rivista anarchica
anno 47 n. 415
aprile 2017


arte

Dai Grünen ai No Tav

di Franco Buncuga


Una recente mostra a Torino ha ricordato l'artista tedesco Joseph Beuys, scomparso 30 anni fa. Molto coinvolto nelle battaglie ambientaliste, sostenne i Verdi tedeschi, ma ha lasciato anche installazioni e opere che hanno accompagnato le lotte ambientaliste e sociali in Val Susa. E altrove.


Capita, a volte, che piccole esposizioni su temi e autori specifici siano più stimolanti ed efficaci di tante mega-mostre pubblicizzate ovunque, all'ingresso delle quali la gente ama addestrarsi a code lunghissime per poi vedere all'interno soprattutto la nuca degli altri curiosi visitatori che si inchiodano a pochi centimetri delle opere.
È il caso della mostra La tenda verde (Das Grüne Zelt), Joseph Beuys e il concetto ampliato di ecologia a cura di Marco Scotini allestita al PAV di Torino dal 5 novembre 2016 scorso sino al 19 marzo 2017. E una bella sorpresa, per me che non lo conoscevo, è stato il PAV, Parco Arte Vivente,1 un Centro sperimentale d'arte contemporanea, concepito dall'artista Piero Gilardi e diretto attualmente da Enrico Bonanate.
Il primo progetto del PAV risale al 2002, ideato da Piero Gilardi ed elaborato da Gianluca Cosmacini e comprende un sito espositivo all'aria aperta e un museo interattivo inteso quale luogo d'incontro e di esperienze di laboratorio rivolte al dialogo tra arte e natura, biotecnologie ed ecologia, tra pubblico e artisti. Il Parco è un territorio verde in continua evoluzione e occupa un'area ex-industriale di circa 23.000 mq dove, oltre a Trèfle, installazione ambientale dell'artista Dominique Gonzalez-Foerster (2006) e Jardin Mandala, giardino progettato dal paesaggista Gilles Clément (2010), sono in progress altri interventi di natura relazionale e partecipata.

Joseph Beuys durante la sua performance “We won't do it
without the rose” (non lo faremo senza la rosa)

Il programma artistico, diretto da Piero Gilardi, si sviluppa attraverso la realizzazione da parte di artisti italiani e internazionali di opere e installazioni d'arte contemporanea, interventi permanenti e temporanei sia negli spazi esterni sia nelle aree espositive interne. Il campo d'indagine è l'Arte del vivente, una declinazione delle tendenze contemporanee che nel suo insieme comprende la Bioarte, la Biotech art, l'Arte transgenica e l'Arte cosiddetta ecologica e sperimentazioni che includono materiali organici e inorganici.
L'attuale mostra che rende omaggio a Beuys, l'autore della “scultura sociale” 2 nel trentennale della sua scomparsa (1986) si colloca quale terzo capitolo di un'ideale trilogia, concludendo il ciclo di mostre con cui il PAV si è proposto di ricostruire una possibile genealogia del rapporto tra pratiche artistiche e coscienza ecologica negli anni '70 in Europa. Facendo seguito a Earthrise. Visioni pre-ecologiche nell'arte italiana (2015) ed ecologEast. Arte e natura al di là del Muro (2016), questa nuova mostra intende focalizzare la propria attenzione sull'attività di uno dei più noti artisti della seconda metà del secolo scorso come Joseph Beuys, privilegiando il suo rapporto con le istituzioni politiche e la minaccia della crisi ambientale. Quale sede più adatta a questa celebrazione del Beuys “politico verde” se non questa, il PAV, creatura di Piero Gilardi da sempre impegnato su temi politici ed ecologici, che fu il primo a scrivere di Beuys nel 1967. Gli anarchici torinesi e i militanti no-TAV lo conoscono soprattutto come il creatore di pupazzi e sagome in poliuretano, lo stesso materiale che utilizza per i suoi celebri tappeti-natura, che danno un tocco di folklore ed un incisività mediatica alle manifestazioni.

Momento di un'azione “in difesa della natura”

Natura romantica o ecologia?

Spesso l'attività sociale e più strettamente politica e pedagogica dell'opera di Beuys viene ridotta ai margini dai suoi critici e si sottolinea l'aspetto “sciamanico” delle sue performances e si lega il suo interesse per la natura al filone storico del Romanticismo tedesco. Bisogna oggettivamente ricordare che tutto il suo pensiero ha sempre cercato uno sbocco nell'attività pratica di cambiamento della società, a volte sposando la dimensione strettamente politica, come quando accettò la candidatura al parlamento offertagli dal partito dei Verdi tedeschi che aveva contribuito a fondare, a volte contribuendo a iniziative ecologiche e manifestazione di protesta specifiche usando lo strumento dell'arte.
Così Petra Kelly, leader storica dei Verdi tedeschi, riassume l'importanza dell'apporto ideale di Beuys: “Agli albori del movimenti, Beuys e gli stessi verdi si erano interrogati sul futuro ordine sociale, sul concetto di scultura “sociale” e sull'ordine sociale come opera d'arte totale. Entrambi, tanto Beuys quanto i verdi, volevano compiere una rivoluzione dello spirito, una rivoluzione dei cuori. È incontestabile: lui è il precursore dei Verdi, le sue idee anticipatrici esistevano ancor prima che noi verdi ci organizzassimo in movimento politico.”
In una didascalia nell'allestimento Piero Gilardi ricorda che “Beuys sentiva che l'arte dell'uomo della strada e cioè di tutti diventa logica esigenza di un nuovo Io, autonomo e socializzato insieme, diventa forma comunicativa generalizzata nel movimento reale della vita”.

I pupazzi di Piero Gilardi in una manifestazione No Tav

Nella mostra sono presenti tutte quelle operazioni artistiche che, a partire dall'inizio degli anni '70, hanno visto il progressivo consolidamento della consapevolezza ecologica di Beuys, indissociabile da una concezione della rigenerazione ambientale in senso allargato. L'azione Überwindet endlich die Parteienddiktatur (Superate una volta per tutte la dittatura dei partiti) contro l'abbattimento di un'area boschiva di Düsseldorf; l'Aktion im Moor (Azione nella palude) contro la distruzione dell'equilibrio idrogeologico in Olanda assieme all'operazione Difesa della Natura e alla Fondazione per la rinascita dell'agricoltura, così come molti altri interventi fino al progetto 7000 Querce.
Il nome dell'esposizione prende spunto dal grande tendone verde allestito da Beuys e sui collaboratori il 28 settembre del 1980 nella Gustaf-Gründgens-Platz di Düsseldorf, di fronte all'edificio dello Schauspielhaus, opera di Alvar Aalto, per contribuire alla propaganda elettorale per la presentazione del nuovo partito dei Verdi alle elezioni. “Ovunque in futuro si dovranno innalzare tende verdi su tutto il pianeta! Dovranno essere le incubatrici di una nuova società” è lo slogan di Beuys. Beuys cerca di coinvolgere altri artisti al suo appello, con scarso successo, testimonianza nella mostra ne è il manifesto per i Verdi firmato da Andy Warhol in un suo insospettabile momento di impegno politico che rimarrà un unicum.
Marco Scotini, curatore della mostra, sottolinea che “La Tenda Verde non è solo attuale per la sua denuncia della crisi ambientale e dell'esaurimento delle risorse naturali. Neppure semplicemente perché ci riporta alle prime formulazioni delle politiche ecologiche e dei progetti anticipatori sull'auto-sostenibilità. C'è tutto questo ma c'è anche dell'altro, senza cui la risposta ecologica non sarebbe neppure pensabile. Riportare la figura di Beuys all'interno di tale contesto e, dunque, fuori dallo stereotipo dello sciamano, significa confrontarsi con una condizione post-politica e con i presupposti di un nuovo paradigma estetico. Non si tratta di estetizzare il sociale se uno afferma: “Ogni uomo è un artista”. Si tratta, all'opposto, di ridistribuire le funzioni creative e intellettuali a livello collettivo.
Abbiamo a che fare con una profonda trasformazione sociologica che tocca tanto la figura dell'artista che quella dell'intellettuale in rapporto ad una produzione alternativa di soggettività. L'artisticità non è più disciplinare ma, al contrario, è come una permanente pedagogia: una procedura di espressione e di autoaffermazione che è trasversale ai diversi modi del fare e del dire, nonché ai differenti gruppi sociali. In questa visione, neppure la politica può continuare ad essere di tipo disciplinare. Fatta cioè di tecnici o di rappresentanti. La Tenda Verde muove in questa direzione e se uno vuol far di Joseph Beuys l'artista demiurgo non è dalla nostra parte.”

Kassel (Germania) - Un momento della discussione della FIU durante Documenta6,
insieme a Joseph Beuys e all'anarchico Harald Szeeman

La Free International University e la dimensione pedagogica

La dimensione pedagogica di Beuys si è esplicata fondamentalmente nella creazione nel 1973 della Free International University che proseguì con alterne fortune sino al 1988, due anni dopo la sua morte. La FIU nasce da un progetto descritto in un manifesto firmato da Joseph Beuys e dallo scrittore tedesco Heinrich Böll, come un “luogo organizzativo per la ricerca, il lavoro e le comunicazione”, alternativo al sistema educativo statale e basato sulla democrazia diretta. La FIU non aveva una sede fissa e favoriva iniziative di vario tipo tra le quali più celebre la sua sessione continua alla Documenta di Kassel una delle più importanti rassegne internazionali di arte contemporanea. In quella edizione del 1977 di Documenta passai alcuni giorni indimenticabili. Su invito di Robert McDowell, assistente di Beuys e principale animatore della FIU di Dublino, partecipai a uno dei tanti seminari animati da Beuys illustrando la situazione dello sviluppo dell'architettura in Algeria, paese in cui all'epoca insegnavo in qualità di docente all'Epau, la facoltà di architettura locale.
Ricordo una notte in cui un gruppo di noi si fermò a dormire all'interno dei locali dell'esposizione dopo una discussione che si era protratta in modo conviviale sino a tarda ora e in cui McDowell, originario di Belfast, cercava di spiegarmi le finalità della FIU e la complessità della situazione irlandese, allora scossa dagli attentati dell'IRA e dalla lotta per l'indipendenza dall'Inghilterra. Ho scoperto da poco che McDowell, che ha studiato arte e si è poi laureato in economia a Cambridge, ha recentemente fondato Summerhall, uno hub creativo per le arti con spazi per atelier e workshop, sale conferenze e seminari e strutture per rappresentazioni teatrali restaurando uno splendido rudere di architettura industriale a Edimburgo, l'ex Royal School of Veterinary Studies.3 Summerhall ha certamente come modello la Free International University e vuole essere il tentativo di incarnare l'insegnamento del suo maestro Beuys che sosteneva che “ognuno è un artista”. Ma ha un progetto molto più ambizioso ed una struttura finanziaria ed architettonica molto più solida. McDowell la definisce come un “sito dedicato alle arti, alla ricerca ed all'educazione”. Ed è convinto che “a Beuys sarebbe piaciuta moltissimo”.
A volte i vecchi tempi ritornano.

Franco Bunc¨uga

  1. http://parcoartevivente.it.
  2. Chi volesse saperne di più sulla “scultura sociale” di Beuys e sulla sua opera, vada alla mia recensione del suo libro Cos'è l'arte sul numero di “A” 406 dell'aprile 2016.
  3. Se siete curiosi visitate il sito di Summerhall: www.summerhall.co.uk.