rivista anarchica
anno 48 n. 428
ottobre 2018





L'eccezione americana

Miti, intrighi e grandi ideali, insieme ad una lettura in chiave biblico-profetica della nascita della nazione, hanno dato vita a oscure teorie come il destino manifesto e l'eccezionalismo americano. In voga ancora oggi.

Ciò che in America si descrive come “identità” non è altro che una serie di miti, costruiti attorno ai nostri presunti antenati eroici
(James Baldwin, discorso agli insegnanti, dicembre 1963)

Aveva un volto curioso James Baldwin, tra il buffo e il drammatico; una faccia triste, illuminata però, a tratti, da un gran sorriso. Scrittore spigoloso, nato a New York nel 1924, cresciuto ad Harlem, afroamericano, omosessuale, Baldwin si rifugiò giovanissimo in Francia per sfuggire a razzismo e pregiudizi e tornò negli USA solo per partecipare alla lotta antisegregazionista precisando, in un'intervista del 1958, che non si trattava di un ritorno alle radici: non era rientrato nel suo paese per un senso di appartenenza, ma per condividere quella stagione di lotte. Non fosse stato per quel momento storico non sarebbe tornato in una terra e una città dove si era sempre sentito estraneo. Quell'intervista mi ha avvicinato all'uomo prima ancora di conoscere l'artista: era uno che guardava con distacco critico alla cultura in cui era cresciuto, capace di lottare per i suoi simili senza cadere nelle trappole sentimentali del patriottismo. Ce ne vorrebbe tanta di gente così, ovunque.
Un altro Memorial Day è passato, col suo carico di retorica patriottica e picnic sui prati. In quel giorno, fra bandiere e grigliate, si ricordano i soldati americani morti in azione e si rispolverano i miti cari alla nazione. Mi tornano alla mente quelli nostrani, introiettati nel tedio delle aule scolastiche: la Roma imperiale portatrice di civiltà, gli eroi senza macchia del risorgimento, il colonialismo da italiani brava gente. Tutte le nazioni dipingono di buono le proprie malefatte e gli Stati Uniti non fanno eccezione, come racconta l'insegnante di storia James W. Loewen in un saggio dal titolo eloquente: “Bugie che il professore mi ha raccontato. Tutti gli errori del tuo testo di storia americana”.1
Il professore ha osato rivedere in chiave critica alcune mitologie della storia americana, accusando i suoi colleghi di “eroificare”, trasformando persone in carne ed ossa, coi loro pregi e difetti, in eroi senza macchia, da Cristoforo Colombo a John Brown. Loewen ha così criticato quegli storici che, tralasciando il rigore scientifico, si sono trasformati in ideologi e, nei testi scolastici, hanno definito “altruistico” l'imperialismo americano, sostenendo che la politica estera del paese è sempre stata tesa allo sviluppo e alla libertà degli altri popoli, anche laddove documenti e testimonianze storiche suggeriscono una diversa narrazione.
L'originale impasto di miti, sordidi intrighi e grandi ideali, con lettura in chiave biblico-profetica della nascita della nazione, ha costituito qui terreno fertile per l'elaborazione di oscure teorie dai nomi roboanti, a partire dalle ottocentesche ideologie del destino manifesto2 e dell'eccezionalismo americano, fino a partorire, nel novecento, la dottrina del diritto alla guerra preventiva3, usata nel 1998 da Clinton per giustificare il bombardamento di una fabbrica di medicinali in Sudan4 e rivendicata nel 2003 da George W. Bush per l'invasione dell'Iraq.

James Baldwin

Eroismo e superiorità

Idee astruse, prive di fondamento scientifico, elaborate per convenienza o, peggio, per convinzione, ripetute oggi come fossero verità rivelate, disegno della divina provvidenza o teorie scientificamente provate. Sono alla base di un sistema ideologico che definisce gli Stati Uniti nazione superiore, posta da Dio alla guida del mondo libero. Il patriottismo qui si coltiva dalla più tenera età, con gli onori alla bandiera resi ogni mattina nelle scuole elementari di tutto il paese e si rafforza nell'esaltazione della guerra, ripetuta nei libri di scuola e nei pamphlet militari generosamente distribuiti agli studenti.
Con il Memorial Day è tornata la stucchevole retorica dell'eroe. Sepolti negli archivi del Pentagono gli orrori di Hiroshima e Nagasaki, del Vietnam e di tante altre guerre, restano i sacrari con gli elenchi dei caduti. Fra lunghe file di lapidi bianche, sotto un cielo di stelle e strisce, è facile commuoversi, convincersi che davvero l'America sparga il sangue dei suoi figli per aiutare altri popoli. Facile ingannarli quei figli, illuderli di essere partiti per la patria.
Ero convinto che la teoria eccezionalista fosse roba passata, invece la si ritiene tuttora valida, sebbene le sue premesse non siano scientifiche ma bibliche: l'America è la nuova Israele, luce posta sulla cima del colle, nazione che salva altri popoli e dona ad essi libertà e democrazia.

New York, East Harlem - Sulla 128° strada un isolato
è intitolato alla memoria di James Baldwin

Strenuo difensore di quest'ideologia è Kim Holmes, presidente della Heritage Foundation.5 Egli sostiene che quel che rende l'America diversa da ogni altro paese è la sua estrema dedizione a tre cose: tradizione liberale, politica democratica e libertà economica.
“Il liberalismo americano” precisa, “è basato sul principio che l'obiettivo ultimo del governo è quello di proteggere i diritti dei cittadini. La tradizione liberale americana si fonda sulla libertà e la protezione dei diritti individuali”.
In realtà ci sono voluti due secoli di lotte affinché la nozione di individuo diventasse universale. Afroamericani, amerindi, cinesi, portoricani ed altri gruppi oppressi hanno dovuto conquistarsi i diritti di cittadinanza e, mentre sioux, cheyenne e apache venivano decimati, deportati e chiusi nelle riserve, dove ancora oggi languono in estrema povertà, già nel 1886 la Corte Suprema estendeva alle società di capitali i diritti costituziali riservati ai singoli individui, mediante il concetto di Corporate Personhood, che mette sullo stesso piano giuridico semplici cittadini e potenti multinazionali. Per questo, oggi, banche e lobby possono influenzare le elezioni mediante finanziamenti incontrollati mentre il chippewa Leonard Peltier langue in carcere da oltre quarant'anni, prigioniero politico, cittadino minore dai diritti calpestati.6
Del resto anche molti fra i padri fondatori, quegli eroi mitici di cui parlava Baldwin nel citato discorso agli insegnanti, erano facoltosi possidenti di terre e di schiavi e George Washington, quando si trasferì in Pennsylvania per i suoi doveri di governo, escogitò il modo di aggirare le leggi del posto per tenersi i suoi. Per quella gente gli schiavi non erano persone ma beni economici e, quando scrissero il solenne incipit della dichiarazione di indipendenza, sostenendo il diritto alla vita, libertà e felicità di ogni uomo, non pensarono certo di estendere la nozione di essere umano ai neri che si spaccavano la schiena nelle piantagioni. Washington arrivò ad organizzare una caccia spietata quando una schiava gli fuggì di casa.7 Non proprio una storia edificante per un eroe nazionale rappresentato come un Cesare dal nostro Canova.8
I veri eroi per me sono stati invece quei cittadini che, nell'ottocento, costituirono l'Underground Railroad,9 una rete clandestina di case-rifugio e percorsi protetti per nascondere ed aiutare gli schiavi in fuga dalle piantagioni del sud fino alla costa atlantica. Quella gente rischiò vita e libertà per aiutare i neri a liberarsi dalla schiavitù e dovrebbero, loro sì, essere ricordati nei libri di storia e nei discorsi ufficiali.

Washington DC - “The Wall”, il lungo muro in granito nero con i nomi
degli oltre 58.000 soldati americani caduti in Vietnam. Nessuna menzione
dei milioni di vietnamiti morti in quella guerra

Siamo tutti uguali. Eppure...

Nelle città del nordest i fuggitivi iniziavano una nuova vita da uomini liberi, perché l'economia di quegli stati non era mai ricorsa alla schiavitù. Però, in quei porti, venivano armate navi negriere: imbarcazioni che costavano all'epoca 13.000 dollari e ne fruttavano ad ogni viaggio 200.000. Accade così che newyorchesi entrati nella storia della città come generosi mercanti o politici illuminati abbiano costruito le loro fortune sul commercio di esseri umani. Contraddizioni che offuscano la luce sul colle dell'eccezionalismo americano.
“La democrazia politica americana è unica fra tutte le democrazie mondiali, come aveva già compreso, nel 1831, Alexis De Tocqueville”, continua Holmes: “l'ideale democratico americano è che ogni individuo sia uguale agli occhi della legge, a prescindere dalla sua posizione sociale”.
Argomento oggi contraddetto da un sistema giudiziario fallimentare dove solo gli abbienti possono garantirsi la difesa e le carceri, privatizzate, straripano di detenuti condannati senza processo o in attesa di giudizio.10 Una tesi che si infrange anche sui bastioni di Guantanamo, dove i prigionieri languono per anni privi di diritti e certezze. Non è solo storia di questo secolo, da luoghi simili sono passati altri presunti “terroristi”: anarchici, socialisti e comunisti, arrestati per le loro idee, sottoposti a interrogatori e pestaggi, condannati senza colpa. Così accadde all'anarchico siciliano Andrea Salsedo che, il 3 maggio 1920, come Pinelli, volò dagli uffici del Bureau of Investigation di New York, dopo due mesi di interrogatori, senza difesa e senza contatti coi familiari. Quattordici piani e il corpo straziato sul marciapiede.11
Prosegue Holmes: “l'idea non riguardava solo il processo democratico, ma proprio il fatto che l'eguaglianza fosse essenzialmente politica”.
Ho qui tre fogli, pieni di cifre e disegni, che lo smentiscono: un test per la verifica del livello di alfabetizzazione. In seconda superiore il professore di storia lo propose alla classe di mio figlio: trenta domande, dieci minuti per rispondere, venti dollari a chi ce l'avesse fatta. Nessuno di quei ragazzi, tutti svegli, capaci e sufficientemente colti, riuscì a completare il questionario nel tempo dato e la banconota rimase nel portafoglio del bravo insegnante, che aveva riesumato il test dagli archivi di stato della Louisiana. Non si trattava di una prova scolastica, ma di un questionario utilizzato, fino a non molto tempo fa, per escludere i neri dall'elettorato attivo. Doveva sottoporvisi chiunque chiedesse l'iscrizione nelle liste elettorali ma non avesse completato la scuola elementare. Una sola risposta errata comportava l'esclusione e, comunque, come dimostrato dall'esperimento in classe, era impossibile completarlo nel tempo assegnato.

Washington DC - “Veniamo per liberare, non per conquistare.”
Colonna nella zona monumentale dedicata alla seconda guerra mondiale

Un passato non troppo lontano

Sistemi analoghi sono stati in vigore in gran parte degli Stati Uniti e chi ha visto il film Selma12 non avrà scordato l'episodio in cui a una donna nera viene negato il diritto di voto perché non ricorda a memoria i nomi di tutte le contee dell'Alabama. Sono episodi di un passato non troppo lontano e, ancora oggi, le associazioni per i diritti civili lottano contro i tanti stratagemmi che gli stati inventano per limitare il diritto di voto, con buona pace della eguaglianza politica di cui parla Holmes.13
“Il terzo fattore dell'eccezionalismo americano è la libertà economica, il diritto dell'individuo di possedere, ottenere ed alienare la proprietà, senza restrizioni. Gli Stati Uniti godono ancora oggi di maggiore libertà economica rispetto alle democrazie socialdemocratiche europee. Tale coesistenza di libertà e democrazia ha consentito all'America di diventare, nel ventesimo secolo, una potenza mondiale di cui ci si può fidare. Anche dopo le vittorie militari l'America ha sempre utilizzato il suo potere per diffondere la democrazia agli altri paesi e non per sfruttarli”.

Washington DC - Un cerchio di bandiere a stelle e strisce circonda l'enorme obelisco di pietra
dedicato al padre fondatore e primo presidente degli Stati Uniti, George Washington

Nel suo saggio Loewen elenca sei casi che contraddicono quest'affermazione, sei episodi storici in cui gli Stati Uniti hanno giocato un ruolo determinante ma che non sono riportati nei testi scolastici: il colpo di stato in Iran nel 1953, con il ritorno al potere dello Scià, prodromo della disastrosa rivoluzione khomeinista; il rovesciamento del governo democratico di Jacobo Arbenz in Guatemala nel 1954, che aprì la strada a dittature sanguinarie e al genocidio dei maya; i brogli elettorali in Libano che, nel 1957, misero al potere le minoranze cristiane, portando l'anno successivo alla sanguinosa guerra civile; l'assassinio di Patrice Lumumba in Zaire; il disastroso sbarco dei controrivoluzionari a Cuba, nel 1961, che avvicinò ulteriormente il regime castrista all'Unione Sovietica; il colpo di stato fascista in Cile, nel 1973, col suo terribile seguito di morti, torture e persecuzioni.
L'elenco di Loewen si ferma qui solo perché i testi esaminati risalgono agli anni settanta, ma la lista potrebbe allungarsi di molto, includere l'assassinio di Thomas Sankara, fondatore del panafricanismo; la sistematica distruzione del Nicaragua sandinista, i finanziamenti ai gruppi fondamentalisti in Afghanistan, l'invasione dell'Iraq nel 2003, il sostegno al sanguinario regime di Suharto in Indonesia, l'alleanza con la monarchia Saudita, responsabile oggi della gravissima crisi umanitaria nello Yemen e così via.
In realtà una chiara dottrina americana è questa: laddove esista una contraddizione fra protezione dei diritti umani e degli interessi strategici americani, gli Stati Uniti sceglieranno sempre questi ultimi. Lo dichiarò pubblicamente Hillary Clinton, parlando della Cina, quando era responsabile della politica estera durante la presidenza Obama, con buona pace del mito eccezionalista.
Conclusa la stagione di lotta Baldwin riprese la strada dell'esilio volontario e finì i suoi giorni in Francia, il paese che meglio aveva accolto la sua diversità. Harlem lo ricorda oggi solo con un piccolo pezzo di strada anonima, appena un isolato, senza nemmeno una targa commemorativa. La sua è una storia di sofferenze, sconfitte, incomprensioni. È anche una storia di vittorie di cui non poté gioire fino in fondo, forse perché l'intuito gli diceva che la strada da percorrere era più lunga della sua vita. Rimase un estraneo nella sua terra anche dopo aver lottato a fianco dei suoi e, fino alla fine, mantenne quella sua strana espressione, fra il buffo e il drammatico.

Santo Barezini

  1. Lies My Teacher Told Me. Everything Your American History Textbook Got Wrong. Ed. Simon&Shuster,1995.
  2. Vedi A 416, Destino manifesto, pp. 87-90.
  3. “Right of pre-emptive strike”, i cui teorici sono arrivati a definire che chi viene attaccato non ha diritto alla difesa in quanto responsabile di aver provocato il conflitto.
  4. Nel 2001 l'ambasciatore tedesco a Karthoum presentò uno studio che dimostrava come l'attacco avesse provocato un'emergenza umanitaria con decine di migliaia di vittime, perché l'impianto distrutto sfornava il 50% del fabbisogno nazionale di farmaci per uso umano e veterinario, inclusa la clorochina, indispensabile per la lotta alla malaria.
  5. Heritage.org.
  6. It.wikipedia.org/wiki/Leonard_Peltier.
  7. Questa poco edificante storia del padre della nazione è stata ricostruita da Erica A. Dunbar in un saggio pubblicato nel 2017: “Never Caught, The Washingtons' relentless pursuit of their runaway slave, Ona Judge” (“Mai presa: i coniugi Washington all'implacabile caccia di Ona Judge, la loro schiava fuggitiva”).
  8. Lo scultore veneto Antonio Canova (1757-1822) ricevette la commessa dallo stato della Carolina del Nord su indicazione del Presidente Thomas Jefferson. La statua fu inaugurata nel 1821 e distrutta da un incendio dieci anni dopo. Ne resta il modello in gesso nel paese natale dello scultore.
  9. https://en.wikipedia.org/wiki/Underground_Railroad. È anche il titolo di un romanzo storico sul tema, pubblicato nel 2016 da Colson Whitehead per l'editore Doubleday.
  10. Si vedano in merito gli articoli dell'autore pubblicati su A 420 (“Tredicesimo emendamento”, pp. 37-40); A 421 (“L'isola invisibile”, pp. 30-33); A 422 (“Schiavi del XXI secolo”, pp. 76-78).
  11. La storia di Salsedo è ricordata da Pino Cacucci in “Nessuno può portarti un fiore”, Feltrinelli, 2012.
  12. Pellicola del 2014 sulle lotte antisegregazioniste, con la regia di Ava Du Vernay, già autrice del documentario “Tredicesimo emendamento”, che ha rivelato la drammatica situazione delle carceri americane.
  13. Si veda ad esempio naacp.org. Inoltre è nota la tesi secondo cui l'ascesa al potere di George W. Bush nel 2004, conseguita grazie alla decisiva vittoria in Florida, sarebbe stata ottenuta grazie a una legge che, in quello stato, ha cancellato dalle liste elettorali migliaia di sostenitori del candidato democratico Al Gore.