prospettive
Anarchie futuribili
di Andrea Papi
Nessuna vittoria militare o guerrigliera. Solo un lungo lavoro nel sociale potrebbe assicurare un avvicinarsi alla realizzazione del grande progetto anarchico, per cancellare alla base ogni sfruttamento o discriminazione. Con l'anarchismo come punto di riferimento. E stella polare di tanti diversi momenti di autogestione.
Il mondo è molto cambiato da quando, più di due secoli fa, si cominciò a pensare in modo anarchico cercando conseguentemente di agire con coerenza.
Da allora ci sono state diverse esperienze rivoluzionarie, tra cui importantissime la Commune di Parigi, la rivoluzione russa e quella culturale maoista. Purtroppo, o perché represse nel sangue, o perché dopo aver preso il potere sono degenerate, non sono riuscite a dare avvio all'auspicato “sol dell'avvenire”, come gli stessi rivoluzionari desideravano e propagandavano. Per una ragione o per un'altra, hanno dato origine a situazioni sociali non certo riproponibili per chi ha ancora a cuore spinte tendenti ad un'emancipazione vera.
Nel frattempo è anche grandemente cambiata la qualità del potere, inteso come forme e prerogative di esercitare il dominio. Abbiamo scoperto, per esempio, che non è riferibile solo a chi comanda, mentre è diffuso ovunque all'interno delle relazioni sociali, come spiega bene Foucault. Ci stiamo pure accorgendo che lo stato nazionale, in origine pensato e vissuto come massima espressione del dominio, non è più l'acme del potere. A livelli sovrastatali e sovranazionali si determinano, infatti, condizioni obbliganti, dalle quali non riusciamo a prescindere, in grado di condizionarci l'esistenza.
Soprattutto è in atto una trasformazione strutturale dell'egemonia economica. Il livello produttivo, capace in origine di influenzare pesantemente il potere politico, non è più centro e fulcro del potere economico. Il momento egemone e dominante ha cambiato riferimento, spostandosi verso la dimensione finanziaria, diventata perno e cardine del management complessivo che sovrasta il mondo e lo soggioga.
Non una trasformazione qualsiasi
Consapevoli che la radicale mutazione in atto dell'andamento dell'esistente sia multifattoriale, in sintesi ci sentiamo di sostenere che lo sviluppo del divenire ruota sostanzialmente attorno ai tre fattori fondamentali sopra detti, capaci come sono di riassumere il nocciolo fondamentale della variazione genetica del sistema. Non possiamo continuare ad esser ciechi, negando che sia indispensabile una saggia revisione dei criteri e dei paradigmi di riferimento. Sta diventando impellente riuscire a identificare percorsi percorribili, capaci di avviarci verso strade dove diventi possibile una trasformazione radicale dell'esistente. Non una trasformazione qualsiasi, ma una che sia capace di riproporre, al passo coi tempi, la realizzazione della giustizia, dell'eguaglianza e della libertà, immutati cardini delle proposte libertarie e anarchiche.
L'anarchismo nel suo insieme dovrebbe prender atto che siamo all'interno di un'irreversibile mutazione generale, la quale sta ulteriormente allontanando le possibilità di realizzazioni libertarie. Oggi, veramente, non c'è nulla di scontato. Accompagnati dalla consapevole certezza che i valori e i principi che ci fanno sentire anarchici restano validi, trovando paradossalmente ulteriore conferma, proprio ai fini del cambiamento radicale cui auspichiamo bisognerebbe trovar la forza di rimettere in discussione ipotesi prospettiche e metodologie di approccio.
Gli anarchici dovrebbero riflettere molto e seriamente, cercando di sviscerare a fondo i problemi esistenti con le problematiche connesse, sapendo che metodi, percorsi e tendenze hanno bisogno di un deciso aggiornamento. Soprattutto sorretti dall'intelligenza di rispettare e lasciare intatti nella loro portata quei principi e quei valori ispiratori che continuano a dar significato e stimolo di adesione ai presupposti fondanti.
Per prima cosa dovremmo pensare seriamente a come fare per provare a sganciarsi dalla sottomissione finanziaria. Sganciarsi vuol dire riuscire a creare situazioni di difesa, individuale e collettiva, che riescano a farci subire il meno possibile la cappa onni/obbligante che ci stanno vestendo addosso. Una ricerca concreta e sperimentale per raggiungere una maggiore autonomia possibile, sia economica, sia politica, sia esistenziale, per riuscire ad essere sempre meno sottoposti alle condizioni vincolanti e costrittive.
Reti di collegamento e solidarietà
Bisognerebbe riprendere la vecchia idea proudhoniana delle banche di mutuo soccorso, aggiornandola teoricamente e operativamente. In sostanza dovremmo approntare casse di cooperazione e solidarietà, gestite direttamente dai soci cooperatori, senza partecipare al mercato speculativo. Invece di perseguire profitti e rendite, attraverso fondi volontari si finanzierebbero progetti che abbiano un senso eco/sociale e si aiuterebbe in caso di bisogno, a condizioni di non strozzinaggio accettabili e concordate.
Qualsiasi ipotesi di strumenti di scambio che non vogliano esser fagocitati dalla speculazione finanziaria, come monete locali, buoni scambio, ecc., potrebbe servire per creare mercati di cooperazione alternativi e paralleli all'esistente. Contemporaneamente si dovrebbe riuscire ad organizzare reti di collegamento e solidarietà che sperimentino metodi di autodeterminazione, di autofinanziamento, di produzione di prodotti di largo consumo, di scambio e distribuzione, gestiti direttamente da produttori e consumatori fuori dalle grandi distribuzioni.
Anche se realizzazioni di questo tipo già in parte esistono, sono però frammentarie, quasi sempre episodiche, non sufficientemente supportate da fondamenti teorico/pratici che ne sviluppino a fondo il senso con coerenza. Il compito degli anarchici dovrebbe essere quello di tendere a farne un'azione sistematica di realtà che si coordinano e confrontano, tendendo ad estendersi per creare un sistema di sovversione antitetico alle produzioni e ai mercati capitalistico/finanziari dominanti.
Logiche soprattutto difensive, non in sé sufficienti, per riuscire a sottrarsi all'opprimente condizionamento esistenziale che ovunque sta avanzando, riuscendo al contempo ad autogestirsi. In pratica un esercizio di autoeducazione per la futura alternativa possibile. Andrebbero inoltre attivati, ove se ne presenti l'opportunità, luoghi e spazi di sperimentazione libertaria e anarchica, dove l'elemento fondamentale dovrebbe essere la sperimentazione di alternative volute e dichiarate, sottoposte continuamente a vaglio e critica per potersi auto/correggere e perfezionare. Come sta succedendo con l'esperienza zapatista nel Chiapas messicano o a Rojava, nel Kurdistan siriano, dove sulla spinta del Pkk di Ocalan si sta realizzando una specie di comunalismo libertario di ispirazione bookchiniana, che si autodefinisce Confederalismo Democratico.
Ormai dovrebbe esser chiaro che la liberazione e la conseguente realizzazione di società fondate su presupposti di libertà e giustizia sociale difficilmente saranno la conseguenza palingenetica di vittorie insurrezionali, com'è stato nelle ingenue aspirazioni per più di un secolo e mezzo di lotte e tensioni ideali. Vivere anarchicamente e libertariamente non è affatto facile, né spontaneo, né automatico o immediato. Tutta una serie di comportamenti omertosi, corrotti, maschilisti e avidamente egoistici, propinatici con dovizia dalle cronache quotidiane, ci suggeriscono che proprio il potere e la ricchezza che ci sforziamo di combattere sono nei sogni e nei desideri più reconditi di gran parte di ognuno di noi.
Lavoro lungo e impietoso
Purtroppo l'immaginario di una parte consistente di esseri umani tende a desiderare di essere come coloro che consideriamo nemici, perché i sistemi di dominio vigenti sono riusciti egregiamente a far interiorizzare il surplus di appetiti e di avidità che danno senso e stimolo al mondo com'è ora. Il sistema ci educa inculcando subliminalmente i disvalori di cui è portatore, fino a rendere i propri schiavi suoi ferventi sostenitori.
Qualsiasi società che cercasse di diventare anarchica da un giorno all'altro non potrebbe che crollare in pochissimo tempo. Al suo interno quasi sicuramente si riprodurrebbero comportamenti e desideri che ne negherebbero il senso fino ad affossarla. Accanto alle pratiche con metodologie di condivisione e solidarietà sociale, diventa perciò necessario attivare subito esperienze di autoeducazione libertaria.
Con la consapevolezza che il lavoro sarà lungo e impietoso, aiuteranno ad auto/costruire contesti socio/psicologici in cui si relazioneranno individui consapevoli e desiderosi di vivere insieme. In tendenza una specie di koino/crazia non autoritaria, dove libertà, condivisione e solidarietà sociali si svilupperanno nel pieno rispetto delle differenze individuali. Sarebbe una tensione anarchica in cammino, concreta alternativa all'esistente, al di là di ogni illusoria vittoria militare o guerrigliera.
Andrea Papi
www.libertandreapapi.it
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