rivista anarchica
anno 48 n. 428
ottobre 2018





Tre piccoli misteri ed un enorme sbaglio


ABC

Sta per Arcari Bandini e Cordini, ed il mistero del nome del (super)gruppo è l'unica cosa facile da risolvere: tutto il resto è un intreccio fitto di storie, di percorsi sovrapposti e condivisi, di fratellanze e di esperienze e di vite quindi cosa multidimensionale molto complicata. Tutt'e tre i protagonisti li avrete senz'altro incontrati dentro agli ultimi dischi e sopra il palco nei più recenti concerti di Fabrizio de André. Presi singolarmente abitano anche molte canzoni di Francesco Guccini, Ivano Fossati, Claudio Lolli, Paolo Conte, Roberto Vecchioni, Mauro Pagani e molte molte altre ancora. Volendola mettere giù in fretta, Mario Arcari (oboe, clarinetto, sax etc.) Ellade Bandini (batteria) e Giorgio Cordini (chitarra acustica e bouzouki) offrono in questo cd delle versioni strumentali di pezzi assai celebri, ma questa fretta non mi è naturale, i tre per certo non meritano fretta e superficialità. Il titolo del loro cd è “Senza parole” e non è soltanto perché le parole hanno provato a toglierle dalle canzoni: senza parole, e proprio senza, è come sono rimasto io all'ascolto, già al primo, ritrovandomi ad annaspare sotto una slavina di sorpresa.
Conoscendo già i trascorsi ed i lavori precedenti ed avendo ben presenti le frequentazioni e la grande esperienza di ciascuno, mi aspettavo di imbattermi in una realizzazione di lusso, e per certi versi direi che ci siamo: mettendoci poco cuore il cd può essere letto come una dimostrazione di indiscutibile abilità tecnica e rasenta la perfezione sonora... ma appunto bisognerebbe metterci poco cuore, ed ancora una volta sento sarebbe ingiusto fermarsi alla superficie. Il lavoro del trio funziona (...e come!) perché è una pura e semplice testimonianza d'amore: nel togliere le parole a ogni canzone è stata aggiunta cura, attenzione, delicatezza in dosi massicce. Ecco dunque che il virtuosismo c'è ma viene messo in ombra da un amore smisurato e viscerale che tutto abbraccia ed avvolge, il mestiere prende tutt'altro gusto e colore per l'affetto e la tenerezza con cui viene reinventata ciascuna canzone. I pezzi sono sempre riconoscibili eppure sempre nuovissimi: manca la voce ma c'è tutto il mondo dentro. Arcari Bandini e Cordini compiono un gioco di sottrazione che si rivela stupefacente: il loro sarebbe potuto essere un trionfo barocco e greve, è invece un meraviglioso gioco di equilibri e riverberi che si illumina in maniera dolce e sempre diversa ad ogni ascolto. Se poi ci si azzarda a cantarci sopra, arrendendosi alla tentazione, è come ritrovarsi a volare sul karaoke più bello del mondo.
L'album è autoprodotto, viene distribuito ai concerti del trio o potete richiederlo cliccando sul sito di Giorgio Cordini www.giorgiocordini.it oppure su fingerpicking.net.

Nêuvegramme

Il cd è omonimo ed è uscito di recente, autoprodotto. Non l'ho messo nel mucchio della segnalazione del mese passato perché volevo riascoltarlo e riassaporarlo ancora un poco, ancora altre volte: in mezzo c'è ancora quel Gabriele Lugaro di cui vi ho parlato lo scorso numero, e senz'altro con le cose di Nieve (vedi “A” 427) c'è più di un collegamento stilistico e strutturale, ma questo “Nêuvegramme” (il nome sarà certamente misterioso per i non liguri: sta per “brutte notizie”) è un lavoro di gruppo e in gruppo. E proprio per questa ragione appare come una cosa differente ed a parte, un progetto più complesso ed articolato fatto di canzoni e musiche messe insieme con il lavoro di molte teste e molte mani. Il lavoro mi piace e allo stesso tempo mi disorienta: mi piacciono i testi e mi piace il suono e mi piace il tiro ma mi accorgo che sulle spalle mi pesa lo zaino degli ascolti accumulati e mi aiuta parecchio l'aggrapparmi a certi nomi (Kina, soprattutto, ma anche Omega Tribe) come fossero chiodi fissati in parete in un percorso difficile in montagna. Non so come raccontarlo, ma questo disco mi lascia in bocca un po' d'amaro: capisco che oggi ci si ritrova a cantare di confusione disorientamento responsabilità disoccupazione vuoto frustrazione resistenza speranza incomprensione sentimenti ferite proprio come ieri, eppure sento che tutto lo sbattersi mio e dei miei compagni è servito a qualcosa.
Per concludere: un gran bel lavoro, indiscutibilmente contemporaneo, magicamente condivisibile ed attraente anche per orecchie vecchie come le mie.
Contatti: l'etichetta è Burning Bungalow, la trovate in rete su www.burningbungalow.com, su bandcamp e facebook. Il cd si può richiedere anche a Lanterna Pirata.

Mars on Pluto

Terzo cd, e terzo mistero: perché mai Marte, perché mai Plutone? Bisogna girare la domanda a David Sarnelli e a Margherita Valtorta. Li ho incontrati a Bologna, questi due, e me li vedo che troveranno per voi risposte buffe e salterine, risposte che risposte non sono e che sfuggono veloci ed imprendibili come anguille e zompano via come cavallette verdi lasciando indietro una scia di risate. Sembra strano lo so, ma è bello accorgersi che Marte e Plutone sono riusciti dove pochi altri sono arrivati: hanno fatto un cd di canti popolari che profuma di consapevolezza ed insieme di gioia. Va presto detto che gli aromi del cd sono anche altri: ho ritrovato tracce evidenti di amori musicali poco convenzionali e certi gusti esotici e arditi (il ripetersi discontinuo delle sorprese sonore, l'accostamento e l'intersecarsi di suoni e rumori, ad esempio) propri degli sperimentatori in opposition che amo così tanto. Caratteristiche, queste, che donano alle opere tinte assai forti e gusto ben deciso - eppure, la sensazione prevalente è che ogni canzone del disco mi sia offerta con una gentilezza desueta, così come si offre una canzone ad un bambino. Mi sento, come dire, invitato all'ascolto, guidato per mano dentro il suo svolgersi, accompagnato a guardare cosa succede intorno, cosa succede dentro.

David Sarnelli e Margherita Valtorta (foto Michele Lapini)

La voce di Margherita assomiglia a quella della maestra che ha abitato i miei sogni di bambino: è curiosa e personalissima, richiede attenzione come un magnete, è quella voce da doppiatrice che scopri proprio giusta a rivelare i mosaici di significato nascosti dietro ogni singola parola dei testi. David suona come pochi: tira fuori dalla fisarmonica dei ricami, delle tempeste di neve, costellazioni intere che rimango lì a osservare, bocca aperta. Il fatto che i due frequentino preferibilmente periferie fatte di osterieindipendenti, circolianarchici e centrisociali può dare una misura della pendenza della strada che si sono scelti. Per quanto mi riguarda: bravi, bravi e ancora bravi.
Contatti: cercateli via facebook, ascoltateli (anche sotto il nome di Thanks, Pluto su Soundcloud al link https://soundcloud.com/user-542167833), ma soprattutto fateli suonare.

Un 8 marzo che dura un anno

Ecco un'ottima occasione di riflessione, mi sono detto appena scaricata la versione in .pdf di “Riot not quiet” che mi era stata inviata da Laura Pescatori (nel frattempo il libro è uscito, l'hanno pubblicato i genovesi di Chinaski - “una casa editrice libera veramente”). Mi sono messo a leggerlo e già dalle prime pagine mi sono messo a rimuginare su tutto lo sbagliato che c'è: la subalternità delle donne nella musica e più in generale nell'arte è uno sbagliato complessivo, maiuscolo, totale, complicato ed opprimente. Uno sbagliato che c'era una volta e che c'è adesso e che non ha mai avuto né ha davvero alcuna ragione di essere. Il lavoro di Laura offre l'occasione di riflettere soprattutto a noi maschietti - anche a quelli più sensibili ed attenti, e nel mucchio c'è senz'altro posto anche per me. Seguendo i ragionamenti dell'autrice e focalizzando il discorso in uno specifico/ristretto ambito rock, mi sono messo a immaginare Woodstock senza Grace Slick, senza Janis Joplin e senza Joan Baez, ma non ne sono stato capace. E poi la West Coast senza Joni Mitchell: niente. Una hit parade senza Mina e senza Gianna Nannini, il beat italiano senza Patty Pravo e senza Caterina Caselli: niente. Ho provato a immaginare la mia libreria senza i dischi di Nico, di Laurie Anderson e di Amy Denio: che tristezza, che vuoto. Ho provato a immaginare i miei vent'anni senza Patti Smith, senza Siouxsie Sioux, senza Tracey Thorn, senza Kim Gordon e senza Bjork. Non ne sono stato capace. Ho anche provato a sconfinare appena un poco, e ad immaginare la Liberation Music Orchestra senza Carla Bley, Johnny Cash senza June Carter e Ewan Mac Coll senza Peggy Seeger: e ancora niente. Fatelo anche voi, dai: provate a immaginare “The battle of Evermore” senza Sandy Denny e “The great gig in the sky” senza Clare Torry - niente da fare, vero? Ve li immaginate gli Henry Cow senza Lindsay Cooper, senza Dagmar Krause, senza Georgie Born? I Magma senza Stella Vander? Le varie incarnazioni dei Gong senza Gilli Smith, senza Miquette Giraudy, senza Mireille Bauer? E i Crass senza Eve Libertine, né Joy, né Gee? Ve li immaginate i Franti senza Lalli? Dai, non si può, non si può proprio.
La Laura, che conduce su Radio Onda d'Urto la trasmissione “Rebel girl” già dal titolo esplicito tutta dedicata alle donne del rock, è grintosa/battagliera e mette in mostra unghie e denti - dentro al libro scrive e si muove decisa coi suoi punti esclamativi come se fosse davanti al microfono: “Questo almanacco vuole essere una sorta di “bibbia” del Rock al femminile, un baluardo per coloro che vogliono approfondire le conoscenze musicali in quest'ambito... perché il Rock è Donna!!!”. Il libro è strutturato come un'agenda buona per tutti gli anni del mondo, dove per ogni giorno invece che un santo c'è un racconto nuovo che ha per protagonista l'altra metà del cielo: funziona bene sia come raccolta di curiosità da sbocconcellare un pezzetto alla volta, che come storia di storie da leggere e rileggere. Da Aretha Franklin prima donna ad entrare nella Rock and Roll Hall of Fame alle Riot Grrrls, dentro ci si possono trovare tante cose -molte e ancora molte più di 365- tutte da imparare, da sapere, e soprattutto da tenere bene fisse in mente.
Contatti: il libro è agevolmente reperibile in libreria, l'editore lo trovate in rete cliccando su https://www.chinaski-edizioni.com.

Dopo aver letto su “A” 425 la mia segnalazione del cd della Chorale Durruti, mi ha scritto dal Canada Gianni Corini. Da Milano era emigrato lì nel 1976 con la sua compagna Giuliana, e tra le varie cose avevano portato con sé dei dischi cui erano affezionati. Gianni me ne ha spediti alcuni, tra cui la sua copia dei “Chants anarchistes de la guerre d'Espagne”. “Noi siamo oramai prossimi agli 80.” - mi scrive - “Mi piace sapere che tra i giovani, anarchici e non, ci sia ancora un interesse a sentirli”. Ci tengo a ringraziare sentitamente su queste pagine.

Marco Pandin
stella_nera@tin.it