“La rabbia operaia” è il titolo che campeggia
in copertina del n. 87 (ottobre 1980) di questa rivista. Il
riferimento specifico è alla lotta nella principale azienda
italiana, la Fiat.
“Il
cerchio si è chiuso” è il titolo del dossier
che apre il numero: un articolo-quadro del redattore Luciano
Lanza e poi cinque pagine di interviste con operaie e operai
direttamente davanti ai cancelli degli stabilimenti Fiat, a
Torino, in due diverse giornate, rispettivamente da Roberto
Ambrosoli un giorno a Mirafiori e da Gabriele Roveda e Nunzia
Schilirò due giorni dopo al Lingotto.
“I razzismi e le intolleranze – compreso l'antisemitismo
– si generano a vicenda e affondano le loro radici nei
terreni più diversi. Estirparle da ogni terreno, comunque
si presentino, è l'unica via per farla finita con le
persecuzioni e i pogrom” è questa la conclusione
di Paolo Finzi. È questa la conclusione dell'articolo
“Antisemitismo, ancora” in cui si affrontano sia
le cause storiche sia quelle di “attualità”,
a partire dalla situazione medio-orientale.
Segue l'articolo “Germania: elezioni e repressione”
di un anarchico tedesco, La lettura che viene data delle vicende
elettorali e di uno dei numerosi processi per “terrorismo”
frequenti in quell'epoca ci appare, alla nostra sensibilità
odierna, a dir poco superficiale. La doverosa denuncia della
repressione statale sembra bloccare la necessità e la
capacità di prendere le distanze dalle strategie militari
e lottarmatiste di gran parte delle organizzazioni che si basavano
sulla glorificazione delle armi e degli “eserciti”
(seppure antagonisti).
Franco Melandri analizza la situazione internazionale alla luce
degli ultimi eventi in Iran. Viene poi pubblicato uno stralcio
dalla premessa di Eduardo Colombo, psichiatra argentino, anarchico,
residente già allora a Parigi, alla traduzione (da parte
delle Edizioni Antistato) del libro di Renè Lourau “Lo
stato incosciente”.
Alla questione nucleare è dedicato uno scritto di Pompeo
Bruno.
Paolo Mancini e Claudia Vio, rispettivamente, si occupano dei
manifesti, quelli affissi ai muri: il primo di quelli politici,
la seconda di quelli “al femminile”, prodotti dai
movimenti femministi.
La rubrica Rassegna libertaria segnala con entusiasmo
l'uscita del primo volume (in italiano) della biografia di Emma
Goldman, per i tipi della Salamandra, che ne pubblicheranno
poi altri due tomi, mentre il quarto e conclusivo sarà
pubblicato dalla casa editrice anarchica Zero in Condotta.
Completa la rubrica una lunga intervista con Giuseppe Galzerano,
allora come ora editore cilentano, di Casalvelino Scalo (Sa),
sempre interessato – come diceva allora “alla vicenda
umana degli umiliati, dei vinti, dei sopraffatti, degli schiacciati,
siano essi anarchici, contadini, briganti, emigranti...”.
Dopo 37 anni, Giuseppe è ancora a Casalvelino, a pubblicare
libri.
E ancora carcere e carcere. Gianfranco Bertoli denuncia pubblicamente
– in uno stralcio di una sua lettera, che viene pubblicato
– il trattamento di isolamento che i detenuti delle Brigate
Rosse impongono a quanti, detenuti politici, non sono d'accordo
con loro. Una denuncia simile era già apparsa su “A”
per mano di un altro detenuto anarchico, Horst Fantazzini.
Di un processo svoltosi a Parma contro alcuni anarchici, in
primis Valeria Vecchi, colpevoli di detenere dell'esplosivo
destinato in carcere per un probabile tentativo di evasione,
si riferisce sinteticamente.
Una lunga lettera di Gianfranco Bertoli e Angelo Cinquegrani
prende in esame e critica “il dio mitra”, in relazione
a un documento di Azione Rivoluzionaria in cui si annuncia l'autoscioglimento
dell'organizzazione e la propria confluenza in Prima Linea.
E, quarto scritto in materia, la complessa vicenda di Gigi Colombo,
un antimilitarista della zona di Calolziocorte (Bergamo) che
sostanzialmente rifiuta il servizio militare e finisce in carcere.
Ne riferisce Franco Pasello, mitico nostro diffusore, una delle
anime del movimento antimilitarista anarchico e libertario.
Una sola lunga lettera (“Dal carcere di Livorno/Non basta
la singola libertà”) occupa lo spazio della posta.
È di Monica Giorgi, da poco arrestata per una vicenda
di sequestro che porterà, dopo oltre due anni di carcere,
alla sostanziale assoluzione.
Belle foto di uno sciopero all'isola d'Elba e a Piombino nel
1911 occupano i due interni di copertina. E con la quarta di
copertina (una curiosa foto di operai Fiat nel 1904) confermano
il segno marcatamente “operaio” di questo numero.
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