rivista anarchica
anno 47 n. 414
marzo 2017


dibattito

Donne, non mamme
(il disordine simbolico della libertà)

di Marvi Maggio


Sul penultimo numero abbiamo pubblicato un vivace contributo delle Mamme No Inceneritore, fiorentine. In questo intervento si critica il nome di quel collettivo e quanto vi sta dietro, sostenendo che un simile riferimento alla maternità sia tutto dentro all'immaginario del potere patriarcale. Il dibattito è aperto. Tanti inceneritori anche.


Il fatto che un gruppo o un comitato si definisca Mamme No Inceneritore, o Comitato Mamme per o contro, non è un fatto apolitico oppure una scelta ininfluente. Chi si definisce così sfrutta il potere patriarcale dato a chi sta nelle regole e nelle definizioni eterodirette e in cambio ottiene visibilità sui media e credito da parte di chi non ha senso critico, né della giustizia.
Che le donne siano definite dalla maternità, un ruolo che per il patriarcato le nobilita e le rende degne di rispetto, è un dispositivo che limita la nostra libertà e autonomia.

Il movimento delle donne

Se ci poniamo in una prospettiva storica vediamo come il movimento delle donne dagli anni Settanta in poi in Italia, con reti e relazioni internazionali, abbia rappresentato prima di tutto una presa di distanza da una definizione delle donne data dal patriarcato e una ricerca di cosa invece sarebbe potuto essere e cosa già era essere donne, delineando così un altro modo collettivo e individuale di essere donne, situato proprio in quella distanza fra quello che eravamo e quello che avremmo dovuto essere.
L'aborto è stata una rivendicazione cruciale per almeno due motivi: afferma il principio che la maternità non è un destino naturale, non è un desiderio innato, ma una costruzione sociale e che le donne hanno senso in quanto esseri umani e non come produttrici di bambini.
Quindi la forza del movimento delle donne nei suoi anni fondativi, anni '70 e '80 in Italia, è stata di agire sul biopotere con una vera biopolitica: da un lato ha rifiutato la presunta naturalità del ruolo e di supposti caratteri e caratteristiche femminili, cercando nello spazio della libertà e dell'esperimento chi avremmo potuto essere in quanto donne, inserendo tutto questo in una ipotesi di trasformazione sociale radicale; dall'altro ha rivendicato la contraccezione e l'aborto per realizzare la maternità come scelta non obbligata insieme alla dignità non finalizzata dell'essere donna: ha reso inoperativi tutti i dispositivi che legavano le donne a un destino di essere per gli altri e non per sé.

Definizioni, identità e lotta

Nel patriarcato le donne non sono definite come esseri autonomi, ma sempre in rapporto a un uomo: sono mogli, sorelle, madri, come se al di fuori di questi rapporti non potessero esistere e non avessero valore. Il ruolo è quello di essere madri, di essere dolci e disponibili anche a discapito di se stesse. Quando l'altruismo diventa un compito obbligato di un solo genere è violenza. Molti cadono nella trappola della naturalità del ruolo femminile, costruito in realtà in secoli di storia dei rapporti di potere che hanno stratificano soggezione e prevaricazione, violenza e minorità, a cui si sono contrapposte in mille modi tantissime donne che a quel potere hanno detto no tante volte nella storia. Se essere madri nel patriarcato dà potere, un potere settoriale e rivolto al rapporto con i minori, ma un potere, è chiaro che si tratta di un grimaldello difficile da usare in senso progressivo.
Definirsi Mamme No Inceneritore (per fare un esempio, vedi l'articolo “Una storia di donne e anarchia” delle Mamme No Inceneritore, su “A” 412, dicembre 2016/gennaio 2017) significa affermare che la ragione della propria lotta è nell'essere madri, nei fatti strizza l'occhio alla religione, al papa, al patriarcato: lotto contro l'inceneritore ma lo faccio in quanto mamma e quindi per mio figlio, non per me. Nell'articolo affermano: “Madri, antropologicamente e storicamente, sono coloro che mantengono un cordone ombelicale con la vita. Sono coloro, donne, o perfino uomini, che sviluppano una grande capacità di immedesimazione nell'altro, perché lo devono accudire e crescere, dargli un futuro. [...] Il legame con l'ambiente per le mamme è un legame di vita, di istinto primordiale e magico, ma anche di studio”. Parlare di istinto e caratteri naturali per le relazioni sociali è profondamente falso, ma soprattutto è un metodo per non argomentare e giustificare le proprie scelte visto che le si presentano come fuori dal tempo e dallo spazio. Un immaginario modello di madre buona che si prende cura.
Questo presentare dei caratteri come naturali è stato utilizzato in molti momenti della storia per rendere indiscutibili specifici rapporti sociali, che invece si trasformano. E se come affermano le Mamme No Inceneritore nell'articolo, il significato del loro nome sta nell'estendere il ruolo di mamma a tutti quelli che in pari modo vogliono prendersi cura dell'ambiente e degli altri, un grande rifiuto sorge dal profondo. Il ruolo di mamma è un ruolo dispari, un adulto con un bambino, e questo tipo di rapporto ha senso nei confronti di un minore, e fino a che è un minore, ma non può essere esteso ai rapporti fra adulti né a quelli con l'ambiente, altrimenti ci si mette al di sopra degli altri mentre i rapporti sociali nelle lotte devono essere fra pari. Quando nello stesso articolo scrivono “un pugno alzato su una selva di teste chine” sembrano non percepire che al di fuori della loro sfera di azione politica sono tanti quelli che lottano in varie forme per il cambiamento sociale.

Accettare l'immaginario dominante

D'altra parte la lotta contro l'inceneritore a Firenze esiste da ben prima che loro iniziassero a prenderne parte. L'attenzione mediatica che hanno ottenuto le Mamme No Inceneritore aderendo alla cultura dominante nella sua peggiore espressione democristiana, la si paga tutti con un passo indietro. Se all'interno di un movimento sociale urbano delle donne si identificano come mamme, e non come persone, è segno che siamo tornati indietro, con grande gioia di chi il femminismo non l'aveva mai capito: non aveva mai capito perché le donne volevano andare oltre il ruolo di madre e volevano poterlo rifiutare, attraverso l'aborto e la contraccezione. Donne che anche se madri non avrebbero mai pensato di affermare la propria identità politica come mamme invece che come donne, perché lottavano per l'autonomia, l'autodeterminazione e per non essere considerate solo se madri e come madri.
Al contrario le Mamme No Inceneritore affermano un ruolo di mamma non riscritto e rielaborato in senso progressivo, ma riproposto nell'immagine immaginaria di donna che cura l'altro, che si dona all'altro, che capisce l'altro perché è mamma, che si occupa di politica perché è mamma e non perché è una persona che ha a cuore l'umanità intera. Assegnare alle donne e a se stesse il ruolo primario e identitario di mamma, ripropone la centralità del ruolo di cura degli altri per le donne, e non ribadisce il significato degli esseri umani al di fuori e al di là dei ruoli funzionali, essenziale in una proposta di cambiamento sociale.
Le ragioni per cui una persona è attenta agli altri e vuole lottare per un mondo più giusto non deriva certo dall'avere figli o no. Piuttosto dipende dal progetto di sé e delle relazioni sociali che si vogliono costruire con gli altri, al di fuori di rapporti di potere e di sopraffazione per sostituirli con relazioni libertarie tutte da sperimentare e vivere, tutte già in un processo di costruzione. La definizione di mamma come identità politica per le donne non mette in discussione i ruolo imposti e si limita ad accettare l'immaginario dominante, riproponendolo.

Mamme? No, donne!

Promuovere l'essere madri in modo diverso dal patriarcato implica produrre le condizioni della libertà, della scelta, produrre altre relazioni sociali che implichino il coinvolgimento di donne e uomini e della società intera nel lavoro di cura e nel lavoro riproduttivo, in termini di servizi e cura di bambini ed anziani e di soluzioni collettive in cui i bambini possono trovare tanti punti di riferimento, non solo i genitori.
All'ordine simbolico del padre presupposto dalle religioni monoteistiche e all'ordine simbolico della madre, che propone ancora un rapporto diseguale fra un'adulta e un minore, va sostituito il disordine simbolico della libertà. Fuori dagli schemi occorre trovare lo spazio oltre i dispositivi che ci opprimono, lottando costantemente per disattivarli e renderli inoperativi perché ci impediscono di vivere davvero. Sognando e costruendo un'associazione nella quale il libero sviluppo di ciascuno sia la condizione per il libero sviluppo di tutti.

Marvi Maggio

bibliografia
Luisa Muraro, L'ordine simbolico della madre, Roma, Editori Riuniti, 2006
Luisa Muraro, Al mercato della felicità, Milano, Mondadori, 2009

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