Ai primi di settembre Mercier mi informa che è stato scelto (da chi? da lui suppongo: non corrisponde a nessuno dei titoli suggeriti nelle riunioni internazionali e nelle lettere che ci eravamo scambiati sino ad allora) il titolo di «Interrogations». Un titolo non particolarmente brillante che non mi entusiasma, ma che ben esprime lo spirito con cui nasce la rivista. Per usare le parole di Mercier: il militante anarchico deve «imparare a vivere e ad agire in mezzo a una selva di punti interrogativi, perché sia la propaganda dottrinale sia le situazioni di fatto esigono una continua messa a punto».

Quell'ultima rivista quadrilingue

Nel dicembre del 1974 esce il primo numero di «Interrogations», e poi a puntualissima frequenza trimestrale, altri sette numeri, fino al settembre 1976; dopo di che, passate le responsabilità redazionali e amministrative a una equipe italiana, «Interrogations» uscirà ancora, con minore puntualità, fino al 1979. L'ultimo numero sarà il numero doppio 17/18. In quattro anni e mezzo erano state pubblicate complessivamente quasi duemila pagine, di qualità per lo più buona o eccellente. Molti gli studi originali su tematiche d'attualità o teoriche di fondo, come era negli intenti di partenza. E, come era negli intenti, numerosi e validi i contributi all'analisi dei «nuovi padroni». In quegli anni «Interrogations» è certamente la migliore rivista teorica anarchica esistente.
Mercier contribuisce non solo con un'intensa attività redazionale di stimolo e di sollecitazione, di ricerca di temi, di collaboratori, di documenti13, ma anche con sei articoli importanti (di cui due firmati Parane)14.
La sua attività redazionale è particolarmente intensa nella fase preparatoria di «Interrogations». Per darne un'idea, si pensi che tra il 1974 e il 1975 Mercier ha scritto, a me solo, novanta lettere circa, in media una alla settimana!15 Ma il suo contributo a «Interrogations» resta notevole anche quando, dopo l'ottobre '76, egli passa le consegne all'equipe italiana (Milano e Torino). Fino a poco prima della sua morte. Anche in quel suo ultimo anno continuerà a occuparsi fortemente, appassionatamente, di «Interrogations». Del resto, aveva venduto la sua preziosa biblioteca, di oltre 1.500 libri antichi e moderni sull'America latina, per procurare i fondi necessari ad assicurare la vita della rivista nel biennio 1977-1978...
«Interrogations» muore nel 1979, per problemi finanziari (è finita la «dotazione» Mercier che copriva quasi metà dei costi) e per difficoltà redazionali (non si trova, com'era nel progetto, un'altra equipe – inglese o spagnola – per il terzo biennio 1979-1980 e l'equipe amministrativo-redazionale milanese si trova quasi involontariamente a doversi assumere, dal 1980, la pubblicazione della rivista «Volontà»). Dopo l'apparente successo di abbonamenti e vendite del primo anno16, il secondo anno vede una caduta di abbonamenti e vendite, e negli anni successivi continuerà un lento costante declino di diffusione. Le difficili caratteristiche congenite di «Interrogations» (quadrilinguismo e alto livello di trattazione e scrittura) la mettevano, per così dire «fuori mercato».
«Interrogations» muore nel 1979. Un anno e mezzo prima era morto Louis Mercier Vega, lucidamente come lucidamente era vissuto. «Senza illusioni e senza rimpianti», per usare le sue parole.

Amedeo Bertolo

Questo articolo è apparso per la prima volta in francese in Presénce de Louis Mercier, Atelier de création libertaire, 1999.


Note

  1. Si veda la lettera a Mercier del 16.5.58 di Giovanna Berneri, vedova di Camillo e responsabile della rivista anarchica «Volontà», cui Mercier collaborava assiduamente, con cronache e commenti internazionali, sin dal 1946 con lo pseudonimo di Santiago Parane (Fondi Mercier, cit.).
  2. Si vedano: lettera di Amedeo Bertolo a Mercier del 5.3.74 e di Mercier a Bertolo del 18.3.74 (Fondi Mercier, cit.).
  3. Si vedano: lettera di Pio Turroni ad «A» del 9.10.75, lettere di Mercier a Turroni del 13 e del 15 ottobre 1975, lettere di Bertolo a Mercier del 14.10.75, lettera di Mercier a Bertolo del 14.10.75, lettera di Luciano Lanza e Paolo Finzi (per «A») alla Comisión Intercontinental de Relaciones de la FAI en el Exilio (e, per conoscenza, ad altri organismi spagnoli e italiani) del 22.10.75, lettere di Turroni a Bertolo et al. del 19.12.75 (Fondi Mercier, cit.).
  4. Si vedano: lettera di Isaac Barba al Comitato Spagna Libertaria et al. del 12.3.76 (Archivio Pinelli, Fondo Mercier).
  5. Per una brevissima trattazione si veda Louis Mercier Vega, ovvero l'amaro orgoglio di una lucidità senza rimpianti di Marianne Enckell sul Bollettino dell'Archivio G. Pinelli, n. 9 (luglio 1997), pp. 6-10.
  6. «Interrogations», n. 13 (gennaio 1975), pp. 23-37.
  7. Per «noi» intendo in questa sede la redazione di «A» e più in generale l'organizzazione di cui facevo parte: i Gruppi Anarchici Federati (GAF), nel cui Documento programmatico è contenuta un'ampia analisi della tecno-burocrazia (si veda in Che cosa sono i GAF, CDA, Torino, 1976). A questo proposito, Mercier tra anni dopo vorrà pubblicare una parte di quel programma su «Interrogations» (n. 7, giugno 1976) e ne farà aperto elogio; «[Le programme anarchiste des GAF] me semble neuf, equilibré et par conséquence fort different de la prose renâchée que nous trouvons en general dans la presse anarchiste» (lettera di Mercier a Bertolo del 28.4.76, Fondi Mercier, cit.). Per inciso, Mercier non condivideva l'enfasi posta dai GAF, nella teoria e nella pratica, sul «gruppo d'affinità», nucleo organizzativo che critica in Sur les groupes d'affinité («Interrogations», n.13, 1978).
  8. Si veda ad esempio un lungo articolo, a firma Ridel, pubblicato a puntate con il titolo Al di là del capitalismo sui nn. 23, 24, 25 e 26 del 1941 de «L'Adunata dei Refrattari» di New York. Quella dei «nuovi padroni», di una classe dominante diversa dalla borghesia (manager, burocrati, tecnocrati...) e da un sistema di dominio, diverso dal capitalismo, fondato sulla funzione e non sulla proprietà (capitalismo burocratico, collettivismo burocratico, tecnocrazia...), era una tematica al centro di una vivace discussione, alla fine degli anni Trenta e nei primi anni Quaranta, nella sinistra rivoluzionaria non-stalinista, specialmente ai margini del trotzkismo. E Mercier con grande tempestività la portò nel movimento anarchico, che peraltro non ne approfittò molto; tant'è che all'inizio degli anni Sessanta un gruppo di giovani anarchici (di cui facevo parte) dovette «reinventarsi» il problema, non trovandone traccia nella cultura anarchica a loro contemporanea.
  9. Autopsie de Peron (1974) e La révolution par l'Etat (1978; trad. it. La rivoluzione di Stato, Antistato, Milano, 1979).
  10. L'anarchosyndicalisme et le syndicalisme révolutionnaire (1978; trad. it. Azione diretta e autogestione operaia, Antistato, Milano, 1979).
  11. L'idea nasce nel 1975 come progetto di seminario di studi ristretto (si vedano lettere di Mercier a Bertolo del 4.4.75 e del 8.4.75, Fondi Mercier, cit.), si trascina stancamente nel 1976 e fino a metà del 1977 (accenno in varie lettere tra Mercier e Bertolo, (Fondi Mercier, cit.) e poi diventa finalmente operativa come progetto di grande convegno internazionale di studi. Il convegno che si terrà a Venezia dal 25 al 27 marzo 1978, con 24 relazioni e davanti a un pubblico variabile fra le trecento e le cinquecento persone. Mercier aveva inviato la sua relazione già a fine maggio 1977 (Convergenze e peculiarità latino-americane, in AA.VV., I nuovi padroni, Antistato, Milano, 1978).
  12. Uscita postuma con il titolo La pratica dell'utopia, cinque saggi sull'anarchismo, Antistato, Milano, 1978.
  13. A questo scopo, oltre a una forsennata corrispondenza, tra il 1974 e il 1977 fa numerosi viaggi. Al di là di quelli connessi con le annuali riunioni redazionali internazionali e a brevi puntate a Milano, Torino, Ginevra, Amsterdam, nel 1976 fa una lunga trasferta in Spagna e Portogallo e nel febbraio 1977 gira l'America latina.
  14. Elements pour un dossier chilien (n. 3, 1975); La variante militaire de la nouvelle classe (n. 5, 1975); Les Eglises latino-americaines et le Siècle (n. 8, 1976); Hors-jeu international et jeu internationaliste (n. 11, 1977); Sur les groupes d'affinité (n. 13, 1978); Les nouveaux mâitres: confluences et particularités latino-americaines (n. 14, 1978).
  15. La sua energia sembra inesauribile. Un aneddoto: il 28 giugno 1975 (lettera da Mercier a Bertolo) propone, per la riunione internazionale che si terrà a Ginevra il 4 e 5 ottobre, tre sessioni al giorno di lavoro – mattina, pomeriggio e sera – proposta, beninteso, da noi prontamente rintuzzata e ridimensionata... a misura umana!
  16. Duemila copie distribuite tra abbonamenti (quattrocento), distribuzione commerciale e militante: Italia e Francia i due «mercati» principali, con oltre la metà delle copie, ma presenza più o meno consistente in una quarantina di Paesi, in quattro continenti.

Bibliografia
di Louis Mercier Vega

Opere:
Affinitietsgroepen, prefazione di Jaap van der Laan, Spreeuw, Utrecht, 1983, 28 pp.
Les anarchistes face à la technocratie (firmato Santiago Parane), Ed. du Libertaire, Parigi, 1950, 29 pp..
L'anarchosyndicalisme et le syndicalisme révolutionnaire (con un testo di Victor Griffuelhes), Spartacus, Parigi, 1978, 100 pp. (trad. it.: Azione diretta e autogestione operaia, Antistato, Milano, 1979, 143 pp.
Autopsie de Péron, Duculot, Liegi, 1974.
Bilancio della guerriglia in America latina, «Annali», Fondazione Einaudi, Torino, 1970, pp. 481-494.
La Chevauchée anonyme, prefazione di Marianne Enckell, Noir, Ginevra, 1978. 125 pp. ill.
Confluences et particularités latino-américaines, in Les nouveaux patrons: onze études sur la technobureaucratie, Noir, Ginevra, 1979, pp. 151-171 (trad. it.: in I nuovi padroni, atti del Convegno internazionale di studi su «I nuovi padroni», Antistato, Milano, 1979).
Cuba : révolution et contre-révolution : rémoignages, textes officiels et documents, Parigi, 1962.
L'increvable anarchisme,UGE, Parigi, 1970 (trad. it. rivista e corretta: La pratica dell'utopia: cinque saggi sull'anarchismo, prefazione di Amedeo Bertolo, Antistato, Milano, 1978, 187 pp.
Mécanismes du pouvoir en Amérique latine, Belfond, Parigi, 1967, 208 pp.
Pourquoi et comment se bat la Hongrie ouvrière, Union des syndicalistes, Parigi,1957.
Présence du syndicalisme libertaire, prefazione di Roger Hagnauer, Union des syndicalistes, Commission internationale de liaison ouvrière, Parigi, s.d. (trad. it.: Presenza dell'anarcosindacalismo, Amici dell'AIT, s.l., 1976, 53 pp.).
La révolution par l'État: une nouvelle classe dirigeante en Amérique latine, prefazione di Miguel Abensour, Payot, Parigi, 1978 (trad. it.: La rivoluzione di stato, Antistato, Milano, 1981, 206 pp.).
Société et contre-société chez les anarchistes et les anti-autoritaires (a cura di L.M.V.), CIRA, Losanna, e Éditions Adversaires, Ginevra, 1974.
Technique du contre-État: les guérillas en Amérique du Sud, Belfond, Parigi,1968.

Riviste cui ha collaborato:
A rivista anarchica, Milano
L'Adunata dei refrattari, New York
Alliance ouvrière, Grenoble
Aportes, Parigi
Arbetaren, Stoccolma
Buiten de Perken, Olanda
CILO, Francia
Contacts littéraires et sociaux, Parigi
L'Espagne antifasciste, Parigi
L'Espagne nouvelle, Parigi
Études anarchistes, Parigi
Freedom, Londra
Interrogations, Parigi (poi Torino)
Le Libertaire, Parigi
Mundo nuevo, Parigi
New Politics, New York
Plus loin, Parigi
Preuves, Parigi
Reconstruir, Buenos Aires
Resistance, New York
Le Réveil syndicaliste, Liegi
Le Réveil syndicaliste, Parigi
Révision, Parigi
La révolution prolétarienne, Parigi
Témoins, Zurigo
Voce libertaria, New York
Volontà, Genova
War Commentary for Anarchism, Londra

Pseudonimi identificati:
Courami/Couramy, Damaschki, Hersay/R. C., L'Itinérant/L'itinerante, Liégeois, Luis Mercier Vega, Pierre Paillard, Santiago Parane, Charles Ridel.

 


L'amaro orgoglio della lucidità senza illusioni

di Marianne Enckell

L'esistenza di Louis Mercier Vega comincia a Santiago del Cile il primo ottobre del 1940, con l'acquisizione di una carta di identità cilena. Ma è nato Charles Cortvrint a Bruxelles, ventisei anni prima. I suoi articoli sulla stampa anarchica sono firmati dapprima con lo pseudonimo di Courami, poi come Charles Ridel, Damashki, Santiago Parane, L'Itinérant e qualche altro nome di fantasia. Nel suo breve romanzo autobiografico La Chevauchée anonyme si rappresenta insieme come Parrain e come Danton: «Sono io stesso una federazione di pseudonimi», amava dire di sé, con vezzo da vecchio internazionalista.
È forse il cosmopolitismo che l'attira, ancora molto giovane, a un meeting del Comitato internazionale di difesa anarchica a Bruxelles? Hem Day, Ernestan, Nicolas Lazarévitch vi tengono interventi in difesa di Francesco Ghezzi, antifascista italiano scomparso nelle galere sovietiche. Parigi lo attira presto, come un Varlin più che come un Rastignac. Con il nome di Ridel vi si guadagna il pane come manovale ai mercati, operaio pellettiere, venditore ambulante, sguattero (o meglio «vaissellier à la petite argenterie»), correttore di bozze, e qui fa sua la convinzione operaia per cui, in mancanza di meglio, il sindacato è la più idonea espressione di classe esistente. In seno alla Union Anarchiste, dove si trovano all'epoca riunite tutte le tendenze libertarie francesi, sotto il «cappello» ecumenico della «sintesi» di Sébastien Faure, Ridel e i suoi amici delle Jeunesses – il metallurgico Guyard, il carbonaio Carpentier, l'ambulante Ringeas, l'aggiustatore metallico Faucier, lo scaricatore alle Halles Patat – costituiscono una frazione comunista libertaria che organizza gruppi di fabbrica e, non soddisfatto di dichiarazioni antifasciste puramente verbali, propongono un programma economico e politico alternativo al Fronte popolare.
Nel maggio del 1936 è presente al Congresso di Saragozza della CNT spagnola. Quando il 19 luglio scoppia la rivoluzione, aspetta appena che gli venga pagata la «quindicina» di salario per partire. Assieme a Carpentier fonda il Gruppo internazionale della colonna Durruti, «proscritti d'Italia e sfruttati dall'imperialismo francese... la legione dei senza-patria che sono venuti a battersi nella penisola per l'ordine operaio e rivoluzionario». Ma quando le milizie vengono subordinate al comando militare, quando gli anarchici entrano nel governo, torna in Francia per sostenere, con un giro di conferenze, la causa della Spagna rivoluzionaria. «Possiamo dire in tutta coscienza, a nome di coloro che cadranno come miliziani della rivoluzione sociale: 'Non è per quello che sono morti', e possiamo impedire che i buffoni della rivoluzione sociale depredino i loro cadaveri», dice nel maggio 1938 l'editoriale di «Révision», piccola rivista dal titolo provocatorio fondata da Ridel, Maria Luisa Berneri, Lucien Feuillade, Jean Rabaut e qualche altro.
Nello stesso periodo il gruppo del «Réveil Syndicaliste», costituito da ex militanti delle Jeunesses anarchistes, si va radicando nelle fabbriche. Ridel vive un po' del suo lavoro di correttore di bozze e un po' di attività meno confessabili. Quando scoppia la guerra non è neppure pensabile che si lasci intruppare: «C'è ancora un amaro orgoglio di disperata lucidità, in un mondo che corre verso l'abisso cantando assurdi ritornelli». E poiché l'esercito belga e la polizia francese lo aspettano al varco, parte per un viaggio che sarà determinante per la sua vita futura.
In La Chevauchée anonyme (scritto sostanzialmente autobiografico, pur se in forma di romanzo) racconterà, molti anni dopo, l'esodo di un gruppo di anarchici impregnati del ricordo delle lotte recenti in Belgio, Francia e Spagna. Arrivati, loro malgrado, a Buenos Aires, si mettono in contatto con il movimento anarchico locale e nel contempo cercano di mantenere ogni legame possibile con i compagni rimasti in Europa. Nel 1940, secondo la finzione narrativa, le strade dei due personaggi – Danton e Parrain, i due doppi di Ridel – divergono: il primo, che pure odia l'esercito, si arruola nelle Forces libres francesi, nella speranza di tornare nel vecchio continente e di ricostruirvi una rete di compagni. L'altro va in Cile: il suo Paese, le sue radici. Ecco l'internazionalismo: tutta la Terra per sé, a patto di avere delle solide radici.
Le Forces libres riportano Charles Ridel, divenuto nel frattempo Luis Mercier Vega di fresca «anagrafe» e cileno di fresca «nazionalità», a Durban, a Brazzaville (nell'allora Congo francese) e poi in Libano, dove resta tre anni, dapprima nei servizi d'ordinanza, e poi alla radio. Cumula incarichi per mettere da parte soldi, impara il giornalismo, cerca di mettere in piedi un gruppo, anche a costo di farsi notare un po' come sovversivo. Ma ristabilire i contatti con i compagni in Francia, Italia, Inghilterra è pressocché impossibile: riesce a fare arrivare a Londra un solo articolo, pubblicato su «War Commentary».
Mercier rientra, nel dicembre 1945, in Francia, dove i compagni, sopravvissuti alla guerra, ai campi di concentramento o agli espedienti per riuscire a cavarsela, vanno a poco a poco ritrovandosi. Si stabilisce a Grenoble, dove si sposa e diventa giornalista del «Dauphiné libéré». Ogni mese manda una «lettera dalla Francia» ai giornali anarchici di tutto il mondo: «Volontà» a Genova, «Umanità nova» a Roma, «Freedom» a Londra, «L'Adunata dei refrattari» a New York. E collabora al «Libertaire» e alla «Révolution prolétarienne» di Parigi. Lancia anche, in loco, un giornale sindacalista, «L'alliance ouvrière», assieme ad alcuni militanti di Force ouvrière.
Ben presto la sua lucidità analitica e le sue capacità organizzative lo fanno conoscere in ambiti più vasti e viene assunto nella Segreteria del Congresso per la libertà della cultura, un'organizzazione creata dall'American Federation of Labor e da varie fondazioni nord-americane che così definiva i suoi obiettivi: «difesa della libertà della cultura, affermazione permanente dei valori della nostra civiltà, lotta contro le dottrine totalitarie, istituzione e sviluppo di un'organizzazione mondiale che riunisca gli intellettuali in una cooperazione costruttiva su un programma antitotalitario».
Il Congresso è stato violentemente criticato come «macchina da guerra» anticomunista e filo-americana. Ricordiamoci, tuttavia, che tra i suoi fondatori ci sono personaggi come Arthur Koestler, Ignazio Silone, Denis de Rougemont, François Bondy, certo insospettabili di essere stati fantocci della CIA. Può essere che nella Segreteria vi fossero uomini dei servizi segreti, ma quelli che la facevano funzionare erano il poeta polacco Costantin Jelenski, i militanti del POUM Julian Gorkin e Ignacio Iglesias... e l'anarchico Mercier. Quest'ultimo è segretario di redazione della rivista «Preuves» e ben presto responsabile della sezione latinoamericana del Congresso.

Due volumi di Louis Mercier Vega pubblicati da Edizioni Antistato

Il programma di una vita

Nel frattempo non lascia l'attività sindacalista. Partecipa alla creazione, nella regione parigina, di una Unione dei sindacalisti, che cerca di raggruppare militanti di diverse centrali sindacali e di diversi ambienti. Nell'ottobre del 1956 scoppia la rivoluzione ungherese: Mercier lavora giorno e notte a leggere, compulsare, cercare di capire per pubblicare uno dei primissimi opuscoli su quei fatti. Assieme a Helmut Rüdiger (un anarcosindacalista tedesco rifugiatosi in Svezia e redattore di «Arbetaren», il quotidiano del sindacato libertario SAC) e ad Albert De Jong, anarcosindacalista olandese, mette in piedi la Commission internationale de liaison ouvrière (CILO), che pubblicherà un bollettino in varie lingue dal 1958 al 1965.
Tra il 1962 e il 1965 è in missione in quasi tutti i Paesi dell'America latina per installarvi delle «antenne» dell'Istituto latinoamericano di relazioni internazionali: centri di ricerca, gallerie d'arte, case editrici. Vi collaborano diversi compagni esiliati come Benito Milla in Venezuela, André Germain e Marcel Spielman in Cile, Fidel Miro in Messico, scelti non per favoritismo o nepotismo, ma per la loro capacità di lavoro e d'analisi. Mercier respinge senza pietà quelli che tentano di servirsi opportunisticamente dell'Istituto o del Congresso per fare carriera.
Le sue tesi, del resto, non sono fatte per piacere ai carrieristi: ascesa di una nuova classe dirigente in tutti i Paesi della regione, una classe di «fuoriusciti» dalla borghesia, dall'esercito o dall'università – indifferentemente di destra o di sinistra quanto a ideologia – il cui potere è fondato sulla funzione e non più sulla proprietà.
Il concetto di tecnoburocrazia, che aveva già abbozzato nell'immediato dopo-guerra, è uno degli elementi di base dell'ultima rivista da lui avviata nel 1974: «Interrogations».
Alla fine degli anni '60 vengono denunciati cospicui finanziamenti dei servizi americani, tramite fondazioni di copertura, al Congresso per la libertà della cultura e delle sue istituzioni. «Come tutti gli antistalinisti di sinistra, le rivelazioni sulla partecipazione della CIA al Congresso l'avevano lasciato impietrito», scrive Grémion, ma «Mercier [...] era capace di incassare tutti i colpi che gli venivano inferti in una situazione particolarmente difficile». Nel 1972, per non svendere nulla, perde tutto: l'Istituto, la rivista «Aportes» e il suo posto di lavoro.
Per tutto questo periodo è stato fedele ai suoi impegni ma in modo defilato. Dopo la sua partenza per l'America latina nel 1962, partecipa solo al bollettino della CILO e a «Révolution prolétarienne»; al suo ritorno in Francia cessa quasi del tutto le collaborazioni. Nel 1970 esce il suo L'increvable anarchisme ed è una vera e propria scoperta per la generazione del '68: quale comprensione, dall'interno, del movimento anarchico, quale franchezza di parole, quale massa di conoscenze e di esperienze! Questo smilzo libro dirompente suscita nuove collaborazioni e profonde amicizie; ma risveglia anche, ahimè, vecchi rancori e indegne calunnie in seno al movimento anarchico.
Quando Mercier fonda la rivista quadrilingue (francese, inglese, spagnolo, italiano) «Interrogations», è logorato da queste campagne infami, dalla perdita del suo lavoro – suo principale strumento di conoscenza – e dalla morte prematura della sua compagna. Sa che è il suo ultimo round. Ma non ha perso il fuoco che gli faceva criticare a venticinque anni, tra la sconfitta della rivoluzione spagnola e la débâcle delle democrazie di fronte alla guerra, «l'esecrabile abitudine che hanno preso la maggior parte dei rivoluzionari – sotto l'influenza dei lacrimosi democratici e dei reazionari – di non riflettere sui fatti se non con passivo sentimentalismo [...]. Vivere le lotte sociali rispondendo ogni giorno ai problemi quotidiani, combattere con la certezza che ogni colpo inferto si ripercuote anche su chi colpisce, costruire la propria teoria tenendo ben saldi i piedi per terra e non negando la realtà per idolatria dei princìpi, questo è il programma che ogni militante può applicare».
E questo è il programma che Mercier s'è dato per tutta la sua vita. Non gli resta che assicurarsi il ricambio, mettere in marcia la rivista e i suoi interrogativi. Il 20 novembre 1977 Louis Mercier, alias Charles Ridel, alias Santiago Parane, metteva fine ai suoi giorni. La Chevauchée anonyme, l'ultima riproposizione dei suoi scritti sull'anarcosindacalismo e sull'America latina e diverse traduzioni sono apparse postume.

Marianne Enckell

traduzione di Amedeo Bertolo

L'articolo pubblicato è apparso per la prima volta in italiano nel Bollettino dell'Archivio Pinelli, n.9, 1999.