Carta stampata che fa rumore II
Continuo sulla stessa strada intrapresa lo
scorso mese, segnalandovi cioè alcune cose stampate
che secondo me con la musica hanno comunque delle relazioni,
spesso dirette, altre volte più tenui, rarefatte. Direi
che tutte si leggono e si guardano più volentieri mettendoci
una qualche musica di sottofondo oppure circondandole di tappezzeria
sonica: sono letture che mettono in movimento gli ingranaggi
del ricordo e quelli della fantasia, e mi ha colpito proprio
questo invito a cercare un ambiente, un colore, una luce, un
posto tra musiche e canzoni familiari oppure tra colonne sonore
immaginarie e possibili. Sembra che alcune di queste pagine
suonino davvero, altre accendono in testa dei rumori, dei suoni
d'ambiente specifici... Ehi, sto continuando a scopiazzare da
me stesso, lo so, ma due righe per introdurre il discorso secondo
me ci volevano.
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La copertina della fanzine Mammamiaquantosangue |
Fanzine nel duemilaediciassette
“Mammamiaquantosangue”: eh sì qua la musica
si sente bella forte fortissima come piace a me, questione proprio
di impatto sonoro intendo, di volume alto, di scontro fisico
col suono, musica che vibra e sussulta tum-tum-tum-tum avete
presente quelle linee di basso incatenate alla cassa pesante
solida spigolosa della batteria che prendono allo stomaco. Come
mi mancano i concerti di una volta dove il volume contava, faceva
proprio parte integrante della musica, e ci si andava presto
per occupare un po' di posto o toccava ammazzarsi a gomitate
e spintoni per rosicchiare la distanza un pezzetto alla volta
fin sotto al palco e restare a stordirsi lì davanti.
MMQS chiamiamola così per fare prima è una fanzine
in biancoenero pare fotocopiata o comunque stampa digitale,
questo è il numero tre, non proprio uscito adesso ma
non importa. L'effetto è un po' come tenere tra le mani
una radio gigantesca con due woofer grossi così, che
cambia da sola la sintonia come sfogli le pagine, l'antenna
che va a puntare sul punk felice e liberatorio dei Frontiera
(c'è una bella intervista a Sergio Milani, quanta strada
quanta fratellanza quante storie quante canzoni venute ad abitare
qui dentro), solo per cominciare dico poi scegliete voi da che
parte andare tra Romahardcore e Torinohardcore o altre destinazioni
col potenziometro del volume stabile nella zona rossa. MMQS
è una realizzazione recente quindi pochi i nomivecchi
che conosco io e dei quali ho ancora dei dischi in casa tipo
Soglia del Dolore, Factrix e Marc Ribot e invece tanti i nomi
e le storie a me sconosciuti, tipo questo Nicola Manzan/Bologna
Violenta che neanche sapevo esistesse come pure questi Marnero
che finora non ho proprio mai ascoltato ma che mi incuriosiscono
assai, dovrei mettermi a cercare. Il tipo che si sbatte dietro
a MMQS si chiama Massimo e fa anche dei dischi (ho dato un'occhiata
rapida al catalogo, riconosco Simone Balestrazzi, parmigiano
se non ricordo male, una volta metà anni Ottanta nei
TAC), nome dell'etichetta: Sincope, metto più sotto i
riferimenti per i contatti. Pensate un po', pubblica anche delle
cassette, da non crederci.
Da non crederci, dico. Si potrebbe adesso stare qui a discutere
a disquisire a s/ragionare sui per chi sui perché e sui
percome, su meccanismi e ragionamenti in movimento dentro in
testa, insomma domandiamoci come mai uno dovrebbe mettersi a
fare oggi duemilaediciassette oggi che c'è internet oggi
che ci sono gli smartphone oggi che puoi telecomandare via web
anche la lavatrice e pure organizzarti il riscaldamento in casa
insomma come mai perché mai sbattersi per fare una fanzine
- chiamiamola Mammamiaquantosangue come questa qui, oppure Solar
Ipse come fa Loris Zecchin a Trieste ma il nome o il posto non
importa tanto se ne fanno ovunque su e giù per il paese,
spesso per metterla insieme collaborano ragazzi del nord e del
sud e dell'est e dell'ovest. Quelle che arrivano ogni tanto
nella cassetta della posta di casa mia sono grosso modo simili
negli istinti nel rumore nell'attitudine anche se sono tutte
diversissime - e le altre pure, immagino ce ne saranno decine
e decine di sotterranee e ultrasotterranee solo qui in Italia.
Non penso sia così diverso oggi da come succedeva a noi
una volta, dico noi-una-volta per dire i fanzinari di trentacinque-quarant'anni
fa alle prese con forbici colla trasferibili dymo e pennarelli,
artigiani per forza di collage fragili da fotocopiare e graffettare
assieme nell'era pre-videoscrittura. Non credete a quelli che
vi raccontano che gli anni Ottanta erano pervasi da chissà
quale spirito di intraprendenza e missione, macché pionieri
nel farwest culturale indipendente, se guardiamo bene vent'anni
addosso che sia ieri oppure oggi sempre vent'anni sono, la fame
di conoscenza è la stessa, i “tiramenti di culo”
e l'urgenza pure. È che andando avanti con l'età
ci si dimentica di aver avuto vent'anni, conviene farlo, tocca
farlo, spesso tocca farlo per forza, per restare a galla, darsi
un contegno, una rispettabilità. Forse è per questo
che certi che erano punk a vent'anni poi sono diventati santoni
oppure assessori sempre lì siamo - ma è un altro
discorso, qui si mette male, qui c'è da litigare e adesso
non mi va.
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Due di Lanterna Pirata, piccola etichetta genovese |
La lentezza mi piace
È la tecnologia che è diversa, solo quello, è
la velocità di questi tempi che è diversa, la
velocità con cui girano le informazioni intendo, mica
c'era internet nei primi anni Ottanta, lo sapete i telefonini
erano roba da Star Trek, ci si nutriva di vinile e cassette
copiate altro che Soundcloud e netlabel e Twitter e mp3, stavamo
tutti in fila ad aspettare il turno all'ufficio postale con
i pacchetti e le buste riempiti di speranze e sopra dei francobolli
riciclati ogni volta possibile - i modem wi-fi stavano solo
dentro ai sogni di chi li avrebbe poi inventati. A me la lentezza
piace, trovo che troppa velocità influenzi negativamente
l'idea di fatica (o di comodità, dipende da che parte
si guarda) che uno si fa, l'approccio alle cose del mondo, l'attenzione
agli altri, l'impegno e potrei continuare. Se voglio sapere
qualcosa adesso vado a cliccarci sopra, ci si mette poco: la
fatica, una volta pagata la bolletta del telefono, è
quella di schiacciare i tasti fino a formare una stringa di
caratteri, la mia scelta libera è tra i molti e diversi
possibili link che un motore di ricerca ha già scelto
per me. Ma se mi fermo un momento a pensare, capisco già
che questa parola “scegliere” ha preso come un gusto
acido, sa un po' meno di libertà, sa un po' meno di me,
della mia vita, dei miei sogni. Questo “scegliere”
è accontentarsi della superficie dei canali YouTube,
delle immagini e dei comunicati messi lì apposta da qualcuno
sul sito, dell'illusione del contatto diretto - che invece forse
diretto non lo è affatto. E lasciamo stare la questione
degli .mp3 da scaricare e magari da ascoltarsi con le cuffiette,
da soli - proprio dove la musica una volta la si condivideva
come il pane, come il vino, come le risate. Resta il rastrellare
spiccioli, una volta le collette adesso via paypal.
Io dico: uno che sceglie di fare una fanzine stampata oggi è
uno che si accorge che questo restare in superficie, questo
galleggiare sopra le cose davanti a uno schermo non basta e
non soddisfa, che una quantità breve di attenzione non
è sufficiente a rivelare, a illuminare, che frammenti
briciole schegge ritagli non riescono a formare un'opinione,
il pensiero ha bisogno di informazioni e di un pizzico di coraggio
sì vabbé ma anche e soprattutto di riflessione
tempo confronti scambi per formarsi. Fare una fanzine oggi significa
riprendersi indietro il tempo, riappropriarsi del senso del
tatto, aggiustarsi l'ambiente dentro in testa ad una velocità
più adatta, a ciascuno la sua. Uhm, questo pare più
un delirio che una segnalazione: corro subito a farmi una tisana.
Contatti: scrivete a sincoperec@gmail.com,
sito web sincoperec.altervista.com.
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La copertina del fumetto Ragazzo in vendita |
Desideri di carta (con sottofondo adeguato)
C'è poi quest'altra che poi non pare neanche una fanzine,
è più un libretto a sé tipo un'avventura
punkettara nel graphic journalism. “Ragazzo in vendita”
l'hanno fatta qua da noi altro che California ed è volendo
una specie di fanza evoluta monotematica, dentro c'è
una storia di sesso che si è immaginato Punk666 cioè
Paolo Merenda alessandrino e raccontata a disegni da (copio
dalle note di copertina, sono ancora uno di quelli che non si
attacca a facebook) Delicatessen alias Antonio Proietto calabrese
di Crotone, una cosa distantissima da un pornofumetto intendiamoci,
me l'hanno mandata da Genova quelli di Lanterna Pirata, figli
amatissimi coinvolti nel progetto. Alessandria Genova Crotone
giusto per dire come a un certo punto la provenienza geografica
c'entri sempre meno. Il tratto ricorda e forse ricorda è
una parola troppo vaga certi lavori di Raymond Pettibon finiti
sui volantini di Circle Jerks Black Flag e/o Minutemen - roba
sua è esposta al MOMA a New York e in giro per i musei
importanti, pensate un po' come succede che si fa strada. Sempre
grossomodo in tema, ma più complessa e stratificata e
direi pure più sofisticata come realizzazione, mi viene
in mente “Quindici desideri” di Alda Teodorani che
aveva messo insieme parole disegni e un cd pieno straboccante
di musica. Di roba così negli anni Ottanta non ricordo
ne circolasse - qui da noi intendo, in Italia, forse negli Stati
Uniti sì, ma là tirava tutt'altra aria. Le fanzine
da noi si facevano perché ci si inventava una stampa
nostra, un affare generazionale, tramite cui discutere di argomenti
nostri ed aggreganti tipo musiche, disegni, poesie spesso tutto
insieme disordinatamente, erano le cose semplici che ci tenevano
insieme, mi viene da pensare che al tempo il sesso era ancora
cosa privata, la prima ad affrontare all'aria aperta il discorso
credo sia stata Helena Velena dei Raf Punk, oh quanto bene le
voglio, quanti bei ricordi, quanto parlare, quanto sognare.
“Ragazzo in vendita” è in mezzo al mucchio
di roba prodotta e diffusa da Lanterna Pirata, date un po' un'occhiata
su lanternapiratarecords.blogspot.com
e/o scrivete a gippyilcane@hotmail.it.
L'impresa è stata messa in piedi in collaborazione con
EUBPDV che sta per è un brutto posto dove vivere: se
capitate sul blog eunbruttopostodovevivere.wordpress.com
tra le altre cose verrete a sapere di Balconica, festival dei
balconi che si tiene a Futani (Salerno) nel cuore del parco
nazionale del Cilento, ed ecco mentre lo scrivo mi è
saltata addosso la voglia di andarci.
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La copertina di Tutto il nero che trabocca |
Il nostro alfabeto interno personale
Ecco, ho appena scritto una bugia grossa come una casa: la voglia di andare nel Cilento già ce l'ho da un pezzo: appena riesco vorrei davvero andare a trovare Carmine Mangone, che in zona è ritornato a vivere. In una frase corta: mi piace come scrive, mi piace il riflesso delle parole, il riflesso di ciascuna che si combina con il riflesso di quella che Carmine le ha messo accanto. Le sue poesie mi portano lontano, mi accendono fuoco dentro in testa che fa uscire dalle tane i pensieri.
Dentro a “Tutto il nero che trabocca” (ed. Ab Imis,
2016 - trovate info e molto molto altro su carminemangone.com,
richieste e posta mandatele a ab.imis.press@gmail.com)
le parole sembrano proseguimento dei disegni di Marco Castagnetto,
come se il nero delle tavole uscisse fuori dei contorni e prendesse
la forma delle lettere del nostro alfabeto interno personale
ed esclusivo - non il solito ABC dei tempi di scuola, dico,
ma proprio le parole che ci hanno messo radici nel cuore. Strano,
molto nero qui dentro eppure niente affatto buio. Carmine mi
scrive che “il nero è un rosso mancato” e
io gli credo, perché ai compagni si crede, mettendoci
tutto l'amore che posso.
Marco Pandin
stella_nera@tin.it
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