rivista anarchica
anno 45 n. 403
dicembre 2015 - gennaio 2016


alle lettrici, ai lettori

Dal ChiapAs al Kurdistan

Dal mondo. Con la sua dodicesima “lettera dal Chiapas” si chiude il reportage di Orsetta Bellani sull'esperienza zapatista, che iniziò il 1° gennaio 1994 ed è tuttora in corso. La prima di queste corrispondenze è stata pubblicata nel numero estivo del 2014 (“A” 391) e successivamente su tutti i numeri (con l'eccezione dello scorso). “A” ha ospitato i testi e le foto di Bellani, particolarmente interessanti – a nostro avviso – perché frutto di una conoscenza diretta e prolungata della vita delle comunità zapatiste.
Subito dopo lo scritto di Bellani, ne pubblichiamo uno di Claudio Albertani – da molto tempo residente in Messico – che analizza la vicenda dello zapatismo, dalle sue origini ai giorni nostri, mettendone in risalto aspetti positivi e anche alcuni limiti. Il tutto nell'ambito di una scelta di campo ben precisa, dalla parte di chi rifiuta la sudditanza ai modelli di “sviluppo” dominanti e si propone di operare concretamente con metodologie almeno in parte diverse, tendenzialmente libertarie.
Dal cuore dell'Impero arriva la terza corrispondenza da New York di Santo Barezini, ormai già un “classico” della nostra rivista.
Abbiamo da un paio d'anni una rubrica (“9999, fine pena mai”) affidata all'ergastolano Carmelo Musumeci. Un mondo, quello del carcere, presente in tutto il mondo, ma dal mondo “normale” perlopiù ignorato.
Sempre della serie “dai nostri inviati sul posto”, potete leggere (alle pagg. 17-20) il sintetico resoconto che Giulio D'Errico ha scritto, a nome del collettivo “RojavaResiste”, al ritorno da un viaggio nel Kurdistan turco. Pur in una drammatica situazione di guerra, emergono elementi interessanti per chi – come noi – intende valorizzare qualsiasi elemento di difformità libertaria rispetto agli schemi dominanti. Senza, d'altra parte, perdere il senso della misura ed enfatizzare questi aspetti come se fossero più radicati e sviluppati di quanto in effetti siano.
Ancora in terra asiatica, e precisamente nella parte asiatica della Turchia attuale, ebbe luogo un secolo fa l'episodio centrale della strage degli Armeni, che Francesco Berti ricostruisce con una particolare attenzione alla sue caratteristiche di fondo. Accompagnano questo scritto sei tavole disegnate da Paolo Cossi, in un suo bel libro del 2007 recentemente ripubblicato.
Dopo le Americhe e l'Asia, l'Africa. A uno degli stati più poveri di questo continente, il Ciad, è dedicata la rubrica “Senza confini” di Valeria De Paoli, che principalmente attraverso le sue tavole rende conto della situazione sociale (e anche naturalistica) di questo Paese peraltro ricco di ingiustizie sociali, rifugiati, guerra, dittature.
Di taglio completamente diverso lo scritto che Steven Forti ci ha inviato per ricordare i 25 anni di Radio Contrabanda, storica emittente “contro”, a Barcellona. E così anche l'Europa ha il suo spazio.
Manca in questo numero, per completare la lista dei continenti, una corrispondenza dall'Oceania. Ce ne scusiamo.

Punti-vendita. Potrebbe sembrare un arido elenco di edicole, librerie, centri sociali, ecc. Invece – a nostro avviso – l'elenco dei punti-vendita meriterebbe più attenzione, o meglio più “partecipazione”.
La nostra proposta è quella di un'assunzione di responsabilità da parte di tutti coloro che ritengono importante che “A”, oltre ad esistere (e a essere disponibile e scaricabile gratis online) sia anche reperibile e acquistabile. Sarebbe positivo se si riuscisse ad individuare almeno un punto-vendita, un'edicola, una libreria, una bottega del commercio equo e solidale, un sede anarchica, un centro culturale, insomma un posto che accetti di ricevere (da noi) anche solo qualche copia di “A”. Nel primo interno di copertina di ogni numero di questa rivista, sotto il titolino “PiazzamolA”, si spiega bene questa procedura.
Le copie invendute le lasciamo al punto-vendita, evitiamo i costi di (ri)spedizione e ci basiamo sulla fiducia. Fiducia che nella nostra esperienza è sempre stata ben riposta, perché chi si rende disponibile a “tenerci” non lo fa certo per avidità di denaro...
È questa una delle tante cose belle, piccole ma certo significative, che capitano lavorando ad un progetto editoriale come questo di “A”. Fuori e contro la mentalità commerciale dominante e dilagante.