Teorie che, a volte, ritornano
1.
Con la bolla Inter Sollecitudines, Papa Leone X nel 1515
sancisce il divieto di stampare libri senza l'autorizzazione
ecclesiastica (“Nihil obstat quominus imprimatur”,
detto, poi, alla svelta, “l'imprimatur”). Da quel
momento, i libri privi di imprimatur vengono inseriti nell'Index
Librorum Prohibitorum (detto, poi, alla svelta “l'Indice”)
e destinati al rogo. Tale facoltà era attribuita al Maestro
del Sacro Palazzo, titolo per consuetudine affidato ad un frate
dell'Ordine Domenicano – che, come è noto, di roghi
erano particolarmente esperti.
Soltanto Paolo VI, nel 1966, si è deciso ad abolire l'Indice.
2.
Sembrerà strano, ma il caso Paneroni insegna parecchio
sulla natura della scienza e sulla sua storia.
“L'astronomia, anche quando andavo a scuola” –
lo dice lui nelle sue memorie – “mi faceva aguzzare
l'intelletto per giudicare il pro e il contro, ma inculcato
in tempo di gioventù un pensiero è difficile estirparselo.
La causa di cambiar idea fu la qualità di mestiere che
mi misi ad esercitare, cioè gelati e dolciumi”.
E mo' ci spiega: “Tanto l'uno che l'altro mio mestiere
d'estate è in odio col calor del sole, e nelle ore impiegate
nelle vendite bisognava sfuggire il sole ed il suo calore come
mortale nemico. Quindi bisognava che facessi il possibile di
mettermi di posteggiare all'ombra”. E qui sta il punto:
“L'ombra gira, la terra no. Siccome durante la giornata
l'ombra delle case continua a camminare e a cambiar posto, e
correrci dietro al circolare dell'ombra, e con quei cambiamenti
di posto mi faceva anche arrabbiare e bestemmiare e maledire
il sole; anzi, qualche volta, non potendo cambiar posto causa
già occupato, mi toccava il tormento del rovente calor
del sole che mi liquefala gelati e dolci; era una passione,
uno spasimo; e con questo correr dietro all'ombra per sfuggire
ai raggi dovetti accorgermi che il sole viene giù da
nord alle ore tre del mattino; invece alla sera partiva alle
ore 21, 22, 23, perciò ne ricavavo che passa sopra e
non sotto terra”. Dall'arte del conservare gelati e dolciumi,
dunque, proviene il primo impulso a quella che avrebbe potuto
essere – ma non fu – una rivoluzione scientifica.
Eravamo esattamente nell'anno 1900.
3.
La tesi formulata dal “Divinator dei mondi d'italico genio”,
Giovanni Paneroni – nato a Rudiano in provincia di Brescia
nel 1871 –, nell'affannosa corsa ad evitare i raggi solari,
può essere articolata come segue: punto primo, la terra
è ferma. È il sole che gira. Punto secondo, la
terra è piatta. Perché se fosse sferica, cammina
cammina una volta arrivati ai margini cadremmo nell'abisso.
Punti successivi, la terra è infinita – visto che
nessuno ne ha mai visto i confini –, il sole, che gira
a mille chilometri dalla Terra, è una palla d'argento
di due metri di diametro e di 14 chili di peso; la luna ha un
diametro di un metro, gira sulla stessa orbita del sole rallentando
l'andatura per circa un'ora al giorno. Questa, in sintesi, sono
le scoperte che Paneroni, indefessamente – per lunghi
e faticosi cinquant'anni –, provò ad annunciare
al mondo.
4.
Bazzicava le università, entrava nei congressi di astronomia,
cercava di convincere i giornalisti della necessità di
diffondere le sue scoperte. Nel 1920, a quanto sembra, gli studenti
di Pavia gli proposero di tenere la prolusione all'anno accademico
della cattedra di fisica. Nel 1921, a Firenze, irrompe sulla
scena del congresso geografico nazionale. Nel 1922, i giornalisti
milanesi gli fanno tenere una conferenza – La
terra non gira – in occasione, si noti, del veglione
di carnevale. Nel 1924, a Genova, irrompe ancora sulla scena
del congresso geografico nazionale. Nel 1925 riempie i teatri
di Brescia e di Milano. Nel 1928 riesce ad incontrarsi alla
meno peggio con Umberto Nobile poco prima della trasvolata con
il dirigibile Italia, gli dà i suoi consigli, gli offre
le proprie bussole paneroniane, ma quello tira diritto e, a
parere di Paneroni, tesse la tela della propria sciagura. Con
il tempo, evidentemente, la pubblica autorità non si
fa più sorprendere e provvede con soluzioni di ordine
preventivo. È così che, in occasione del decimo
congresso geografico nazionale, nel 1937, a Milano, Paneroni
passa in galera tutti i cinque giorni della manifestazione.
Ed è così che – dagli e dagli –, nel
1938, proveranno con l'internamento coatto in manicomio, da
cui, tuttavia, in tre mesi, se la cavò, perché
psichiatricamente sano.
5.
Vicende del genere pongono interrogativi. Su di lui e sulle
persone che gli hanno girato intorno. Che sia andato a finire
in un ginepraio di stupido cinismo non privo di viltà
è evidente: studenti e giornalisti burloni che gli danno
fiato, gente che accorre nei teatri per assistere ad uno spettacolo
indubbiamente categorizzato come comico. Da questo punto di
vista Paneroni è una vittima. Ma che sia una vittima
del tutto ignara di ciò che gli stava capitando sarebbe
tutto da discutere e, probabilmente, falso. È uno che
ci tiene alle sue idee e che, pur di diffonderle, accetta qualsiasi
mezzo, fosse anche un mezzo che, già in partenza, le
stravolge, ovvero le propone ad una percezione diversa –
e diversa non poco – da quella del loro autore. Carico
di messianicità, Paneroni ha l'umiltà di accettare
quel dileggio che, reiterato, perde gradualmente in veleno disarmandosi
fino al rispetto.
Morì il 2 gennaio del 1950, dopo aver raccomandato ai
figli di conservare accuratamente i suoi manoscritti, nella
convinzione che, in un giorno prossimo venturo, un'autorità
che rappresenti la Storia con la esse maiuscola gli avrebbe
dato ragione. Ed è da un po' – da quando stanno
riprofilandosi sul proscenio mondiale le avanguardie delle religioni
di potere temporale – che io ho cominciato a pensare che
questo giorno potrebbe arrivare fin prima di quanto il povero
Paneroni avrebbe osato sperare.
6.
La storia della scienza, d'altronde, ci dovrebbe aver ormai
abituato a veder riapparire teorie rifiutate. La cosiddetta
rivoluzione copernicana, per esempio, era già stata annunciata
da Aristarco di Samo qualcosa come millecinquecento anni prima
di Copernico, ma era stata presto messa nel freezer della storia
e lì più o meno dimenticata. Aristotele, Plinio
o l'anonimo “Physiologus” databile ai primi secoli
dopo Cristo, per esempio, ci trasmettono informazioni sul mondo
animale quantomeno “incredibili” – come quella
che la femmina della vipera s'ingraviderebbe mangiando il pene
del maschio per poi essere divorata dalla propria prole –
che, tuttavia, sono state prese sul serio per secoli. Nello
stesso 1903 in cui Orville Wright volava per 266 metri su una
spiaggia della Carolina del Sud con un biplano di 338 chili,
Newcomb dimostrava l'impossibilità fisica del volo di
qualsiasi veicolo immaginabile e, qualche anno dopo, William
Pickering, che lavorava al Mit e all'osservatorio di Harvard,
scrisse che “l'immaginazione popolare ha spesso visioni
profetiche di macchine volanti che si librano attraverso l'Atlantico,
trasportando molte centinaia di passeggeri come le moderne navi
a vapore. Mi sembra saggio affermare che idee del genere sono
pure e semplici allucinazioni”. La storia della scienza,
insomma, non è così lineare come chi la scrive,
spesso, vorrebbe farla apparire e, soprattutto, un'idea approvata
oggi coram populi non è detto che, al momento in cui
è stata espressa, sia stata accolta con favore. Anzi.
Fra le tante illazioni che possono essere fatte in proposito,
ne vorrei mettere in risalto tre. Una: la scienza è un
sistema aperto – costantemente passibile di individuare
nuovi costituiti e di porre tra i costituiti nuovi rapporti.
Due: il “fatto”, il rappresentante della “realtà”,
è una costruzione di qualcuno – di ciascuno –,
è il risultato delle operazioni mentali di qualcuno e
queste operazioni possono essere ripetute da altri oppure non
ripetute affatto. Il patrimonio di conoscenze di qualcuno, pertanto,
non è detto che sia condiviso da altri. Tre: il criterio
di verità della scienza è dunque la coerenza.
Ma, storia alla mano, sappiamo che è ipotizzabile anche
il caso di saperi molto condivisi e zeppi di contraddizioni.
7.
Involontariamente, la spiegazione di come ciò sia possibile
ce la dà Sant'Agostino nel De doctrina christiana,
laddove si pone il problema dell'interpretazione delle Sacre
Scritture. Come fa notare Umberto Eco, Agostino “insegnava
a dirimere la questione se un segno dovesse essere inteso in
senso proprio o in senso traslato, e diceva che dobbiamo subodorare
il senso figurato ogni qual volta la Scrittura, anche se parla
di cose che letteralmente hanno senso, pare contraddire la verità
di fede o i buoni costumi, oppure si perde in superfluitates
e mette in gioco espressioni letteralmente povere”. Come
dire che, ogni qualvolta leggiamo sciocchezze e contraddizioni
dobbiamo sospettare intelligenze sopraffine. Ma se del linguaggio
non ci si può fidare – se non c'è modo di
distinguere fra ciò che sta in piedi e ciò che
non sta in piedi di quel che si dice, se non si sa o non si
vuole distinguere tra il letterale e il metaforico – ogni
comunicazione – compresa quella “scientifica”
– diventa impossibile e priva di senso.
8.
Per quel poco che se ne può sapere l'idea che la Terra
fosse sferica risale almeno al sesto secolo prima della nascita
di Cristo. Una testimonianza indiretta di un'opera perduta di
Eratostene – che visse in epoca ellenistica, tra il 276
e il 194 –, comunque, ci conferma una misurazione della
circonferenza della Terra straordinariamente prossima alla misurazione
che possiamo farne noi ben oltre duemila anni dopo. La correzione
di questa idea – che la Terra non possa essere considerata
una sfera ma un ellissoide – cominciò a prendere
consistenza nel Settecento. Non so, quindi, quanto credito possa
aver acquisito il povero Paneroni presso la Chiesa – temo
pochino.
Il sole fermato di Sandro Tirini, invece, ci
racconta la storia “sconosciuta” del partito anticopernicano
formatosi in seno alla Chiesa Cattolica e sopravvissuto oltre
ogni buon senso.
Facendolo stampare a Basilea e dedicandolo a Paolo III, Niccolò
Copernico pubblica De Revolutionibus Orbium Coelestium
nel 1543 (guarda caso, l'anno della sua morte, così nessuna
Santa Inquisizione avrebbe potuto rompergli le scatole). Quest'opera
venne condannata e, come racconta Tirini, “l'Inquisizione
romana non risparmiò processi, torture, condanne al rogo
pur di contenerne la diffusione”, ma soltanto nel 1616
venne proibito l'insegnamento di qualsiasi teoria eliocentrica.
Giusto nell'anno del primo processo a Galilei che lo vede condannato
a non diffondere più in alcun modo il pensiero copernicano.
Come ben sappiamo, Galilei darà poco peso a questa condanna
e nel 1632 stamperà il Dialogo sopra i due massimi
sistemi del mondo – da cui un nuovo processo
e la penosa abiura della teoria copernicana. Ma la storia “sconosciuta”
che ci racconta Tirini, ovviamente, è un'altra. È
quella di Giuseppe Settele, un sacerdote che, insegnando ottica,
astronomia e matematica nello Stato Pontificio, scrisse un libro
di astronomia molti – moltissimi – anni dopo questi
fatti, ovvero poco prima del 1820. Va da sé che, in questo
libro, sosteneva la tesi che è la Terra a girare intorno
al Sole e non viceversa, trovando però, con stupore non
solo suo, la più strenua delle opposizioni da parte di
Filippo Anfossi, Maestro del Sacro Palazzo, che non concesse
l'imprimatur. È la storia tragicomica, allora, di un
tira e molla con un partito così ferocemente antimodernista
da voler far rimanere le conoscenze scientifiche al livello
in cui erano prima di Copernico. Da una parte il Settele, sostenuto
prima (timidamente) da Papa Leone XII e Papa Gregorio XVI, poi
(più esplicitamente) da Papa Pio VII (che, nel decreto
con cui si mise fine alla diatriba – fra l'altro –
scrisse che “non sussiste ostacolo alcuno a che si possa
sostenere l'affermazione di Copernico circa il moto della Terra,
nel modo in cui adesso la si suole sostenere anche da
parte degli autori cattolici” (neretto mio))
e fin dal Sant'Uffizio; dall'altra, il Maestro del Sacro Palazzo
che si avvale della sua autorità nonché dell'appoggio
di una sorta di “minoranza silenziosa” che sta portando
avanti, fra le schiere ecclesiastiche, la propria politica restauratrice.
Ed è la storia di un partito che neppure si estingue
con le parole di un Papa notoriamente “infallibile”,
perché, come dimostra Tirini, alla faccia del dogma venderà
ancora a lungo la propria pelle.
Felice Accame
Nota
Per il caso Paneroni, cfr. G. Massenza, Una terra piana
ed infinita (Gam editrice, Rudiano 1994). Per il caso
Settele, cfr. Il sole fermato di Sandro Tirini,
edito da Book Time, a Milano nel 2017.
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