rivista anarchica
anno 44 n. 394
dicembre 2014 - gennaio 2015





Massenzatico (Re)/
L'avventura delle cucine del popolo

Si è concluso con successo il sesto convegno (3/5 ottobre 2014) delle Cucine del Popolo, dedicato alla solidarietà, che ha visto la partecipazione di oltre mille persone presenti durante le tre giornate e oltre quindicimila contatti sui social network. Ci sono stati incontri, laboratori, sperimentazioni eno-gastronomiche, mercati delle autoproduzioni genuine e spazio per i bambini. Inoltre, un interessante convegno di studi storici con professori e ricercatori sulla solidarietà a tavola che è partito dall'ottocento, con una ricetta-programma “Il cuore di bue alla comunista”. A seguire una bella presentazione, in anteprima nazionale, del dossier di A – Rivista Anarchica, dedicato a Gino Veronelli, in occasione del decennale della sua scomparsa. Pranzi indiani e sinti, durante le Cucine dei Popoli, la domenica; l'immancabile Barone Rosso della Lunigiana con i suoi “Piatti proletari”; il “Veglionissimo Rosso” composto da antipasti, cappelletti in brodo, bolliti e salse di campagna e zuppa inglese, il tutto innaffiato dal lambrusco rosso vivo. Per l'occasione si è riproposto un menù socialista del 1906. Al veglione hanno partecipato trecento persone confermando il grande successo dell'evento gastronomico e, sopratutto, conviviale.

Massenzatico (Re) - Foto di gruppo

Dopo dieci anni e più di attività e sei convegni internazionali dedicati alle cucine popolari, letterarie, utopiste, delle locomotive, rivoluzionarie e solidaristiche, questa esperienza aggregante continua a raccogliere significativi consensi ovunque.
Questo laboratorio unico nel suo genere fu fondato da Gino Veronelli, dai professori Giorgio Sacchetti e Sandro Bortone, da alcuni artisti e scrittori e dai compagni della FAI Reggiana, che fissarono la “sede ufficiale” a Massenzatico, là dove nacque la prima Casa del Popolo in Italia nel 1893. Hanno frequentato le Cucine del Popolo varie personalità della cultura, intelettuali, scrittori e scrittrici, giornalisti, studiosi, musicisti, cuoche rosso-nere.

Massenzatico (Re) - Un momento della cena
di sabato 4 ottobre al Teatro Artigiano

Dal 2013 il nostro circolo ha preso in gestione il Centro Sociale della Paradisa, a Massenzatico, realizzando feste, eventi, incontri e concerti, per un totale di oltre quaranta iniziative, abbinate a interessanti proposte gastronomiche.
Da sempre le Cucine del Popolo perseguono i valori della sorellanza e della fratellanza, proponendo un'aggregazione dal basso, libertaria e autogestionaria.

Gianandrea Ferrari



RebAl/
La rete delle biblioteche e archivi anarchici e libertari

Chissà cosa avrebbe pensato un Malatesta se, sul nascere del ventesimo secolo, qualcuno gli avesse predetto che gli anarchici avrebbero trovato un sistema di catalogazione digitale in grado di connettere micro e macro realtà affini e libertarie sulla base dei libri da essi posseduti... e di permettere una comunicazione capillare su rete nazionale e internazionale con solo un click su un tasto e uno schermo, a distanze anche ingenti! Piccoli “miracoli” tecnologici a parte, da un paio d'anni ormai a questa parte un gruppo di persone di diversa provenienza, tutti coinvolti a diverso grado e con distinte conoscenze nell'ambito degli archivi anarchici e libertari hanno tentato, con inaspettato e pronto successo - se ripenso alle prime riunioni in cui teoria e pratica sembravano su due piani distanti ancora mi stupisco, piacevolmente -, di mettere in piedi una rete di biblioteche e archivi anarchici e libertari, che potesse ospitare una collaborazione virtuale tra tutti i centri di documentazione specializzati in storia, teorie e culture dei movimenti anarchici e libertari e che grazie ad un unico catalogo collettivo potesse facilitare da un lato l'accesso al patrimonio culturale libertario, dall'altro avvantaggiare gli archivi aderenti al progetto nello scambio delle informazioni e coloro che ne volessero o vorranno far parte in futuro, condividendo schede di imputazione, testi e utilizzando inoltre programmi di archiviazione liberi e indipendenti.
Dopo i primi tentativi nebulosi e qualche timore che questa ambizione fosse economicamente e tecnicamente insostenibile un insieme di individui più esperti in materia ha trovato la soluzione in Vufind, risorsa che ha dato una svolta fondamentale all'idea tanto agognata e rendendola concreta. E così nell'arco di una breve fase sperimentale divenuta presto operativa è nata RebAl, strumento di condivisione dei saperi e di un patrimonio frammentato sul territorio che finalmente trova uno spazio accessibile a tutti in un luogo virtuale comune. Una pubblica presentazione del progetto è già stata fatta a Bologna, presso lo spazio pubblico autogestito xm24 durante l'incontro annuale delle controculture digitali italiane, l'Hackmeeting, nel giugno 2014. La prossima presentazione sarà il 25 gennaio 2015 a Milano. Quanti fossero interessati ad aderire al progetto, a promuoverlo o semplicemente a diffondere la notizia della sua esistenza sono caldamente invitati a farlo.
Di seguito il link diretto al portale su cui poter ricercare quanto vi possa essere utile nelle vostre letture: http://www.rebal.info, ricco di strumenti, collegamenti e filtri per le ricerche. Riportiamo il manifesto redatto collettivamente e rivisto nell'ultima assemblea tenutasi al Berneri di Bologna nell'ottobre 2014, esortando tutti gli interessati a contattarci e venirci a conoscere:
progettometaopac@indivia.net.

Gaia x RebAl

Ecco il manifesto di RebAl
RebAl è una rete di collaborazione tra biblioteche, archivi e centri di documentazione specializzati in storia, teorie e culture dei movimenti anarchici e libertari.
Il principio ispiratore di RebAl è la volontà di facilitare l'accesso pubblico al patrimonio culturale libertario, nella convinzione che la sua più ampia circolazione sia uno strumento importante nei processi di trasformazione sociale e di diffusione dei principi e delle pratiche antiautoritarie.
Il progetto RebAl parte dall'iniziativa di un gruppo di archivi e biblioteche italiani, ma intende proporsi come punto di riferimento a livello internazionale per la collaborazione operativa tra centri che condividono le finalità del progetto.
Strumento fondamentale della rete è il catalogo collettivo virtuale che offre un punto di accesso unificato al patrimonio documentario complessivamente posseduto, consentendo al pubblico di conoscerlo e quindi di reperirlo ed utilizzarlo. La sua unica e semplice maschera di ricerca permette infatti di interrogare contemporaneamente i diversi OPAC (Online public access catalog) dei vari centri, come se l'utente avesse a che fare con un unico catalogo. Per offrire una copertura il più possibile estesa, vengono interrogati anche OPAC di istituti non aderenti a RebAl ma che possiedono una significativa documentazione negli ambiti dell'anarchismo e delle culture libertarie e che intendono condividere il loro catalogo. Ogni istituto rimane autonomo e indipendente nelle proprie scelte catalografiche e nella gestione del proprio catalogo, che resta fisicamente distinto da quello degli altri aderenti e accessibile anche tramite altri canali (il proprio sito web, il catalogo del Servizio bibliotecario nazionale, altri cataloghi collettivi ecc.).
Il catalogo collettivo è realizzato con il software libero VuFind (licenza GPL) ed è ospitato sul sito web raggiungibile all'indirizzo http://www.rebal.info, indipendente dai siti delle biblioteche e archivi aderenti alla rete. Sarà possibile integrare non solo cataloghi di biblioteche ma anche ulteriori risorse come biblioteche digitali, inventari archivistici, repertori bibliografici, riviste ad accesso aperto, per fare del sito di RebAl un vero e proprio portale culturale libertario.
La gestione complessiva del sito e la manutenzione tecnica del catalogo collettivo sono in carico al gruppo di lavoro che, in maniera volontaria e a titolo gratuito, dovrà anche agevolare l'integrazione dei cataloghi dei nuovi aderenti e che si impegna a condividere le conoscenze tecniche necessarie alla gestione. Strumenti di coordinamento sono gli incontri periodici e la mailing list progettometaopac@indivia.net.
Ogni biblioteca aderente è tenuta a pagare la quota annuale di partecipazione per coprire le spese vive che il mantenimento tecnico di RebAl richiede.



Londra/
Una fiera del libro anarchico nella terra dei Lord

Quando, rientrata da Londra, ho raccontato di aver goduto di un intero fine settimana di sole e temperature alte fuori stagione, le battute si sono sprecate: “sei sicura di essere stata in Inghilterra?”. Ebbene sì, sono sicura. Partenza venerdì 17 settembre, posto in aereo assegnato numero 17, arrivo in centro previsto per le ore 17 (in barba alle superstizioni); destinazione finale: Anarchist Bookfair, la fiera del libro anarchico.
La mia amica Hannah mi stava aspettando; quando, qualche mese prima, le ho parlato dell'appuntamento previsto per sabato 18 settembre nelle aule della Queen Mary University, ha subito deciso di accompagnarmi.
Appena ci incontriamo, diamo un'occhiata al programma della giornata seguente; noto presto che per chiunque decida di partecipare all'evento mosso principalmente da curiosità, ma senza un'idea chiara sul contenuto del pensiero anarchico, sono stati organizzati alcuni meeting di avvicinamento all'anarchismo. Un esempio? “Introduzione all'anarchismo”: un incontro della durata di un'ora in cui sono esposte alcune delle idee alla base del pensiero anarchico. Ho trovato l'iniziativa davvero degna di nota, sintomo della volontà degli organizzatori di non “parlarsi addosso”, di non rivolgersi solo ad accademici, militanti, attivisti, studiosi, ma di portare avanti l'idea che propaganda ed educazione siano fondamentali per la diffusione delle teorie anarchiche e per il mutamento sociale.
L'Anarchist Bookfair di Londra, giunta quest'anno alla 32esima edizione, è un appuntamento che, con cadenza annuale, si propone di far incontrare editori e lettori anarchici e libertari, di essere luogo di confronto e dibattito, offrendo non solo uno spazio espositivo, ma anche un calendario ricco di incontri.
Le aule dedicate ai meeting erano undici, alle quali si aggiungeva una sala per banchetti e stand, una stanza interamente dedicata alla proiezione di film e documentari e due spazi destinati all'accoglienza dei bambini. Tutto ben pensato, curato e organizzato.
Arrivate alla Queen Mary intorno a mezzogiorno, non abbiamo dovuto affidarci ad alcuna indicazione (per altro non presente) per trovare il luogo esatto all'interno del campus; ci è bastato seguire il suono di un banjo. Infatti, nel piccolo giardino di fronte all'entrata del Bancroft Building, edificio che ha dato spazio alla fiera, tre ragazzi stavano improvvisando alcune canzoni muniti di banjo e di basso; alle loro spalle la porta d'ingresso incorniciata da festoni rossi e neri e davanti ad essa una piccola folla di persone. Devo dire che il colpo d'occhio è stato suggestivo, complice anche il sole e l'atmosfera distesa e rilassata.
Dopo aver scambiato qualche parola con alcuni giovani all'entrata, munite di programma abbiamo organizzato la nostra giornata. Non è stato facilissimo, le possibili cose da fare/vedere erano moltissime. Dopo un breve consulto, abbiamo deciso di iniziare prendendo parte ad uno degli incontri in calendario e dare uno sguardo agli stand in un secondo momento; a breve, infatti, nella stanza 2.40, dalle 13 alle 15 si sarebbe tenuto l'incontro “Donne contro il fondamentalismo: 25 anni di resistenza al fondamentalismo e al razzismo”. Organizzato dai gruppi “Woman Against Fundamentalism” e “Southall Black Sisters”, ha avuto come focus l'importanza delle campagne anti-fondamentaliste per i movimenti radicali, l'impegno delle donne nella lotta ai fondamentalismi religiosi e la questione identitaria in relazione a femminismo e religione. Tra le relatrici, Pragna Patel e Sukhwant Dhaliwal, membri di entrambi i gruppi, il cui impegno nella lotta ai fondamentalismi religiosi dura da decenni.
Dalle 15 alle 16 abbiamo invece deciso di prendere parte a “Kurdistan siriano. Un'esperienza diretta”. Il relatore, un esponente della federazione anarchica curda (KAF) appena rientrato a Londra dalla regione di Rojava, ha messo a disposizione la propria testimonianza per spiegare e rendere noti gli eventi che stanno avendo luogo in quella zona. L'impegno per la creazione di un'organizzazione non gerarchica, che soprassieda a nazionalismo, religione, differenze di genere, ma anche lo sforzo degli abitanti nella resistenza agli attacchi da parte dell'ISIS. L'aula designata era gremita, posti a sedere esauriti, molte le persone sedute per terra (tra cui anche noi), diverse quelle rimaste in piedi, alcune addirittura fuori dall'aula. Il particolare successo di questo meeting rispecchia l'interesse di molti anarchici e libertari nei confronti di quanto sta accadendo nella regione curda della Siria, soprattutto a fronte della mancanza di rilevanza mediatica data alle vicende in corso in quella zona. In tantissimi volevano saperne di più e l'occasione di ascoltare una testimonianza diretta ha attirato davvero molti uditori.
Sempre nella stessa stanza, dalle 16 alle 17, abbiamo assistito alla proiezione del documentario “Burn!”. L'incontro è stato organizzato dal gruppo “United Families & Friends”, famigliari e amici di persone decedute mentre si trovavano in stato di fermo, in carcere o sotto custodia da parte della polizia. La pellicola ha ripercorso i fatti antecedenti i riot londinesi dell'agosto del 2011, l'uccisione di Mark Duggan per mano della polizia e i casi analoghi verificatisi negli ultimi anni a Londra, offrendo un'analisi delle cause che hanno portato alle rivolte di tre anni fa.
Dalle 17 alle 18,30, invece, abbiamo avuto modo di partecipare a “Terrorismo, femminismo e un secolo di guerra, 1914-2014”; i tre relatori Bojan Aleksov, Laura Schwartz e Gabriel Levy si sono occupati, rispettivamente, della figura di Gavrilo Princip, lo studente che sparò a Francesco Ferdinando; della suffragetta Sylvia Pankhurst, figlia di Emmeline Pankhurst, che si oppose alla prima guerra mondiale nonostante la madre e alcune appartenenti al movimento suffragista fossero invece favorevoli; e della guerra civile attualmente in corso in Ucraina. Per quanto mi riguarda, posso dire di aver particolarmente apprezzato la relazione di Laura Schwartz, soprattutto la parte inerente al modo in cui, tra le pagine dei libri di storia, vengono dipinte le conquiste delle donne dopo la grande guerra: una sorta di “premio” che, a malincuore, venne dato loro per essersi comportate in modo encomiabile durante l'assenza degli uomini partiti per il fronte.
Al termine della quarta conferenza ci siamo finalmente concesse un giro tra gli stand. Confesso di non aver visto tutto quello che la sala offriva; il numero di persone all'interno era elevatissimo e mi è capitato, a causa della ressa, di non riuscire a vedere in faccia lo standista o ciò che era posto sul suo banchetto. Si trattava di espositori principalmente anglofoni, anche se non erano la totalità. Un turbinio di volumi, maglie, spille, poster, dischi, riviste, articoli.
Concluso il nostro tour tra gli stand, abbiamo lasciato il centro della città per continuare la serata in periferia. Il bilancio della giornata è stato sicuramente positivo; relazioni interessanti, incontri divertenti, atmosfera conviviale.
Il giorno seguente, di nuovo alle ore 17, stavo già facendo ritorno in Italia. Oltre al libro “Cazzarola!” di Norman Nawrocki, un numero elevatissimo di volantini, un paio di articoli e qualche rivista, posso affermare di aver portato con me anche la voglia di tornare nuovamente a Londra per l'Anarchist Bookfair del prossimo anno.

Carlotta Pedrazzini



Francia/
Un ecologista ucciso dalla polizia

Si chiamava Rémi. Uno studente di Tolosa colpito a morte da una granata assordante durante una notte di assedio al cantiere per la diga di Sivens. La polizia francese le chiama armi non letali. Ma fanno male. Tanti sono stati feriti, Rémi invece è morto. Un omicidio di Stato.

Rémi Fraisse

Sabato 25 ottobre era stata indetta una manifestazione al cantiere per la costruzione della diga di Sivens. Quest'opera è contrastata dagli ambientalisti e dai piccoli agricoltori della zona. La diga servirebbe gli interessi di alcune grandi aziende agricole e distruggerebbe l'unica zona umida della zona. La ditta che ha fatto “l'inchiesta pubblica” per la realizzazione dell'opera, una procedura di consultazione tipica della Francia, è la medesima che si è aggiudicata l'appalto e dovrebbe gestire la diga a lavori ultimati. Una mano lava l'altra e poi si fanno la faccia pulita.
Siamo nel Tarn, nella zona pirenaica a ovest di Tolosa.
Qui è sorta da diversi mesi una ZAD, Zone À Défendre, un'area occupata da accampamenti, casette sugli alberi, tende, per tentare di impedire il disboscamento preliminare all'inizio dei lavori per la diga, che dovrebbe fornire acqua per le coltivazioni intensive di mais.
In questi mesi gli attacchi alla ZAD si sono susseguiti in un crescendo di violenza poliziesca. Tra i resistenti era forte la convinzione che prima o poi ci sarebbe scappato il morto.
Migliaia di manifestanti provenienti da tutta la Francia hanno partecipato all'iniziativa contro la diga e in solidarietà con chi resiste nei boschi. Una grande manifestazione popolare.
Al termine del corteo qualche centinaio di attivisti aveva proseguito per l'area di cantiere vietata e blindata dalla polizia. Le truppe dell'antisommossa hanno usato gas lacrimogeni, pallottole di gomma e granate. Le cariche nel bosco si sono susseguite per ore. Molti manifestanti sono stati feriti. Rémi è morto sul colpo. Aveva 21 anni.
Non lo conoscevamo, ma era uno dei tanti che hanno scelto di mettersi di mezzo, di lottare contro l'imposizione di un'opera inutile e costosa. Contro la distruzione di una zona umida, per un'agricoltura misurata sulla qualità, non sul peso, per una vita libera dalla feroce logica del profitto.
La piccola dimensione, l'autogestione dei territori e delle proprie vite, un'idea di relazioni sociali che rifiuta il profitto e sceglie la solidarietà, un'utopia concreta per tanti, in ogni dove, uniti al di là delle frontiere che separano gli uomini e le donne ma non le merci.
Leggendo i racconti di chi era in quei boschi, la mente è corsa ai nostri boschi, alle nostre valli, alla nostra lotta contro il Tav, contro le grandi e piccole opere inutili. Abbiamo pensato ai malati senza cure, alla gente sfrattata perché non arriva a fine mese, ai bambini stipati in scuole insicure, senza risorse, sempre più costose. I soldi per una nuova linea di treni, dove già c'è il treno, i soldi per un'opera inutile, costosa e devastante li trovano sempre. Sono l'ossatura di un sistema di drenaggio di soldi pubblici a fini privati, che regge un'intera classe politica.
I soldi per le guerre dell'Italia – 53 milioni al giorno – ci sono sempre. I soldi per i militari nelle strade, per la polizia che picchia chi lotta per la propria vita, per il proprio futuro, ci sono sempre.
Siamo in guerra. La guerra di classe, la guerra per la sopravvivenza di un ceto di politici di professione, di cui possiamo fare a meno. Sempre più persone lo sanno, disertano le urne, costruiscono percorsi di autogestione e autogoverno, aprono spazi di libertà, costruiscono il mondo nuovo che sta crescendo nei nostri cuori.
Rémi vive. Vivrà nelle lotte di ogni dove, sarà con noi nei mesi e negli anni a venire.

Federazione Anarchica Torinese
www.anarresinfo.noblogs.org