Tre piccoli misteri ed un enorme sbaglio
ABC
Sta
per Arcari Bandini e Cordini, ed il mistero del nome del (super)gruppo
è l'unica cosa facile da risolvere: tutto il resto è
un intreccio fitto di storie, di percorsi sovrapposti e condivisi,
di fratellanze e di esperienze e di vite quindi cosa multidimensionale
molto complicata. Tutt'e tre i protagonisti li avrete senz'altro
incontrati dentro agli ultimi dischi e sopra il palco nei più
recenti concerti di Fabrizio de André. Presi singolarmente
abitano anche molte canzoni di Francesco Guccini, Ivano Fossati,
Claudio Lolli, Paolo Conte, Roberto Vecchioni, Mauro Pagani
e molte molte altre ancora. Volendola mettere giù in
fretta, Mario Arcari (oboe, clarinetto, sax etc.) Ellade Bandini
(batteria) e Giorgio Cordini (chitarra acustica e bouzouki)
offrono in questo cd delle versioni strumentali di pezzi assai
celebri, ma questa fretta non mi è naturale, i tre per
certo non meritano fretta e superficialità. Il titolo
del loro cd è “Senza parole” e non è
soltanto perché le parole hanno provato a toglierle dalle
canzoni: senza parole, e proprio senza, è come sono rimasto
io all'ascolto, già al primo, ritrovandomi ad annaspare
sotto una slavina di sorpresa.
Conoscendo già i trascorsi ed i lavori precedenti ed
avendo ben presenti le frequentazioni e la grande esperienza
di ciascuno, mi aspettavo di imbattermi in una realizzazione
di lusso, e per certi versi direi che ci siamo: mettendoci poco
cuore il cd può essere letto come una dimostrazione di
indiscutibile abilità tecnica e rasenta la perfezione
sonora... ma appunto bisognerebbe metterci poco cuore, ed ancora
una volta sento sarebbe ingiusto fermarsi alla superficie. Il
lavoro del trio funziona (...e come!) perché è
una pura e semplice testimonianza d'amore: nel togliere le parole
a ogni canzone è stata aggiunta cura, attenzione, delicatezza
in dosi massicce. Ecco dunque che il virtuosismo c'è
ma viene messo in ombra da un amore smisurato e viscerale che
tutto abbraccia ed avvolge, il mestiere prende tutt'altro gusto
e colore per l'affetto e la tenerezza con cui viene reinventata
ciascuna canzone. I pezzi sono sempre riconoscibili eppure sempre
nuovissimi: manca la voce ma c'è tutto il mondo dentro.
Arcari Bandini e Cordini compiono un gioco di sottrazione che
si rivela stupefacente: il loro sarebbe potuto essere un trionfo
barocco e greve, è invece un meraviglioso gioco di equilibri
e riverberi che si illumina in maniera dolce e sempre diversa
ad ogni ascolto. Se poi ci si azzarda a cantarci sopra, arrendendosi
alla tentazione, è come ritrovarsi a volare sul karaoke
più bello del mondo.
L'album è autoprodotto, viene distribuito ai concerti
del trio o potete richiederlo cliccando sul sito di Giorgio
Cordini www.giorgiocordini.it
oppure su fingerpicking.net.
Nêuvegramme
Il
cd è omonimo ed è uscito di recente, autoprodotto.
Non l'ho messo nel mucchio della segnalazione del mese passato
perché volevo riascoltarlo e riassaporarlo ancora un
poco, ancora altre volte: in mezzo c'è ancora quel Gabriele
Lugaro di cui vi ho parlato lo scorso numero, e senz'altro con
le cose di Nieve (vedi
“A” 427) c'è più di un collegamento
stilistico e strutturale, ma questo “Nêuvegramme”
(il nome sarà certamente misterioso per i non liguri:
sta per “brutte notizie”) è un lavoro di
gruppo e in gruppo. E proprio per questa ragione appare come
una cosa differente ed a parte, un progetto più complesso
ed articolato fatto di canzoni e musiche messe insieme con il
lavoro di molte teste e molte mani. Il lavoro mi piace e allo
stesso tempo mi disorienta: mi piacciono i testi e mi piace
il suono e mi piace il tiro ma mi accorgo che sulle spalle mi
pesa lo zaino degli ascolti accumulati e mi aiuta parecchio
l'aggrapparmi a certi nomi (Kina, soprattutto, ma anche Omega
Tribe) come fossero chiodi fissati in parete in un percorso
difficile in montagna. Non so come raccontarlo, ma questo disco
mi lascia in bocca un po' d'amaro: capisco che oggi ci si ritrova
a cantare di confusione disorientamento responsabilità
disoccupazione vuoto frustrazione resistenza speranza incomprensione
sentimenti ferite proprio come ieri, eppure sento che tutto
lo sbattersi mio e dei miei compagni è servito a qualcosa.
Per concludere: un gran bel lavoro, indiscutibilmente contemporaneo,
magicamente condivisibile ed attraente anche per orecchie vecchie
come le mie.
Contatti: l'etichetta è Burning Bungalow, la trovate
in rete su www.burningbungalow.com,
su bandcamp e facebook. Il cd si può richiedere anche
a Lanterna Pirata.
Mars on Pluto
Terzo cd, e terzo mistero: perché mai Marte, perché
mai Plutone? Bisogna girare la domanda a David Sarnelli e a
Margherita Valtorta. Li ho incontrati a Bologna, questi due,
e me li vedo che troveranno per voi risposte buffe e salterine,
risposte che risposte non sono e che sfuggono veloci ed imprendibili
come anguille e zompano via come cavallette verdi lasciando
indietro una scia di risate. Sembra strano lo so, ma è
bello accorgersi che Marte e Plutone sono riusciti dove pochi
altri sono arrivati: hanno fatto un cd di canti popolari che
profuma di consapevolezza ed insieme di gioia. Va presto detto
che gli aromi del cd sono anche altri: ho ritrovato tracce evidenti
di amori musicali poco convenzionali e certi gusti esotici e
arditi (il ripetersi discontinuo delle sorprese sonore, l'accostamento
e l'intersecarsi di suoni e rumori, ad esempio) propri degli
sperimentatori in opposition che amo così tanto. Caratteristiche,
queste, che donano alle opere tinte assai forti e gusto ben
deciso - eppure, la sensazione prevalente è che ogni
canzone del disco mi sia offerta con una gentilezza desueta,
così come si offre una canzone ad un bambino. Mi sento,
come dire, invitato all'ascolto, guidato per mano dentro il
suo svolgersi, accompagnato a guardare cosa succede intorno,
cosa succede dentro.
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David Sarnelli e Margherita Valtorta (foto Michele Lapini) |
La voce di Margherita assomiglia a quella della maestra che
ha abitato i miei sogni di bambino: è curiosa e personalissima,
richiede attenzione come un magnete, è quella voce da
doppiatrice che scopri proprio giusta a rivelare i mosaici di
significato nascosti dietro ogni singola parola dei testi. David
suona come pochi: tira fuori dalla fisarmonica dei ricami, delle
tempeste di neve, costellazioni intere che rimango lì
a osservare, bocca aperta. Il fatto che i due frequentino preferibilmente
periferie fatte di osterieindipendenti, circolianarchici e centrisociali
può dare una misura della pendenza della strada che si
sono scelti. Per quanto mi riguarda: bravi, bravi e ancora bravi.
Contatti: cercateli via facebook, ascoltateli (anche sotto il
nome di Thanks, Pluto su Soundcloud al link https://soundcloud.com/user-542167833),
ma soprattutto fateli suonare.
Un 8 marzo che dura un anno
Ecco
un'ottima occasione di riflessione, mi sono detto appena scaricata
la versione in .pdf di “Riot not quiet” che mi era
stata inviata da Laura Pescatori (nel frattempo il libro è
uscito, l'hanno pubblicato i genovesi di Chinaski - “una
casa editrice libera veramente”). Mi sono messo a leggerlo
e già dalle prime pagine mi sono messo a rimuginare su
tutto lo sbagliato che c'è: la subalternità delle
donne nella musica e più in generale nell'arte è
uno sbagliato complessivo, maiuscolo, totale, complicato ed
opprimente. Uno sbagliato che c'era una volta e che c'è
adesso e che non ha mai avuto né ha davvero alcuna ragione
di essere. Il lavoro di Laura offre l'occasione di riflettere
soprattutto a noi maschietti - anche a quelli più sensibili
ed attenti, e nel mucchio c'è senz'altro posto anche
per me. Seguendo i ragionamenti dell'autrice e focalizzando
il discorso in uno specifico/ristretto ambito rock, mi sono
messo a immaginare Woodstock senza Grace Slick, senza Janis
Joplin e senza Joan Baez, ma non ne sono stato capace. E poi
la West Coast senza Joni Mitchell: niente. Una hit parade senza
Mina e senza Gianna Nannini, il beat italiano senza Patty Pravo
e senza Caterina Caselli: niente. Ho provato a immaginare la
mia libreria senza i dischi di Nico, di Laurie Anderson e di
Amy Denio: che tristezza, che vuoto. Ho provato a immaginare
i miei vent'anni senza Patti Smith, senza Siouxsie Sioux, senza
Tracey Thorn, senza Kim Gordon e senza Bjork. Non ne sono stato
capace. Ho anche provato a sconfinare appena un poco, e ad immaginare
la Liberation Music Orchestra senza Carla Bley, Johnny Cash
senza June Carter e Ewan Mac Coll senza Peggy Seeger: e ancora
niente. Fatelo anche voi, dai: provate a immaginare “The
battle of Evermore” senza Sandy Denny e “The great
gig in the sky” senza Clare Torry - niente da fare, vero?
Ve li immaginate gli Henry Cow senza Lindsay Cooper, senza Dagmar
Krause, senza Georgie Born? I Magma senza Stella Vander? Le
varie incarnazioni dei Gong senza Gilli Smith, senza Miquette
Giraudy, senza Mireille Bauer? E i Crass senza Eve Libertine,
né Joy, né Gee? Ve li immaginate i Franti senza
Lalli? Dai, non si può, non si può proprio.
La Laura, che conduce su Radio Onda d'Urto la trasmissione “Rebel
girl” già dal titolo esplicito tutta dedicata alle
donne del rock, è grintosa/battagliera e mette in mostra
unghie e denti - dentro al libro scrive e si muove decisa coi
suoi punti esclamativi come se fosse davanti al microfono: “Questo
almanacco vuole essere una sorta di “bibbia” del
Rock al femminile, un baluardo per coloro che vogliono approfondire
le conoscenze musicali in quest'ambito... perché il Rock
è Donna!!!”. Il libro è strutturato come
un'agenda buona per tutti gli anni del mondo, dove per ogni
giorno invece che un santo c'è un racconto nuovo che
ha per protagonista l'altra metà del cielo: funziona
bene sia come raccolta di curiosità da sbocconcellare
un pezzetto alla volta, che come storia di storie da leggere
e rileggere. Da Aretha Franklin prima donna ad entrare nella
Rock and Roll Hall of Fame alle Riot Grrrls, dentro ci si possono
trovare tante cose -molte e ancora molte più di 365-
tutte da imparare, da sapere, e soprattutto da tenere bene fisse
in mente.
Contatti: il libro è agevolmente reperibile in libreria,
l'editore lo trovate in rete cliccando su https://www.chinaski-edizioni.com.
Dopo aver letto su “A”
425 la mia segnalazione del cd della Chorale Durruti, mi
ha scritto dal Canada Gianni Corini. Da Milano era emigrato
lì nel 1976 con la sua compagna Giuliana, e tra le varie
cose avevano portato con sé dei dischi cui erano affezionati.
Gianni me ne ha spediti alcuni, tra cui la sua copia dei “Chants
anarchistes de la guerre d'Espagne”. “Noi siamo
oramai prossimi agli 80.” - mi scrive - “Mi piace
sapere che tra i giovani, anarchici e non, ci sia ancora un
interesse a sentirli”. Ci tengo a ringraziare sentitamente
su queste pagine.
Marco Pandin
stella_nera@tin.it
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