Un quadro dinamico
È un colpo di fulmine su tela. Passando davanti alla vetrina di uno studio, vede il quadro e ne rimane abbagliato. C'è la luce potente del cielo azzurro sospeso sul blu scintillante di un lago. Il profilo nero di una collina chiude l'orizzonte ma ne lascia intravedere un altro. Nella parte bassa del dipinto, un prato verde smeraldo lambisce una lingua di sabbia a riva. Su una piccola panchina sta seduto un uomo che ammira il paesaggio. È una piccola sagoma indistinta, disegnata di spalle. Per quanto priva di dettagli, evoca una sensazione nitida e potente: il respiro della solitudine e la salvezza dell'immaginazione. Così entra nello studio e acquista la tela senza neppure trattare sul prezzo.
<È un affare, mi creda> lo blandisce il mercante d'arte. <Stiamo parlando di un quadro dinamico>
<Già...> annuisce, anche se in realtà gli sfugge il senso di quella definizione. Si limita a pagare e, tornato a casa, sceglie la parete più nuda del soggiorno per appendere il quadro.
È compiaciuto della sua scelta, come ipnotizzato. Il dipinto ha una forza inspiegabile, difficile da comunicare. Sembra cambiare costantemente prospettiva e colore.
Forse è questo che lo rende un quadro dinamico pensa.
Sbriga le poche faccende di casa, cena, e si trova ancora a rimirare il quadro.
È proprio bello
Questa solitudine gli va a pennello. Ride del gioco di parole un po' sciocco che racchiude il senso della sua scelta. Il quadro come segno della ripartenza.
Decide di andare a letto prima del solito, appagato dalla benefica stanchezza che gli attraversa il corpo. È stata una giornata intensa che merita una docile resa al sonno. Ci scivola dentro come una barca sulle acque di quel lago, e veleggia verso i sogni che lo stanno aspettando.
Il trillo della suoneria lo riconsegna alla ruvida realtà del risveglio, scomposta e acida. Vorrebbe dormire ancora, fuori piove e c'è il lavoro. Bastano pochi secondi, tuttavia, perché il pensiero del quadro affiori in superficie e gli restituisca il sorriso. Si sente vigoroso e impaziente, getta via le coperte e corre verso il soggiorno.
Il quadro è sempre lì, sulla nuda parete, a farsi beffe del grigiore circostante. È un pugno di colori che lo esalta e gli fa venire appetito, ma poi il sangue gli si raggela. Sulla tela nota dettagli inquietanti che mancano all'appello della sua memoria. L'uomo sulla panchina non è più solo. Tre persone stanno facendo colazione sul prato, altre due corrono verso la sponda del lago. Il chiosco di un venditore ambulante e altre sagome nere completano la rappresentazione di una chiassosa gita fuori porta. Il quadro ha perso la sua luce. La solitudine, adesso, assomiglia a un rimpianto.
Com'è possibile? pensa. Sto impazzendo...
Ha paura. La fiducia in se stesso si sgretola davanti alla parete.
Ieri queste figure non c'erano, ne sono certo. Il quadro non mi avrebbe colpito così tanto. L'uomo sulla panchina era solo...
Pensa che forse è questo il senso del quadro dinamico. Cambiare in continuazione, arricchirsi di nuovi dettagli. Cerca spiegazioni connettendosi alla rete. Non ne trova. Nessuna menzione alla voce “quadro dinamico“. Si attarda nelle congetture più estreme prima di realizzare che non arriverà mai al lavoro in orario.
Salta colazione e doccia, e si veste rapidamente. Ha bisogno di un bagno di normalità per riprendersi da questa anomalia che adesso lo ripaga con una mescolanza di colori e linee che trasfigurano il respiro della solitudine in un ghigno beffardo.
È stata una giornata pesante, senza tregua, con un unico pensiero di sottofondo ad accompagnare gli adempimenti del lavoro. Ha evitato di parlare con i colleghi della sua, chiamiamola così, disavventura che lo farebbe passare per uno squilibrato. Di ritorno a casa decide di passare davanti allo studio dove ha comprato il quadro, ma la serranda è abbassata. L'unica persona in grado di dipanare i suoi dubbi è irreperibile, e questa circostanza rallenta il passo nonostante l'urgenza di una risposta. Si sente in balia di due forze contrastanti: ha paura di ciò che potrebbe trovare nel quadro ma ha fretta di vedere. Si avvicina a casa ricapitolando le scelte degli ultimi mesi, come l'idea di andare a vivere da solo e di abbracciare una vita indipendente, lontana dalle necessità della convivenza.
Ci fosse almeno Laura... potrei farle vedere il quadro... chiederle un parere... anche medico...
Ma Laura non ha risposto alle sue telefonate, nonostante siano rimasti in buoni rapporti. È a Dubai per due settimane, mentre lui non parte da mesi. Varca la soglia di casa con un triste presagio. L'odore dei colori non è più un'eco di libertà, ma una prigionia per la mente. Si ritrova nel soggiorno attraversato dalla penombra serale, e la vista del quadro lo inorridisce senza stupirlo. La tela assomiglia a un formicaio. Decine di figure appena abbozzate si sono aggiunte sul prato e sulla spiaggia. È un happening lugubre, una danza di fantasmi attorno all'uomo che se ne sta sempre seduto sulla panchina ad ammirare una nuvola di passaggio.
Non ha appetito. Non sa più cosa fare, se non che deve prendere un ansiolitico. Un bicchiere d'acqua, e poi si siede ancora davanti al quadro, inebetito e angosciato, pronto a cogliere altre trasformazioni. Deve capire, controllare. Passa una mano sulla tela come a scacciare gli intrusi, insetti del nulla venuti da chissà dove. Niente accade, a parte la luce nel dipinto che sembra assecondare il ciclo del sole: più calda e soffusa nell'ora del tramonto, notturna quando si fa buio e una stella si accende nel cielo, a illuminare le ombre che sul prato continuano a festeggiare e a sporcare il panorama.
Perché l'ho comprato? Perché sento che sto per morire? Ci fosse almeno Laura, o chiunque altro...
Reclina la testa e si addormenta pian piano. Neppure si accorge della luna che sbuca dietro la nera collina dipinta.
Prima ancora di aprire gli occhi, cattura con il respiro un'insolita fragranza primaverile, mentre il cinguettio degli uccelli fa da contrappunto alla sovrapposizione di voci che invadono il silenzio. Bambini che strillano, adulti che li richiamano, giochi d'acqua e la scia olfattiva di un barbecue. Tutto condensato nei pochi attimi del risveglio, con il sole che scalda l'aria frizzante.
Si chiede per quanto tempo abbia dormito. Difficile a dirsi, perché il tempo sembra averlo trascinato in un'altra dimensione. La più sconvolgente. Capisce di trovarsi all'aria aperta. Spalanca gli occhi e si trova seduto sulla panchina di fronte al lago. Riconosce il paesaggio: laggiù in fondo ci sono le colline, oltre le quali filtra una luce orizzontale, misteriosa e suggestiva.
È entrato dentro il quadro, non ci sono dubbi, prigioniero di una cornice che non offre punti di fuga. Si alza di scatto per non soccombere al panico che gli sta strozzando la voce. Vorrebbe chiedere aiuto, ma le persone intorno a lui mantengono la stessa indeterminatezza, sagome ingrandite prive di lineamenti, che variano solo in altezza e si dissolvono come miraggi fatti d'ombra non appena lui si avvicina. L'assurdo in cui si trova avviluppato genera adesso una sorta di folle consapevolezza.
Ma certo.... Questi sono i miei pensieri più cupi, tutte le paure che non ho saputo affrontare.... Adesso devo scappare di qui... raggiungere l'orizzonte dietro la collina.... e quella luce... scoprire finalmente dove porta...
Così si fa largo tra i suoi stessi fantasmi che evaporano al contatto, e quando si tuffa nel lago non si volta neppure indietro. È più importante raggiungere la sponda opposta. Una volta arrivato gli sarà facile scalare il fianco della collina e toccarne la sommità. Potrà finalmente ammirare un altro paesaggio, forzare i confini di quella cornice, arrivare alla fonte di luce.
Mentre immagina tutto questo, il fiato si fa corto, la bracciata più lenta. Non è neanche a metà percorso e già arranca.
Non ho più forze...
Inizia a gridare e si volta indietro verso la riva da cui è partito. Non c'è più nessuno ad ascoltare la sua richiesta di aiuto. Sente che i suoi pensieri neri hanno cambiato forma. Non più una folla vociante sulla spiaggia, ma decine di braccia che lo stanno trascinando sott'acqua.
<Aiuto... Aiuto!!! Aiut...>
La forza lo spinge verso il fondo del lago. Sta annegando, ormai non ha più energie per combattere. Solo i polmoni oppongono resistenza. Troppo tardi. Il cuore gli scoppia. Soffoca. Buio.
Si sveglia di soprassalto, fradicio di sudore, e respira a pieni polmoni. Com'è finito sul divano di casa? Che giorno è? Non ha importanza. Può concedersi il privilegio del dubbio, perché le risposte adesso non sono più così importanti.
È stato solo un incubo. Il quadro che cambia nel tempo, e tutto il resto...
Lo vede appeso alla parete del soggiorno nella sua rassicurante versione originale: l'uomo sulla panchina, il lago che riflette il profilo della collina, la luce dell'orizzonte. Il quadro che lo ha così tanto colpito, però, gli appare adesso meno intenso, quasi banale. Più che dinamico sembra la versione deludente di un desiderio.
Fa per andare in cucina. Ha appena voltato le spalle al quadro, quando viene colto da una vertigine, una percezione a effetto ritardato. Nel quadro, lo sa, c'è un dettaglio diverso che ha voluto ignorare. Si volta. Lo osserva di nuovo e prova un brivido. Da qualche parte in mezzo al lago c'è un uomo che chiede aiuto.
In un attimo coglie il senso del quadro dinamico.
Il respiro della solitudine e la salvezza dell'immaginazione.
Prende la rincorsa e si tuffa dentro.
Paolo Pasi
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