“Monica
libera!” è la scritta che campeggia nella copertina
di “A” 99 (marzo 1982). Il riferimento
è a Monica Giorgi, anarchica livornese, accusata con
altri del rapimento del petroliere Neri, nella città
labronica. In sua difesa era partita, proprio da Milano, una
campagna di controinformazione e di solidarietà che si
era estesa a numerose località. Nel dossier iniziale
la vicenda è ricostruita, anche con una lettera di Monica,
testimonianze, una lettera aperta a lei, ecc. Dal processo,
tenutosi a Firenze con i pm Vigna e Chelazzi, Monica esce sostanzialmente
assolta per le imputazioni principali. Monica Giorgi era nota,
non solo nella sua città, per esser stata, pochi anni
prima, parte della nazionale azzurra di tennis. E oggi è
saltuaria collaboratrice di “A”.
Livorno ritorna nelle pagine successive perché sede,
il 13 marzo 1982, di una bella manifestazione antimilitarista
anarchica a carattere nazionale di cui si spiegano le ragioni.
E, a margine, una presa di posizione della redazione del periodico
antimilitarista libertario “Senzapatria” e una dichiarazione
di obiezione totale di un anarchico siciliano, Orazio Valastro.
Nelle Cronache sovversive – i Fatti&Misfatti
di allora – si riferiscono varie notizie, tra cui –
nell'ambito di un'assemblea della nostra rivista – la
proposta di alcuni anarchici trentini di acquistare un furgone
per farne il perno di un centro sociale “mobile”.
Non sappiamo, 37 anni dopo, che fine abbia fatto quella curiosa
proposta. Si annuncia poi la costituzione dell'Archivio Borghi,
a Castel Bolognese (Ravenna): fa piacere constatare che detto
Archivio, rinominato Biblioteca Libertaria “Armando Borghi”,
continui positivamente le proprie attività, confermandosi
uno dei luoghi significativi della conservazione del patrimonio
storico e della promozione della cultura libertaria.
Maria Teresa Romiti scrive sul “totem computer”:
alla luce degli sviluppi successivi, che hanno così profondamente
trasformato e stravolto il mondo. Leggersi queste osservazioni
di una acuta e profonda lettrice del mondo allora contemporaneo,
colpisce.
Il circolo anarchico “Ponte della Ghisolfa” e il
collettivo Anarres, milanesi entrambi, pubblicano su “A”
un loro documento su lotta armata, violenza, campagne antirepressive,
ecc. La redazione aderisce appieno, precisando che i quattro
componenti del collettivo redazionale di “A” militano
nei due gruppi firmatari del documento. Questo scritto fa un
po' il punto della nostra riflessione etica e politica su temi
così importanti e dibattuti (da sempre) in campo anarchico
e libertario. Oggi ci esprimeremmo diversamente, certo, ma le
linee-guida della nostra riflessione collettiva c'erano già
tutte.
Salvo Vaccaro, altro nostro saltuario collaboratore e caro amico,
scrive “Spiazziamo il potere”, un duro attacco contro
il sistema occidentale. Piero Flecchia, una delle tante voci
libertarie individuali che hanno trovato espressione in “A”
– meno di quanto ci sarebbe piaciuto – scrive “L'uomo
è le cose che fa”.
Passiamo alla storia. Un bel dossier a più voci si occupa
di Eliseo Reclus, grande geografo e grande anarchico a cavallo
tra ’800 e ’900. Silvano Toni, allora e per lungo
tempo attivo tra gli anarchici reggiani, scrive su Ettore Zambonini,
anarchico, antifascista, bella figura di militante ucciso dai
fascisti.
Ultimo articolo del numero, una bella testimonianza sull'anarchismo
a Carrara, firmato da Rosaria Bertolucci (madre del nostro sempiterno
collaboratore Franco Bertolucci, anima della BFS di Pisa e tra
i nostri attuali collaboratori più prolifici e interessanti)
e da Ottorino Tonelli.
Due lettere, una recensione, i consueti comunicati (sottoscrizioni,
nuovi punti-vendita, ecc.) la pubblicità di un libro
di Kropotkin pubblicato dalle Edizioni Antistato nella breve
e definitiva stagione torinese (dopo 30 anni a Cesena e 10 a
Milano) chiudono il numero. Un numero interessante, vario, con
un taglio al contempo culturale e militante. Come conferma la
quarta di copertina, dedicata alla citata prossima manifestazione
antimilitarista del 13 marzo 1982 a Livorno.
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