rivista anarchica
anno 46 n. 405
marzo 2016


pedagogia libertaria

Un arcipelago di esperienze

testo e foto di Giulio Spiazzi


Da anni la Rete per l'Educazione Libertaria costituisce un punto di riferimento importante per le numerose realtà impegnate in nuovi percorsi educativi. Lo scorso settembre si sono tenuti ad Osimo (Ancona) due appuntamenti stimolanti.


Un momento del Seminario della Rete per l'Educazione
Libertaria tenutosi alla scuola libertaria Serendipità
di Osimo (An). (Tutte le foto che illustrano questo
dossier sono state scattate ad Osimo-An)

Le scuole in libertà

testo e foto di Giulio Spiazzi

Il 19 settembre si è svolto a Osimo (Ancona) il secondo seminario della Rete per l'Educazione Libertaria. Eccone un resoconto.

Da lontano, la cittadina di Osimo sembra un'isola emersa dalle onde multicolori delle dolci colline marchigiane. E tale immagine di viaggio si abbina presto con i contenuti espressi nel corso del secondo seminario e del sesto incontro nazionale della Rete per l'Educazione Libertaria, svoltisi nelle giornate di sabato 19 e domenica 20 settembre 2015.
Si menziona la metafora dell'isola, accostata agli eventi culturali della REL, in quanto la “Rete”, a tutt'oggi, si presenta sempre più come una realtà variegata e complessa, in costante divenire, dai contorni partecipativi simili ad un “arcipelago” (dunque ad un insieme di isole in volontario collegamento) di idee, progetti, realizzazioni. Veniamo ai fatti.
L'appuntamento annuale di quest'anno può a ben ragione dirsi l'occasione privilegiata per restituire, a chi è interessato alla ricerca educativa libertaria, una traccia chiara di tutto il lavoro di fitto contatto e di sincere relazioni portato in essere silenziosamente nel corso degli anni da chi vive e frequenta la REL come progetto (anche) politico, d'assieme.
Il dato che tra le campagne ed il centro città di questo ennesimo gioiello storico-architettonico-naturalistico dell'Italia centrale (ovvero Osimo) abbiano colloquiato, con fare di reciproca “intesa nelle diversità”, rappresentanti delle comunità auto-educanti di realtà da anni presenti nella Penisola, con nuovi ambienti educativi approdati con visione di percorso al mondo variegato della REL, testimonia la forte volontà e determinazione, finalmente presente anche in questo Paese, di rafforzare e ampliare quel sentire libertario in campo educativo, iniziato nella pratica un decennio fa e che vede finalmente coinvolti tutti “i punti cardinali” geografici d'Italia.
Un breve elenco può da subito mettere in luce la preziosità, la valenza e la prospettiva d'orizzonte di questa consistente “emersione” di “terre educative”. Kether a Verona, I Saltafossi a Bologna, Mareggen a Genova, Serendipità ad Osimo, Urupia a Francavilla Fontana nel Salento, Ubuntu ad Abbiategrasso, I prataioli a Pavullo, la Scuola senza Scuola a Modena, la Scuola Libertaria ad Assisi, Selva in Val Camonica, e le partenti Bamborin di Milano, Mandala della Bassa Valtellina e I Pissacani di Padova, oltre a situazioni d'interesse, espresse da singoli individui e da gruppi che si stanno chiedendo come poter realizzare nel proprio contesto un primo passo concreto per poter esprime una realtà auto-educante libertaria. Insomma, ciò che salta evidente è che, dopo anni di tenace lavoro, l'arcipelago REL si sta espandendo, mantenendo viva e vivace la costante attenzione dialogica sui presupposti da cui nasce.
Le presentazioni in cerchio di sabato 19 ottobre, concretizzano e rafforzano ulteriormente la sensazione di diffusione dell'interesse per questo fare auto-formativo. Genitori, educatori ed educatrici provenienti da Reggio Emilia, Iesi, Noto, Perugia, Fano, Torino, come pure dal Brasile e dalla Spagna guardano con interesse i temi proposti dalla giornata di seminari “interni”, che vede coinvolti anche insegnanti della scuola di stato e ragazzi, ormai maturandi diciottenni, dell'ex Kiskanu di Verona. I temi proposti dai sei gruppi di lavoro che presto scompongono e riorganizzano spontaneamente l'assemblea iniziale sulla base d'interessi, curiosità e voglia di testimonianze vive, trattano i seguenti argomenti: 1) “Il doppio binario: come coniugare l'esperienza auto-educativa libertaria e le richieste dell'istituzione statale (esami, programmi, certificazioni, ecc.)” promosso da Francesco Giordano, Giulio Spiazzi e tre ex studenti di Kiskanu-Verona; 2) “Postura non adultocentrica dell'accompagnatore/trice”, condotto da Gabriella Prati e dalle accompagnatrici de I Saltafossi di Bologna; 3) “La gestione del conflitto”, con Francesco Codello e Thea Venturelli della realtà auto-educante di Urupia; 4) “L'avvio di un'esperienza di scuola libertaria” promosso da Mara Melotti e dalle educatrici de I Saltafossi e di altre realtà in movimento; 5) il “Rapporto con i genitori”, gruppo di scambio di esperienze per accompagnatori/trici, condotto da Emily Mignanelli e Veronica Pacini della scuola libertaria di Osimo Serendipità; 6) “Essere genitori in un'esperienza di scuola libertaria” come gruppo di lavoro aperto per genitori che si vogliono raccontare.
Il fitto studio frazionato, si snoda per l'intera mattinata di sabato 19 settembre, per proseguire poi intensamente (dopo una doverosa e accogliente pausa pranzo) nel pomeriggio e concludersi alla fine in assemblea plenaria, con le ragionate restituzioni collettive messe all'ascolto da “oratori spontanei e intra-seminariali”, non posti in “ordine di cartello”, appartenenti ai vari nuclei di partecipazione. [...]

Francesco Codello
L'importanza del dialogo

Veronica Pacini, che con Emily Mignanelli costruisce quotidianamente (tramite un tessuto di sensibilità e relazione costante con gli adulti genitori – caratteristica prima di Serendipità), la realtà auto-educante ospitante di Osimo, ha portato come voce d'assieme il contributo di seminario sintetizzato in un pamphlet disegnato gradualmente durante il confronto dialogico, parlando di ciò che si è elaborato nel laboratorio d'incontro dedicato ai rapporti con i genitori: “Come primo passo, abbiamo messo in comune sul tavolo di discussione, le varie esperienze e le preoccupazioni legate a questo tipo di rapporto che intrinsecamente genera delle difficoltà, sia negli educatori che nei genitori, in quanto esistono innegabilmente dei ruoli diversi. Al centro ci sono i bambini che sono i beni più preziosi dei genitori e quindi c'è molto lavoro da fare su entrambe le sponde.
Il nostro punto di partenza è stato: “Non siamo Summerhill” (scuola democratica anglosassone fondata da Alexander Sutherland Neil, ndr), quindi i genitori non possono essere esclusi completamente dalla partecipazione alle dinamiche della comunità auto-educante. Dunque, come si può gestire un rapporto il più possibile sano e sereno tra le parti in relazione?
Siamo così partiti un po' dal prima di iscrivere i bambini a scuola e abbiamo analizzato due situazioni che accadono quando si apre una realtà come quelle riunite nella REL: la scuola che parte dai genitori e la scuola che si muove dagli educatori.
Questo fatto pone problemi diversi rispetto a tale tipo di rapporto. Per noi, la scuola che parte dai genitori, iniziando appunto da genitori, è forse anche più difficile dell'altra. Distinguere i ruoli e capire “cosa possa decidere il gruppo dei genitori” e “cosa il gruppo degli educatori”, è innanzitutto osservare e comprendere come gestire questa relazione.
La competente esposizione di Veronica su uno dei gangli più accesi e discussi dei rapporti interni ad un cammino libertario auto-educativo, si situa anch'essa sul salutare confine del dubbio: “Chiaramente non ci sono alla fine uscite delle risposte, ma delle riflessioni. La necessità più forte è quella di chiarire prima; e quindi di distinguere i ruoli. Che cosa decide il gruppo dei fondatori, se è costituito dai genitori? Ma poi, dopo tale presa d'iniziativa, cosa decide l'equipe di educatori? Il “piano pedagogico-umano”, a chi compete? A chi sta con i bambini tutti i giorni? Al gruppo fondatori? Ai genitori?
Insomma, il lavoro da fare è probabilmente quello di discutere e ridiscutere tanto per individuare le responsabilità e fare tutti un “atto di umiltà” per stare dentro al proprio ruolo e non invadere quello altrui.
La seconda situazione riguarda invece, tramite queste analisi, quella di una scuola che nasce dagli accompagnatori. “Qui abbiamo fatto assieme svariate considerazioni”, afferma Veronica Pacini di Serendipità “e abbiamo maturato l'idea (magari poco piacevole ma obbligata dalle risultanze sovente distruttive già sperimentate, che regolarmente colpiscono i gruppi d'aggregazione) di vari stop, vari biglietti d'ingresso. Da una parte ai “genitori modaioli”, perché a tutte le persone che hanno lavorato in questo nostro gruppo di discussione è capitato d'incontrare l'interesse da parte di famiglie che volevano semplicemente la “scuola alternativa”, che adesso va tanto di moda”.
“Insomma, quindi ci si è chiesti: come riconoscerli? Come arginare questa cosa? Perché, nella quotidianità, questo fattore è come una bomba. Infatti se la motivazione non è forte ma è solo una motivazione di facciata, solo per dire: “Nostro figlio va alla scuola libertaria”, possono esplodere dei problemi da un momento all'altro, che danneggiano gravemente tutto l'ambiente di sensibilizzazione”. [...]
“Bisogna impegnarsi a capire bene dove vogliono andare, che cosa stanno cercando queste famiglie e se noi siamo la risposta ai loro bisogni. Dunque, questa scelta come farla? È quindi emersa la visione di tutti che il gruppo degli accompagnatori debba avere ben chiaro che cos'è la propria scuola, che pure essendo sempre una “cosa in movimento, in divenire”, sappia dire intanto cosa non è; e questo, potrebbe già essere un buon punto di partenza. E poi, avere una chiarezza sul “patto educativo”, quindi dire: “Bene, genitori, la nostra scuola è così e così, i bambini hanno la libertà di scegliere queste cose; hanno diritto al tempo, all'apprendimento svolto in un certo modo, ecc.”. Dunque, essere molto chiari, cosa che a volte, soprattutto all'inizio, magari non lo si è sufficientemente e si dice: “prendiamo questo e quello” perché intanto abbiamo bisogno di genitori, di famiglie e di bambini. Ma ciò in realtà non funziona. Meglio dunque essere solo in due ma, convinti, piuttosto che in duecento senza la comprensione di cosa si stia facendo”.

La lunga preparazione della giornata
dei Seminari REL a Serendipità
Un cammino parallelo

Le restituzioni collettive assembleari proseguono con l'esposizione delle tematiche analizzate e discusse dal gruppo del “doppio binario”, ovvero del cammino in parallelo tra educazione libertaria e statale in ambito di richieste, strumenti e tentativi di reciproche comprensioni e collaborazioni.
Con Francesco Giordano, membro fondatore della REL e, contemporaneamente, insegnante di lungo corso della scuola istituzionale, si è messa in rilievo quella possibilità d'incontro che una realtà auto-educante dovrebbe tenere sempre ben presente per poter lavorare incisivamente, con prospettive di progettualità estese nel tempo, sul proprio, specifico territorio.
La comunità auto-educante libertaria non ha in sé come motivazione fondante, quella di nascere come “contrapposizione”. Essa è presente “nel mondo” dove i bambini/e crescono e non è avulsa dalle problematiche dello stesso. Perciò costituisce essa stessa una “piccola differenza” che colloquia con la “grande differenza” della scuola di stato.
Molto pragmaticamente dunque la ricerca educativa libertaria dovrebbe quindi creare territorialmente un reale “percorso di contatto” con le persone che vivono nella scuola statale e che spesso “gestiscono” le indicazioni di futuro dei cammini di studio dei ragazzi/e. Questo (ancora una volta) incontro con le disponibilità e sensibilità presenti nelle pieghe della scuola dovrebbe nascere prima di tutti quei successivi passaggi tecnici (domande cartacee, scambio di modulistica, trattazione dei programmi/mappe concettuali, presentazioni d'esame, ecc.) che possono scandire annualmente i ritmi di vicinanza tra le due realtà auto-educanti ed educative, nella scelta parentale/genitoriale-istituzione certificante.
Il dialogare, l'aprire un confronto con la “regola di Stato”, o meglio, (con i dirigenti scolastici in quanto persone), l'evitare lo scontro subitaneo con essa, rientra come “cerchio allargato” nella pratica libertaria del tessere “relazioni”. [...]
Il seminario dedicato al “doppio binario” ha dunque messo a disposizione pure una relazione sugli strumenti pratici che una nuova realtà auto-educante deve conoscere ed “avere in mano”, nel momento in cui va a “bussare alla porta” della dirigenza scolastica di zona, dalla modulistica ai piani di studio collettivi e individualizzati, dai profili di presentazione dei ragazzi/e alle auto-valutazioni, ecc., mettendo dunque a disposizione degli interlocutori statali, con sicurezza e non con “sensazione di inferiorità” o, peggio, “sudditanza” tutti gli elementi di “splendida diversità”, che, anche dal punto di vista delle “carte parlanti”, della burocrazia d'iscrizione, una comunità libertaria di studi sa fornire per operare negli interstizi della “normalità scolastica”. [...]

La felicità è un dondolo senza parole
L'importanza del tempo e dell'attesa

Insomma, in sintesi, un agire di stretto contatto che finalmente “ibrida”, “mescola”, “meticcia” nuove possibilità di lavoro comune, non più e solo teoriche ma operative, rivolte alla fine al bene dei giovani studenti, ove la loro innata e imprevedibile potenzialità creatrice non si senta più tarpata da un giudizio inappellabile calato dall'alto “dell'inavvicinabile adultità”.
Il dato importante e portante della “controproposta” esistente nelle risultanze di un diligente cammino di studi libertario, formulato da ciò che “vogliono i bambini/e” rispetto a un programma stabilito da entità di dominio lontane dall'ascolto delle voci di chi vive effettivamente la “scuola”, passa anche attraverso ciò che “non vogliono”, ovvero sulla nostra accettazione di una loro “opposizione” anche allo studio e, di conseguenza alla tutela che la “scuola libertaria” deve saper fare di questo “sacrosanto diritto” espresso dallo studente-non studente.
Rispettare dunque i tempi, vivere nella forza dell'attesa, rigettando l'angoscia per una mancata espressione di ciò che forse l'accompagnatore adulto si “aspettava” potesse provenire da un ragazzo/a coinvolto nel processo di auto-formazione, diviene estremamente salutare, per l'accompagnatore medesimo e ancor più per il suo “contatto-istituzionale”, affinché il grande lavoro di incontro non diventi un “gioco tra operatori”, tra “specialisti dell'educazione differenziata”.
I “casi umani” di “renitenza allo studio” sono i migliori “maestri” per ogni accompagnatore libertario, insegnante, professore statale, ecc., e questo è bene sempre ricordarlo.
Un ultimo elemento interessante di questo seminario di “ricerca d'intesa”, ha visto nella gradualità il fattore vincente di un percorso auto-educante libertario che sappia durare nel tempo. Una “scuola libertaria” non nasce dal giorno alla notte. Nella sua congenita imperfezione, cammina con il procedere di chi la frequenta. Non esistono formule magiche per crearla, la si fa e basta, dandosi tempo nell'errore e nella correzione lenta e costante, senza pensare che possa esserci mai un “modello sicuro” a cui appellarsi.
Questo dovrebbe far pensare molti che chiedono: come si fa una “scuola libertaria”? Quali “tirocini” svolgere per arrivare ad essere accompagnatori libertari? Perché non proporre corsi di “formazione”? No, le comunità auto-educanti libertarie hanno bisogno di pratica costante nel tempo e sui territori, rimanendo salde ai propri “perché” di base, ma senza pensare che un giorno esse stesse possano diventare il nuovo paradigma di una “istruzione totale”; semmai esse chiedono, quello sì, di alimentarsi a piacimento del grande sogno utopico di una reale felicità dei giovani interessati a crescere nella/e cultura/e, in un orizzonte di disponibilità sempre più diffuso.
Esse dunque restano estremamente oscillanti e insicure, nei metodi e nelle pratiche di riferimento per anni, senza pretese di essere già arrivate ad una certezza di “purezza libertaria”, concetto inevitabilmente e ontologicamente lontano dalle proprie, medesime premesse di formulazione. E tutto questo è salutare per chi vive e lavora all'interno e per gli stessi interlocutori delle scuole di stato.
Il collettivo di dialogo accompagnato da Gabriella Prati de I Saltafossi di Bologna, che ha trattato il tema della “postura non adulto-centrica”, ha trovato nel passaggio dalle testimonianze nominali orali, alla sintesi scritta di un “abecedario delle sensazioni”, la comunicazione di studio alla collettività assembleare.
Nel binomio di scambio ascoltare-ascoltarsi, partendo dalle storie personali, si è profilata nel “cerchio seminariale” dedicato a questo tema, l'importanza dell'identificazione di una posizione nella costruzione di una relazione. Partendo dunque da una situazione espositiva “a ruota libera”, in cui sorgevano via via potenti immagini, percorsi, rimembranze ed impressioni, a piccoli passi è maturato all'interno dell'intesa di gruppo, un bisogno di realizzare appunto relazioni “d'ascolto interno/esterno” [...] “premessa indispensabile affinché questo rapporto diventasse paritario, sufficientemente paritario, tra persone grandi e persone piccole”. Dunque, dopo una fase concreta di scrittura, di lettura e rilettura partecipata, si è arrivati ad un “riconoscersi” nelle parole così interiorizzate, rese consce negli individui e nel gruppo di tessitura dialogica “proprio perché fosse una testimonianza singolare nel senso del soggetto; perché è appunto il soggetto che è impegnato, in questa ricerca, in questa relazione”. [...]

I gruppi di lavoro all'opera nel giardino di Serendipità
Lo spazio del bambino

La trattazione ha dunque convenuto che alla base di questo rapporto, deve esserci un chiarimento, una presa d'atto, un intento ben chiaro e definito all'interno del gruppo, tra accompagnatori e genitori, affinché si sviluppi una sincera collaborazione sperimentata nel quotidiano. Così discutendo, il seminario ha analizzato l'importanza dello spazio proprio del bambino, dal quale il genitore non sia comunque escluso, ma che ne sia complice, che possa quindi costruire un cammino educativo, assieme all'accompagnatore e al ragazzo/a (che comunque restano il binomio più prestante di questa relazione).
Più interventi hanno riconfermato che la teoria del “fare un passo indietro” risulta essere l'espressione più evidente della fiducia che l'adulto può dare ad un bambino/a. Il bambino/a sa che cosa lo fa star bene, sa prendere decisioni se gli vengono effettivamente forniti gli strumenti.
Dunque è stata sottolineata anche una sorta di “accompagnamento alla propria libertà”, dove, ad esempio, in assemblea la parola di un piccolo/a viene realmente ascoltata, cioè a tutti gli effetti “conta”.
Nel corso dei confronti si è toccato quindi anche il problema della quotidianità organizzativa, ma pure “didattica”, di una realtà auto-educante. Il non smorzare la curiosità dei giovani studenti si sposa con il cercare di facilitare la stessa, vivendola come accompagnatore/trice che partecipa della scoperta del sapere, nel rispetto delle effettive tempistiche differenziate d'apprendimento.
Nelle scuole “tradizionali”, dove purtroppo si privilegia il “ritmo serrato”, ciò avviene di rado e il “giocare a non far niente” è assolutamente non contemplabile. Ecco perciò che lasciare che i bambini/e e i ragazzi/e si possano “riappropriare della noia”, in funzione di crescita, diventa un altro fattore importante proposto dall'ambiente auto-formativo libertario. Come è dunque possibile, economicamente, burocraticamente, attuare una esperienza “dal basso” effettivamente libertaria?
Il tavolo di discussione ha rimandato a varie considerazioni dettate primariamente dalle metodologie già nel tempo sperimentate: dall'autofinanziamento, alla scelta della forma associativa costitutiva, alla sede, ecc., per arrivare ad una crescita di consapevolezza personale e di gruppo tale da poter permettere ad ognuno di prendere dalle esperienze degli altri un qualcosa che possa rafforzare concretamente l'avvio di una scelta ben precisa e precisata.
Alla fine, si è convenuto largamente che tale percorso, pur con le sue ripetute difficoltà, rafforza l'intesa e la determinazione degli accompagnatori stessi che, con la effettiva messa in gioco, con la pratica diretta sul territorio, attraverso tentativi, errori, messe in discussione, ecc., possono effettivamente arrivare a creare la propria esperienza educativa libertaria.
Tutti gli interventi espositivi dei singoli gruppi d'intesa (riuniti in seminari tematici durante la giornata di sabato 19 settembre), hanno avuto come corollario, una certa serie di domande e di ulteriori approfondimenti individuali e collettivi, sviluppati dai partecipanti della plenaria generale di fine lavoro.
I seminari della REL, sono un lungo processo di approfondimento collettivo sulle tematiche dell'educazione libertaria, iniziato due anni or sono alla Scighera di Milano, che hanno trovato circa un anno fa nell'incontro con le nuove realtà aderenti alla Rete, presso il “fienile” di S. Lorenzo a Bologna, l'occasione per allargare la visuale d'azione e di pensiero, nell'orizzonte di “emersione dell'arcipelago” educativo libertario.
Con la giornata di Osimo, costituente il secondo seminario, ai margini del VI incontro nazionale (di cui si parla nelle pagine seguenti), si è manifestata la volontà, sempre più partecipata, di proseguire negli anni con più appuntamenti contemplati nell'ottica di “studio di prospettiva integrale”, più che di stretta divulgazione.

Giulio Spiazzi
giuliospiazzi@gmail.com

Il gruppo di lavoro di Francesco Codello e Thea Venturelli


Uno sguardo pubblico

testo e foto di Giulio Spiazzi

Il 20 settembre si è poi svolto il sesto incontro nazionale della Rete per l'Educazione Libertaria.

La facciata neo-rinascimentale del teatro “la Nuova Fenice” di Osimo si staglia all'improvviso lungo corso Mazzini, in piazza Marconi, nell'affascinante centro storico della cittadina marchigiana. La struttura di fine Ottocento, costruita dall'architetto Gaetano Canedi sulle “ceneri” del settecentesco stabile teatrale “la Fenice”, è attualmente il principale centro della vita culturale della città.
E qui, in questa prestigiosa cornice, ha preso il via nella giornata di domenica 20 settembre 2015 il VI incontro nazionale della Rete per l'Educazione Libertaria. Intento peculiare degli interventi della giornata è stato quello di poter dare al pubblico di partecipanti una corretta informazione ed un “quadro di sentire” generale del movimento educativo libertario italiano che si riconosce nella storia, nelle logiche, nelle pratiche e nelle progettualità future della REL.
Ad aprire l'incontro, davanti ad una platea che occupava i quasi duecento posti a sedere, le “padrone di casa” Emily Mignanelli e Veronica Pacini della scuola libertaria “Serendipità”. Con fare dolce, appassionato e inevitabilmente emozionato, sono state tracciate le indicazioni guida della giornata: 1) l'Introduzione storico-filosofica del pensiero libertario in ambito educativo, portata da Francesco Codello; 2) L'origine ed il presente della Rete per l'Educazione Libertaria con Maurizio Giannangeli, insegnante di scuola statale a Milano, co-fondatore della REL e Giulio Spiazzi co-fondatore di Kiskanu, della REL e della Piccola Scuola Libertaria Kether di Verona; 3) Vive testimonianze di ragazzi usciti da un lungo percorso di educazione libertaria presso Kiskanu-Kether di Verona; 4) Piccole presentazioni di alcune realtà educative libertarie aderenti alla REL (per avere un quadro aggiornato dell'attività della Rete in Italia). Ogni intervento, prevedeva anche una coda di domande aperte, generate dal pubblico del teatro.

Durante le iscrizioni ai gruppi tematici

I cuochi di Serendipità in azione
Essere stranieri

Francesco Codello inizia il suo intervento, citando una frase di Albert Camus: “Capita a tutti di essere stranieri” qualche volta nella vita e, conseguentemente, “capita a tutti di essere ultimi nelle fila, nella corsa, così come è capitato a tutti di essere stati bambini e bambine”.
E dice questo per riportare immediatamente l'attenzione del numeroso pubblico del teatro al “senso della memoria”, al “non dimenticarsi dell'altro come bambino/a”, riferendosi drammaticamente all'immagine scioccante di Aylan, piccolo profugo siriano morto, abbandonato sulle spiagge della Turchia, testimonianza palese di una distanza incolmabile, generata dalla dimenticanza nei confronti del proprio simile in difficoltà e, in specie, dell'altro in quanto “piccola” persona.
Tolstoj, grande scrittore, ma pure grande educatore, nel “non dimenticare che ciascuno di noi è stato - e in parte rimane, resta - bambino/a”, dice Codello, fu il primo a sperimentare nella pratica ciò che oggi noi chiamiamo Educazione “Libertaria”, che è un sinonimo di “Anti-autoritaria”. Nei tre libri dell'autore russo, Infanzia, Adolescenza, Giovinezza, narranti “tre storie di se stesso”, (dunque, ben lungi dall'essere “manuali educativi”), Tolstoj ha reso palese quell'arte e non quella scienza, o peggio quella tecnica, che nell'educazione è l'empatia, cioè quella capacità e sensibilità di “contatto” dimostrata nei riguardi di chi ci sta di fronte (bambino/a), maturata proprio nel ricordo di “ciò che pure noi siamo stati nei gesti e nelle sensazioni”, ed espressa chiaramente nella relazione educativa anti-autoritaria.
Codello continua il tracciato storico e di pensiero, sottolineando inequivocabilmente ciò che è provenienza, “radice” del movimento libertario, per rendere tutti coscienti del “dove ci si trova” e con “chi ci si trova” quando si partecipa ad un incontro nazionale della REL. “Siamo dentro ad una storia, una storia profonda di cui andiamo fieramente orgogliosi e di cui sentiamo però anche la responsabilità”. Una consapevolezza di cammino radicalmente lontana dal turbine effimero delle “mode” e che ha le sue sorgenti prevalentemente nel pensiero anarchico, ma sostiene Francesco Codello “per fortuna non solo in esso”.
La carrellata che scaturisce dall'autore di “testi-miliari”, quali La buona educazione, Né obbedire, né comandare, o, il recentissimo La campanella non suona più, trascina la platea del teatro La Nuova Fenice, in un excursus storico e di pensiero che parte dal 500 a.C., dalla Persia di re Dario, per giungere fino ai giorni nostri.
Nella interessantissima disamina viene illuminata probabilmente una delle prime chiavi di lettura da cui origina il pensiero libertario in ambito antico: “il Saggio Otanes” [interessante ed enigmatico il “gioco di lettere”, n.d.a.], “interpellato da altri saggi su quale forma di governo sarebbe opportuno appoggiare” per gestire la società degli uomini liberi, risponde serenamente “io non partecipo a questa discussione, non partecipo a questa gara, non voglio né comandare, né obbedire”.
Ed in questo “monito innocuo”, si ritrova la “presa di coscienza basilare” che ciascun educatore (e non solo, ma ogni persona avente la possibilità di esercitare un “potere” nell'ambito di un rapporto) dovrebbe avere ben a mente nel momento cruciale di una “scelta” sia nei confronti degli “altri” che verso “se stessi”.
Con forza discorsiva e risolutezza, Francesco Codello affronta incalzante il trinomio (filosoficamente e ideologicamente sempre rischiosa preda di fraintendimenti) delle parole/concetto: libertà, potere, autorità.
Da qui si è snodata coerentemente la logica dotta del relatore, capace di evidenziare ed intrecciare sviluppi di pensiero con aneddoti, nomi “sacri” o poco conosciuti, del fitto universo (purtroppo, in Italia, ancora poco sondato) del movimento anarchico e libertario mondiale, che hanno “con le loro vite” ed anche “con il loro sangue” permesso che la “rivoluzione dell'uomo libero” potesse nei secoli e nei luoghi resistere, sopravvivere e dare un orizzonte di speranza alla persona, senza venire cancellata, annichilita, violata dalle temporanee e devastanti “rivoluzioni dell'uomo nuovo” che hanno intellettivamente e purtroppo anche fisicamente “macellato” menti e corpi di milioni di individui più o meno consapevoli, tra cui inevitabilmente decine di generazioni di bambini/e, ragazzi/e e di giovani (ne sono state e ne sono piene le trincee e le città rase al suolo durante i conflitti mondiali e oggi quelle degli “squartatoi a cielo aperto” delle guerre a-simmetriche, n.d.a.).

Da destra a sinistra: Bruno, Sabrina e Irene,
ex alunni di Kiskanu-Kether

Al tavolo di lavoro con Gabriella Prati
Scelta e dominio

È dunque stata ben delineata una critica serrata al concetto di libero arbitrio, alla possibilità di scelta “incondizionata”, alla inevitabile “discesa agli inferi” del potere che in troppi casi si declina in dominio, ove le relazioni tra persone subiscono una distorsione nel senso della gerarchia e della ineguaglianza di rapporto, ove si elegge lo spazio del comando-obbedienza, terreno di coltura dei sistemi di prevaricazione tra gruppi sociali che in ambito educativo, come ha ben illustrato Colin Ward, (uno dei “Maestri dichiarati” di Francesco Codello), si traduce nell'immagine che risolve con bellezza di visione, l'opposizione saper fare-saper far fare, ovvero: “vaso, creta o fiore?” (vaso-creta: nel loro inoculare-versare-riempire; modellare a propria immagine-plasmare, dunque agire nel campo del dominio; versus - fiore: lasciare che una persona sia ciò che è come un fiore che cresce spontaneamente al quale si può al limite preparare il terreno ove potrà svilupparsi al meglio - e qui siamo nel cammino della libertà e della autonomia).
La galleria di volti che nelle varie suggestioni espositive è stata messa a disposizione degli attenti ascoltatori, è passata così da Godwin a Goodman, da Nietzsche al “rigido” Kant, da Michail Bakunin a Francisco Ferrer Guardia e poi inconsuetamente da Parmenide ad Heidegger, per ritornare a Paul Robin e Louise Michel a Sebastien Faure e Madeleine Vernet, da Jean Wintsch ad Alexander Neill, per terminare compiutamente nel ricordo (sempre commovente) di testimonianza, della scelta “sacrificale” di un “giusto” dell'umanità (e del pensiero e della pratica auto-educante libertaria), ovvero del “Maestro Janusz Korczak”, che seppe essere l'incarnazione dell'uomo libero, assieme ai suoi giovani alunni, nel momento in cui “l'uomo nuovo” assoluto accendeva le fiamme di sterminio di Treblinka. Un intervento, quello di Francesco Codello, sempre all'altezza degli impegni e delle situazioni di spessore culturale nazionale.
L'intensa mattinata marchigiana, è proseguita con la presa di parola di Maurizio Giannangeli che ha tratteggiato con usuale capacità e passione il quadro d'assieme in cui si muove la Rete per l'educazione libertaria. “La relazione si nutre di presenze” afferma Giannangeli “e le presenze sono corpi reali”; la REL dunque che non ha neanche una formalizzazione giuridica, uno statuto giuridico, è una associazione di persone fisiche, concrete, che partendo da motivazioni interiori, da un desiderio profondo, ha dato vita, da alcuni anni, ad un soggetto reale che tenta con le proprie forze e con le proprie capacità, di divulgare, diffondere, mettere in contatto, in relazione, le esperienze di pratiche auto-educative libertarie.
Giannangeli prosegue sottolineando il lavoro di tessitura, di raccordo tra gruppi, di presa di contatti, che è proprio alla REL. I seminari che organizza la REL, come quelli svolti a Milano e a Osimo, mettono in chiaro che nessuno, da singolo o in assieme, si propone come “esperto”, “formatore”, divulgatore di un “ricettario” sul come “dev'essere l'educatore libertario”. Ciò che chiede la Rete a chi ne vuole far parte è invece un “momento di auto-formazione”, dove gruppi e individui che si sono “messi in moto” per creare situazioni auto-educanti, possano incontrarsi, confrontarsi, portare i loro dubbi, le difficoltà e la testimonianza costruttiva delle riuscenti (o fallimentari) realizzazioni, per rafforzare comunemente le pratiche educative che si vivono con i bambini/e. “La dimensione è fortemente contestuale”, afferma Giannangeli “quello che è in gioco in queste esperienze è proprio una volontà trasformativa del mondo e anche di sé stessi e quindi una messa in gioco di ciascuna e di ciascuno di noi”. [...]

Veronica Pacini di Serendipità illustra il pamphlet
prodotto nel gruppo di lavoro dedicato ai genitori
“Il progetto ha valenza politica”

In conclusione, è stato marcato il dato di fatto che “La REL esiste perché esistono queste esperienze e non viceversa”. Il progetto ha dunque una forte valenza politica: il modello di scuola che costruisce se stessa in funzione di integrare e inserire il soggetto che apprende nella società “così com'è”, è radicalmente agli antipodi del cammino aggregativo delle realtà della REL, che viene svolto seguendo esattamente il processo inverso.
Sono infatti i gruppi auto-educanti che “chiedono alla società di adattarsi alla trasformazione dei soggetti, alla capacità di mutamento continuo che i soggetti mettono in campo per non essere l'uomo nuovo ma per essere una persona che ha la possibilità di manifestare una proprietà di sé, di far scaturire una auto-nomos, una possibilità di auto-determinarsi non nel senso egoistico del libero arbitrio, del supposto “fare ciò che si vuole”, ma di una libertà che è sempre condizionata, in un contesto d'intesa”. La REL dunque ha confermato la propria “distanza” dalla Carta del Consiglio Europeo che perentoriamente delinea la “missione” della scuola sulla pelle dei giovani, ovvero che invita gli operatori e le istituzioni a “formarli” ed a “inserirli” nella società così com'è. [...]

Giulio Spiazzi
giuliospiazzi@gmail.com