rivista anarchica
anno 35 n. 309
giugno 2005


Cuba

A sinistra di Fidel
del Movimento Libertario Cubano

L’opinione degli anarchici cubani su un possibile futuro “di sinistra”. Senza Fidel.

 

Celia Hart Santamaria è figlia di Haydèe Santamaria, che partecipò all’assalto alla Caserma Moncada (tappa iniziale della conquista del potere da parte di Fidel Castro) e successivamente fondatrice della “Casa de las Americas”, e di Armando Hart, del Movimento 26 luglio, poi ministro della cultura di Cuba e ex direttore del Programma Martiano.
Ai primi di aprile, Celia, ha affrontato in un’intervista la questione delle possibili alternative di sinistra del futuro di Cuba, con un’esplicita richiesta agli anarchici di esprimere il loro punto di vista.
Pubblichiamo alcuni stralci tratti dalla risposta che il Movimento Libertario Cubano (in esilio) ha diffuso in rete.

(…). Nella tua lettera tu tocchi argomenti di importanza vitale, riguardo all’ “inerzia” del Partito comunista e all’esistenza di “certi meccanismi di restaurazione del capitalismo” a Cuba; fatti più che risaputi e di scarsa novità, il cui unico aspetto interessante è il fatto che sia tu ad ammetterli; ma non è di questo che vogliamo discutere, almeno in questo momento. Ciò che conta, in questo momento, è prendere posizione nel contesto ideologico e politico, di schierarsi riguardo a tale o talaltra situazione, questa o quella evoluzione di certe persone.
È di questo genere di cose che vorremmo minimamente e brevemente discutere con te.
Cercheremo di essere un po’ più precisi. Tu dici che sei in cerca di un’opzione di sinistra, di un’alternativa di sinistra per Cuba (e forse la stai elaborando).
Ti diciamo allora che la tua preoccupazione è anche la nostra e quella di moltissime altre persone, tra le quali in prima linea (non perché siano un’avanguardia ma perché sono coerenti) ci sono gli anarchici che tu citi nella tua lettera.
Certo, però, noi non possiamo essere d’accordo con te quando dici che “a sinistra di Fidel c’è il baratro”. È questa frase, e solo questa, che vogliamo discutere adesso.
La prima cosa che vogliamo rilevare è il problema logico sollevato da quell’affermazione, un’affermazione che nega momentaneamente, escludendo certe rettifiche da parte tua, le aspettative che avevi fatto nascere con certi tuoi exploit.
Seguendo la logica si possono desumere solo due cose da quella frase: o che l’alternativa di sinistra che vai cercando si trova alla destra di Fidel oppure che l’alternativa è Fidel in persona e l’assoluta continuità del monologo autoreferenziale che egli ha perseguito da sempre.
Puoi ben capire che, se la tua alternativa di sinistra è a destra di Fidel (cosa che non crediamo: non sembri così sciocca) questo dibattito è del tutto senza senso e sarebbe meglio chiuderlo qui.
Ma tu noterai anche che se l’alternativa di cui parli non è altro che lo stesso Fidel per secula seculorum, anche nella sua assenza fisica, non è molto chiaro tutto quel tuo arrabattarti, se la questione si riduce a qualche lettura di Trotsky, Lukacs, Rosa Luxemburg e Gramsci, quale blando condimento.
Poi, comunque, non dal punto di vista logico, ma da quello politico, dovresti proprio spiegarci che razza di sinistra sarebbe quella a destra di Fidel. È la sinistra a destra di Fidel la responsabile dell’“inerzia” del Partito e dei “meccanismi di restaurazione capitalista”? Com’è possibile? Fidel non se ne accorge? Per caso il Líder Maximo, il Primo Segretario del Partito, il Presidente del Consiglio dei Ministri è scavalcato, i suoi orientamenti sono ignorati? O magari Fidel ripete il biblico mistero della Trinità e, come Gesù, che è uno con Iddio Padre, siede alla destra di se stesso?
Queste domande vogliono solo mettere in luce la confusione prodotta dalla brevità delle tue argomentazioni e il fatto è che non siamo ancora arrivati al nocciolo della questione, cioè non siamo ancora finiti nel “baratro” che tu dici è la sola cosa che esiste a sinistra di Fidel.

Le parole smarrite

Abbiamo cercato di affrontare l’argomento in modo rispettoso e attento, nell’interesse di questo scambio di opinioni, mettendo da parte per il momento gli inganni e le riserve accumulatesi da decenni. Cerchiamo anche noi di vedere le cose nella loro ampiezza e complessità, almeno con i nostri mezzi limitati. Ci è successo di prendere una serie di temi normalmente presenti nel pensiero della sinistra, di collegarli a Cuba e a Fidel per estensione e di chiederci quali elaborazioni e intuizioni potessero servire da punti di partenza per la discussione.
A questo scopo siamo ricorsi allo strumento più potente oggi disponibile: il motore di ricerca di Google, limitando la ricerca alla frase esatta in lingua spagnola, in qualsiasi formato di file e in qualsiasi campo.
In questo modo chiunque può controllare l’esattezza dei nostri riscontri e lo puoi fare tu stessa, perché siamo sicuri che tu hai accesso a Internet senza inconvenienti. Vediamo i risultati della nostra piccola ricerca e forse anche tu converrai con noi che sono davvero sorprendenti.
Cominciamo col dire che alle frasi “consigli operai cubani” e “consigli operai a Cuba” la ricerca su Google ci dice “no document found”; il che probabilmente è dovuto al semplicissimo fatto che non si riflette su qualcosa che non esiste nemmeno nella fantasia. Si ha lo stesso risultato con l’espressione “autogestione a Cuba”, anche se in questo caso abbiano trovato un link, uno solo, sul “self-management cubano” che si trova all’indirizzo es.geocities.com/anticivilizacion/antonfdr_GANDHI.htm * e che c’informa che l’idea è praticamente ignota sull’isola.
Seguendo la stessa procedura arriviamo alla triste conclusione che, per quanto riguarda Cuba, non si scrive e non si parla di “autonomia operaia” o di “sindacati autonomi”, il che conferma solamente che i capi di tali organizzazioni non sono terribilmente interessati alla faccenda e che l’orientamento predominante consiste nel tenerle nella sfera di dipendenza dello stato. Stando così le cose, non sorprende che una cosa talmente “estremista” come l’interruzione collettiva e volontaria del lavoro produce appena discorsi a bassissima intensità: la ricerca di “scioperi a Cuba” offre cinque documenti di carattere storico, e se inseriamo “scioperi cubani” troviamo un unico e strano risultato in www.bibliotecagnostica.com/Poscla22.htm. Anche così abbiamo insistito nella ricerca, ma, con sorpresa, nel caso di “coscienza di classe a Cuba” e “coscienza di classe cubana” Google risponde ancora “nessun documento trovato”. Le cose vanno un po’ meglio con “cooperative cubane” e “cooperative a Cuba” e qui troviamo finalmente una trentina di documenti non necessariamente di origine ufficiale o per lo più apologetici, tra i quali notiamo qualche perla divertente come quella di Jesus Cruz Reyes che si dimostra molto urtato quando gli si chiede se tali organizzazioni siano o no indipendenti. Di fronte a un risultato tanto promettente (rispetto ai precedenti) siamo andati avanti nella nostra indagine ardimentosa, solo per sentirci dire che non esiste niente sui “movimenti sociali cubani” né sulle “università autonome cubane”, anche se, per essere onesti, osserviamo adesso che ci sono quattro documenti che contengono la frase “autonomia universitaria a Cuba”, per informarci che non esiste, ovviamente, e altri cinque, soprattutto riferiti al passato, che considerano opportuno, per una ragione o per l’altra, utilizzare la frase “movimenti sociali a Cuba”.
Così, dopo molti tentativi falliti, abbiamo deciso una svolta nella nostra ricerca verso un concetto che certamente non gode della nostra simpatia, quello di stato operaio. Sai quanti documenti contengono la formula “stato operaio cubano”? Solo trenta, in stragrande maggioranza trotzkisti e non tutti favorevoli. Di questi uno solo viene da ambienti ufficiali di Cuba, www.lajiribilla.cu/2002/n57_junio/1413_57.html e in realtà si trattava di un contributo di John Hillson inviato dalla città di Los Angeles. Pensiamo che questa mancanza sia dovuta al fatto che quella formula s’identifica con la tradizione trotzkista: pensiamo che il tuo ripescaggio del fondatore dell’armata rossa incontri ovvie difficoltà e per questo abbiamo fatto un tentativo per vedere se un’espressione analoga avrebbe prodotto risultati migliori: stato proletario.
Nemmeno in questo caso un successo ha coronato i nostri sforzi: la frase “stato proletario a Cuba” dava un solo e orfano risultato. Si tratta di un articolo di Luis Ramirez Caraballo e Antonio R. Barreiros Vazquez, intitolato “Posto e ruolo delle FAR (Forze Armate Rivoluzionarie) quali componente di particolare rilievo dello stato proletario cubano”, che si può trovare sulla Revista Cubana de Ciencias Sociales (anno 4, n. 12, settembre – dicembre 1986). Forse, Celia, tu sei delusa come noi e anche tu ti irriti quando qualcuno a Cuba parla di stato proletario e in realtà non i proletari ha in mente, ma le forze armate. È qualcosa che ha a che vedere con la militarizzazione della società cubana?

Ma quale baratro?

Una battuta: abbiamo usato una serie di indicatori che sono tutt’altro che perfetti e possono avere solo un carattere approssimativo, ma comunque abbiamo la ferma impressione che ci permettano di sostenere ipotesi plausibili. Per esempio, che le riflessioni sulla costruzione di un’alternativa di sinistra a Cuba si trovano davanti a un territorio quasi vergine e inesplorato. Per questo ti chiediamo per favore (nell’ipotesi che tu voglia risponderci) di fare un piccolo sforzo di fantasia e di non consigliarci di continuare la ricerca con espressioni come “sanità a Cuba”, “istruzione a Cuba”, “sport a Cuba” eccetera, perché quello che proponiamo non è inevitabilmente contro cose del genere, anzi le riempie di nuovi contenuti, le ridefinisce e le arricchisce indefinitamente.
Come probabilmente hai visto, dunque, c’è un insieme di idee che in forma embrionale rappresentano le corrispondenti conquiste rivoluzionarie della società (che in genere fanno parte dell’immaginario della sinistra) e che a Cuba sono utilizzate poco e male.
Noi siamo profondamente convinti di tre cose che sono intimamente legate al nostro tema, come è stato posto fin dall’inizio: in primo luogo, Fidel non ha dimostrato di avere sulle spalle la testa più adatta a elaborare un pensiero e a definire le azioni necessarie: ha avuto più di mezzo secolo per farlo e… niente! In secondo luogo questo spazio di idee e di realizzazioni non sta alla sua destra ma alla sua sinistra. Infine, nessuna di queste rappresenta il “baratro” così temuto e il cui solo nome provoca tanto spavento. Ci basterà mostrarti tre esempi particolarmente significativi e con possibilità di attuazione immediata.
In primo luogo un’alternativa di sinistra a Cuba dovrebbe prendere in considerazione con urgenza una smilitarizzazione, nel senso più ampio del termine. Essa non consisterebbe soltanto nel ridimensionamento delle forze armate, con i concomitanti risparmi e i corrispondenti trasferimenti di risorse in altri settori dell’economia che ne hanno infinitamente più bisogno. Comporterebbe anche l’annullamento degli storici privilegi delle forze armate, farebbe sì che i diversi problemi della società cubana non siano più visti come questioni di “sicurezza nazionale”. Soprattutto, la questione sarebbe di pensare il socialismo come dovrebbe davvero essere, ovvero, nuove e vive relazioni di solidarietà tra esseri liberi e uguali, evitando di appiccicarci sopra un’articolazione non proprio socialista tra “comandanti” e subordinati. Sono cose che si possono realizzare subito, Celia, e non c’è ragione per contrastarle.
Certo, tu ci dirai che la rivoluzione non può sopravvivere senza le “sue” forze armate, ma questo non è altro che un inganno al quale ti hanno abituato il “Líder Maximo” e i suoi lacchè. Il fatto è che le forze armate cubane sono costituite per reagire a un’ipotesi di conflitto (una teorica invasione degli USA): un’ipotesi avanzata per errore e che non si verificherà. In primo luogo le forze armate cubane non avrebbero la forza (e siamo d’accordo con te che questa è una disgrazia per l’umanità intera) per contrastare i bombardamenti aerei e gli attacchi devastanti che gli USA utilizzano nelle prime fasi di un conflitto.
Come si è visto in Iraq, per la resistenza la guerriglia è molto più efficace di un esercito convenzionale, che semplicemente non è all’altezza del compito. In secondo luogo, ci sono abbondanti indicazioni per presumere che un conflitto del genere non sia assimilabile a quel modello: Cuba non offre le stesse motivazioni addotte per l’Afghanistan o per l’Iraq (e nemmeno quelle esposte poi per l’Iran e la Corea del Nord) e non rappresenta una minaccia strategicamente rilevante o che meriti una considerazione da parte dei militari americani.
Se fai bene i tuoi conti, Celia, vedrai che i finanziamenti erogati dagli USA per il “lavoro sporco” a Cuba negli ultimi cinque anni, raggiungono una cifra inferiore al bombardamento di una sola notte su Baghdad, e non importa se la megalomania del Líder Maximo ci resta un po’ male per questo calcolo. Di conseguenza, la smilitarizzazione è fattibile subito e non ha niente a che vedere con il “baratro”.

Una curiosa immagine di Ernesto “Che” Guevara ripresa dal sito: es.geocities.com/ovejanegraweb/anarquismo_en_cuba.htm

Contro la pianificazione centralizzata

Un’alternativa di sinistra a Cuba, poi, dovrebbe intraprendere immediatamente il cammino verso l’autodeterminazione. Non credi che ci sarebbe una forte identificazione con la costruzione del socialismo (una condizione irrinunciabile, diremmo), con l’autogestione dell’economia da parte dei lavoratori? Purtroppo, per molti anni a Cuba l’autogestione è stata assimilata all’esperienza jugoslava e implicitamente collegata alla minaccia incombente del mercato e del conseguente “caos”.
Così tutte le speranze si sono riversate sul mito della pianificazione centralizzata che nel mondo reale è stato erroneamente identificato con la sapienza dei tecnocrati, con l’onnipresenza dei militari o con le ineffabili sortite del “Líder Maximo”, che hanno avuto sempre la meglio sulle idee degli organi collettivi.
Basta poi guardare ai risultati: tu diresti, Celia, che la strada percorsa dai primi impulsi per affermare il comunismo sull’Isola della Gioventù all’attuale presenza di multinazionali è una strada che porta verso il socialismo? No, Celia, il piano centralizzato non solo non ci ha portato il socialismo, ma si può anzi definire come una sequela di fiaschi prima e dopo il fallito obiettivo di dieci milioni di tonnellate di zucchero.
L’autogestione, intanto, si è guadagnata tutta la credibilità ed è la strada intrapresa da decine di movimenti in America Latina, quale strategia di resistenza e metodo per soddisfare nella pratica (sia pure con esiti contrastanti, sia pur sempre in contesti di neoliberalismo) i bisogni più urgenti: cibo, salute, casa eccetera. Ripetiamolo: l’autogestione è possibile subito e non c’entra niente con il “baratro” che tu presumi esista a sinistra di Fidel.
Infine, un’alternativa di sinistra a Cuba deve affrontare con forza e determinazione il problema delle libertà essenziali. Basterebbe solo smilitarizzare le teste e smetterla di sospettare che dietro a ogni cubano si nasconda un “agente dell’imperialismo” e subito la questione ci apparirebbe in tutta la sua chiarezza.
Dimmi che male ci sarebbe per un progetto di costruzione del socialismo, se dodici milioni di cubani godessero (tra mille altre prerogative) del diritto di parlare, di viaggiare, di organizzarsi in qualsiasi forma ritengano adatta. Ripeto una delle tue affermazioni: “Oggi tutti i giovani che si pongono interrogativi politici, quelli che vale la pena di ascoltare, saranno sempre di sinistra, anarchici, trotzkisti… Ma sono TUTTI rivoluzionari.”.
Benissimo, smettila di giocare a rimpiattino e sii sincera con te stessa e con i lettori: lo sai o no che a quei rivoluzionari non è permesso avere l’organizzazione politica che vorrebbero, perché questo è un diritto riservato al Partito comunista? Lo sai o no che a quei rivoluzionari non è consentito aprire al pubblico una propria biblioteca, fare trasmissioni alla radio, riunirsi senza chiedere l’autorizzazione, avere un proprio quotidiano, e neppure sostenere liberamente la propria posizione nei movimenti sindacali, giovanili, di quartiere, di genere o ambientalisti?
Queste cose necessitano di un contesto di libertà che attualmente non esiste e impongono non interventi dello stato, ma autonomia, pretendono niente di meno di una possibilità socialmente garantita per ogni collettivo (quale che ne sia la natura) di fissare le proprie regole, purché non danneggi la libertà altrui.
Tu godi di una situazione di privilegio, Celia, e non puoi non esserti resa conto che l’ossessione della sorveglianza, del controllo, della repressione è una cosa e la libertà è tutt’altra. Da che parte pensi che stiano il socialismo e la sinistra?
Sappiamo della tua attenzione alle cause della caduta del blocco sovietico: allora, non credi che il fatale disprezzo per la libertà dimostrato dai sovietici possa avere almeno qualche cosa a che fare con quel disastro?
Quell’esperienza è una miniera d’oro di insegnamenti e tutti inequivocabilmente portano a dire che, in questo inizio di XXI secolo, non si può più concepire il socialismo come frutto spontaneo di una fumosa necessità storica, di una raffinata operazione di ingegneria sociale o del genio di una volontà messianica. Il socialismo del XXI secolo potrà solo nascere dalla coscienza collettiva e questa può solo fiorire da una radice di libertà.
Niente a che vedere, Celia, con il “baratro”.

Celia Hart

Alternativa di sinistra

Smilitarizzazione, autogestione, libertà fondamentali: tre elementi minimi e tre strade da percorrere per dare un’alternativa di sinistra a Cuba e per mobilitare non solo l’élite attualmente dominante ma il popolo cubano nel suo insieme.
Queste proposte non sono il “programma massimo” degli anarchici, e forse le si potrebbero definire “riformiste” nell’odierno contesto cubano.
Però sono un buon punto di partenza per articolare una politica autenticamente di sinistra sull’isola. Sai meglio di noi che livello di partecipazione e d’impegno dovranno avere i comunisti cubani (soprattutto i più giovani) con questa politica e che peso potrebbero avere all’interno del partito quelli che farebbero proprio un orientamento del genere.
Ciò nondimeno, non c’è dubbio che una scelta tale finisce per scavalcare l’organizzazione del partito e lascia spazio, fra l’altro, alle correnti che tu stessa hai definito rivoluzionarie.
Per la stessa ragione, è certo che finisce per confliggere con una costellazione di interessi, privilegi e aspettative che sono chiaramente collocati alla sua destra, dentro e fuori del Partito comunista: una situazione e un’evoluzione che, se la memoria non c’inganna, fino a pochi anni fa era considerata insita nella lotta di classe.
Sia come sia, Celia, dobbiamo andare avanti ad approfondire l’analisi e a rafforzare la volontà. Se siamo stati un po’ ironici nei tuoi confronti in molti punti di questa lettera, è per il fatto che, per quanto capiamo, non sei ancora entrata bene nel problema e non sei ancora pronta a esprimerti pubblicamente con le tue radici autentiche.
Le tue intenzioni sembrano sincere e forse anche compatibili, ma parli ancora a mezza voce, ti lasci trascinare da metafore che non portano da nessuna parte e non hai avuto il coraggio di mettere in tavola quel contesto di conflitti concreti che stanno al fondo del processo di costruzione di un’alternativa di sinistra per Cuba.
Pane al pane e vino al vino, Celia: ecco il vero inizio di un’alternativa che sappia reggere alle eventuali avversità, che non parta da intrighi di palazzo ma dalla coscienza collettiva del popolo cubano.
Tu hai evitato con cura di parlare di scontro tra fazioni, ma converrai con noi che è appunto questo che chiunque può leggere tra le tue righe.
E sai anche che la battaglia va combattuta a qualunque costo, perché è in gioco niente di meno che il futuro del nostro amato popolo cubano. È una battaglia, Celia, che va combattuta con idee chiare, precise, idee forti e non con le solite odi in onore dell’intoccabile figura di Fidel.
La si può combattere solo con il popolo organizzato intorno alle proprie convinzioni più profonde, non con vaghi avvertimenti e insinuazioni sulle faccende dell’élite dominante. Devi pagare un prezzo ideologico e subire di persona le pressioni del sistema, è comprensibile e questo ti espone alle difficoltà e molestie.
Ma tu almeno puoi parlare, Celia, e questa è una possibilità che la maggioranza di noi cubani non ha.
Noi abbiamo ogni giorno tanti svantaggi, rispetto a te, e un solo ma gigantesco vantaggio: sappiamo che non tornerà il Cid Campeador in sella a Babieca, che a sinistra di Fidel non c’è un baratro, non c’è un burrone e nemmeno un buco. Quello che si spalanca non a destra ma a sinistra di Fidel, Celia, altro non è che l’ampio spazio della libertà.

Movimento Libertario Cubano
movimientolibertariocubano@yahoo.com.mx
traduzione dal castigliano di Guido Lagomarsino

 

* Il collegamento segnalato dagli anarchici cubani porta a una generica pagina Yahoo!, abbiamo però trovato riferimenti al “self-management” a Cuba alla pagina: http://www.geocities.com/nestor_mcnab/guerin/Conclusion.html.

 

Le edizioni Zero in Condotta hanno pubblicato, nel 2003, un libro sulla storia del movimento anarchico cubano.
Sul n. 295 di “A” (dicembre 2003-gennaio 2004) ne abbiamo pubblicato la prefazione a cura di Lily Litvak.

Frank Fernandéz

CUBA LIBERTARIA
Storia dell’anarchismo cubano

pp. 184, euro 12,00

La teoria e la pratica anarchica sono stati fondamentali elementi di riferimento dei movimenti rivoluzionari e sociali cubani dall’ottocento fin oltre la metà del ventesimo secolo, dalla lotta contro il colonialismo spagnolo alla pesante ingerenza nordamericana. Anarchici furono gli organizzatori dei primi sindacati dei lavoratori delle più importanti attività del paese, nei settori del tabacco e dello zucchero; negli anni venti, nel momento più significativo della loro influenza, arrivarono ad orientare l’intero movimento sindacale. Negli stessi anni organizzavano scuole laiche per i bambini poveri, intervenivano tra i contadini per dare vita alle collettività agricole, pubblicavano giornali e riviste, promuovevano luoghi d’incontro per i lavoratori. Più tardi, presero parte alla resistenza militante contro le dittature che si sono susseguite nel paese, da Machado a Batista, pagando un pesante tributo di sangue. La conquista del potere da parte di Fidel Castro e l’affermazione della sua concezione autoritaria del socialismo, li vide fermi oppositori in nome di un socialismo che è libertario o non è. Sottoposti a censura, emarginati dai sindacati, sottoposti a misure repressive, molti di loro furono costretti all’esilio da dove hanno continuato e continuano la loro lotta per la giustizia sociale e la libertà, da essa indissolubile. Questo libro narra la loro storia.

Frank Fernández
Anarchico cubano, curatore per lungo tempo della rivista “Guángara Libertaria”, edita per tredici anni – dal novembre del 1979 al 1992 – dal Movimento Libertario Cubano in Esilio per un totale di 54 numeri; è anche autore del libro La Sangre de Santa Águeda.

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